L'analisi

Verso una robotica industriale a misura d’uomo nell’impresa 4.0: ecco come

L’utilizzo di robot industriali nelle aziende pone le basi per un dibattito sul loro rapporto con l’occupazione umana. Le macchine cancelleranno posti di lavoro o piuttosto si verificherà una trasformazione delle professionalità? Certo è che i robot stanno evolvendo imparando a collaborare più e meglio con l’uomo

Pubblicato il 14 Mar 2019

Paolo Rocco

Politecnico di Milano

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I robot industriali nell’impresa 4.0 si stanno trasformando in macchine collaborative e iperconnesse, a misura d’uomo: la presenza di queste tecnologie nell’ambiente aziendale e la loro evoluzione è spunto di riflessione sull’impatto che hanno sull’occupazione e il mercato. È acceso il dibattito al riguardo, ma le previsioni sul loro impiego non per forza sono distopiche. Infatti, secondo alcuni esperti la diffusione dei robot favorisce la competizione, creando nuovi posti di lavoro e diverse professionalità.

È importante chiederselo perché non è il momento di mandare in pensione tali strumenti. Infatti i robot industriali si qualificano ancora strumento fondamentale dell’automazione 4.0. Stanno modificando aspetto e caratteristiche, ma in qualunque fabbrica intelligente presente o futura metteremo piede, la probabilità di imbatterci in uno di loro sarà sempre elevatissima.

Il robot industriale: vecchia conoscenza sempre di attualità

Sin dalla sua concezione, il robot industriale si è contraddistinto per alcune caratteristiche peculiari:

  • autonomia (una volta programmato, opera senza alcun intervento umano),
  • destrezza (è in grado grazie alle sue articolazioni di compiere movimenti complessi),
  • versatilità (è una macchina general purpose che, opportunamente programmata, può prestarsi a un numero pressoché infinito di applicazioni).

Il robot è in effetti lo strumento di elezione per i sistemi ad automazione flessibile, dove la produzione deve potersi modificare sulla base delle mutevoli esigenze del mercato. Ci sono operazioni per lo più ripetitive, a modesto valore aggiunto se effettuate dall’uomo, in cui il robot è ormai insostituibile: carico/scarico di macchine, saldatura, verniciatura, tutte mansioni in cui la rapidità di esecuzione da parte del robot aumenta la produttività della fabbrica, diminuendo i tempi ciclo e sollevando l’uomo dall’eseguire tali mansioni in condizioni tipicamente disagevoli.

I numeri certificano che i robot sono un evergreen dell’industria: secondo i dati dell’International Federation of Robotics, nel 2017 sono stati venduti 381,000 robot industriali, con un vertiginoso aumento del 30% rispetto al dato del 2016, portando il parco macchine installato a più di 2 milioni di unità. La locomotiva di questa crescita impetuosa è l’Asia e in particolare la Cina, che registra un incremento di vendite di ben il 59%. Anche il vecchio continente è in salute, con un significativo balzo in avanti dell’Italia, secondo mercato europeo per la robotica, dove si sono registrate 7,700 nuove unità vendute, segnando un incremento di tutto rispetto del 19% rispetto all’anno precedente. Gli analisti individuano nella “densità di robot”, misurata come il numero di robot installati ogni 10,000 abitanti, un indicatore della penetrazione della tecnologia robotica nei singoli mercati: la media mondiale della densità dei robot è pari a 85, ma si va dai 710 robot per decine di migliaia di abitanti della Corea (il mercato più saturo), ai 190 dell’Italia, ai 97 della Cina. E quest’ultimo dato la dice lunga sulle potenzialità di espansione del mercato della robotica nei prossimi anni.

Per quanto riguarda poi i settori industriali, il comparto dell’automotive è da sempre quello che assorbe più robot industriali, seguito a breve distanza dall’industria elettrica/elettronica, dove gli assemblaggi di componenti elettronici vengono con sempre maggiore frequenza eseguiti dal robot. Altri settori industriali si stanno progressivamente aprendo alla tecnologia robotica: tra questi spicca l’industria farmaceutica, in cui il robot suscita crescente interesse per la manipolazione veloce e sicura di sostanze delicate o potenzialmente pericolose. Sempre più robot quindi in industria (e anche fuori, ma qui si entra nel campo della robotica di servizio che non tratteremo in queste note). Ma il robot che vediamo oggi è lo stesso che si installava venti o trenta anni fa?

Dal robot al cobot

Per essere produttivi, i robot industriali devono essere soprattutto veloci e spesso anche di grandi dimensioni, in particolare quando sono chiamati a spostare oggetti voluminosi e pesanti. Tutto questo genera evidenti problemi di sicurezza per l’operatore, ragion per cui il robot industriale non può di norma operare in aree occupate, anche occasionalmente, dall’uomo. L’installazione del robot richiede quindi infrastrutture di protezione dedicate, siano esse barriere fisiche o barriere ottiche. Dove opera il robot non può operare l’uomo e viceversa.

I costi di installazione del robot rappresentano una parte non indifferente del costo che deve essere sostenuto per introdurre la tecnologia robotica in un sito produttivo, rendendo il ritorno dell’investimento impegnativo, in particolare per le PMI che si volessero affacciare alla robotica. Anche l’occupazione stessa dello spazio e la necessità di creare aree segregate dove opera il robot possono non essere compatibili con i layout produttivi della PMI. Queste barriere di ingresso rischiano di fare perdere alle PMI le opportunità che gli strumenti dell’automazione flessibile possono dare in un mondo sempre più caratterizzato dalla personalizzazione del prodotto. Un impasse da cui si può uscire solo con una nuova tipologia di robot, più semplice da installare e alla portata di tutte le imprese, PMI incluse.

Nati nei laboratori di ricerca (e i laboratori di robotica italiani hanno giocato un ruolo primario nel processo) i robot collaborativi sono entrati da qualche anno sul mercato e stanno progressivamente guadagnando quote di mercato. Il robot collaborativo (o cobot) è una macchina specificatamente concepita per poter operare fianco a fianco dell’uomo, senza infrastrutture di protezione. Sono quindi robot di dimensioni contenute, privi di spigoli vivi, con capacità di carico ridotte, progettati con accorgimenti meccanici ed elettronici tali da consentire il riconoscimento dell’eventuale contatto con l’uomo (consentito dalla normativa) e di arrestare il robot in tale circostanza. La facilità di installazione del robot collaborativo si accompagna a una facilità di programmazione, sovente realizzata con interfacce uomo-macchina intuitive e di facile apprendimento o anche in modalità di guida manuale. Tutte queste caratteristiche rendono il cobot un investimento interessante, anche prescindendo dalla reale collaborazione con l’uomo, ma semplicemente affidandogli compiti ripetitivi eseguiti in autonomia in ambienti caratterizzati da promiscuità di uomini e robot.

Vi sono viceversa numerose installazioni di robot collaborativi in cui l’interazione tra uomo e robot è effettiva e continuativa. Due sono le tipologie principali in cui tale collaborazione si esplica: il cobot può migliorare l’ergonomia della stazione di lavoro, sollevando l’operatore (o operatrice) da azioni che, quando ripetute più volte, possono avere ripercussioni sull’apparato muscolo scheletrico. È questo per esempio il caso del robot collaborativo che maneggia al posto dell’uomo un avvitatore. Altra tipologia di operazione collaborativa si ha quando il ciclo produttivo, tipicamente in contesti di assemblaggio, viene suddiviso in azioni atomiche alcune affidate all’uomo e altre al robot. All’uomo possono essere per esempio demandati compiti di manipolazione di materiali deformabili o di serraggio di componenti con coppie non realizzabili dal cobot.

Quale che sia la forma di collaborazione con l’uomo, il robot collaborativo sta riscuotendo un interesse crescente da parte dell’industria. Alcuni studi stimano che nel 2025 uno su tre dei nuovi robot installati avrà caratteristiche collaborative e che il mercato dei cobot si espanderà ad un tasso di crescita annuo composto (CAGR) del 60%. Del resto ormai tutti i maggiori produttori di robot industriali hanno immesso sul mercato la propria soluzione di robot collaborativi e nuovi soggetti si sono proposti, entrando direttamente nel nuovo mercato.

Arrivano i robot e spariscono i lavoratori?

La prima domanda che chi opera professionalmente nel campo della robotica si sente normalmente rivolgere è se i robot stanno portando e porteranno sempre di più via posti di lavoro. Detto che la questione trascende largamente il settore della robotica (quanti posti di lavoro hanno eliminato l’informatica prima e l’intelligenza artificiale dopo?) il rapporto tra automazione e occupazione è ampiamente dibattuto e oggetto di riflessioni a vario livello. Uno studio del Centro per la Ricerca Economica Europea (ZEW) commissionato dal Ministero Federale della Germania per l’Istruzione e la Ricerca afferma che, nonostante la densità dei robot in Germania sia la terza più alta al mondo (309 unità installate ogni 10,000 abitanti), il numero di persone occupate in Germania nel 2017 ha raggiunto i 44 milioni, livello più alto dopo la riunificazione. Il rapido sviluppo della robotica industriale non ha in alcun modo scalfito i livelli di occupazione, generando nuove mansioni per i lavoratori e nuove figure professionali, sollevando l’uomo dalle operazioni cosiddette 3D (Dull, Dirty e Dangerous, ovvero monotone, sporche e pericolose).

L’International Federation of Robotics ha recentemente pubblicato un position paper ricco di dati sull’argomento, le cui conclusioni si possono così riassumere:

  • i robot aumentano la produttività e la competizione
  • l’aumento della produttività porta a un aumento della domanda, il che crea nuove opportunità di lavoro
  • l’automazione ha portato nel suo complesso a un aumento dell’offerta di lavoro e a un impatto positivo sui livelli salariali
  • è fondamentale che tutti i soggetti interessati, a livello governativo e aziendale, si adoperino per fornire le giuste competenze alla forza lavoro in modo da poter affrontare le riconversioni di mansioni che l’automazione inevitabilmente comporta

Se riflettiamo su quanto è successo in passato, con l’avvento delle varie rivoluzioni industriali, le paure connesse alle perdite di occupazione, la creazione di nuovi posti di lavoro impensabili nelle ere storiche precedenti, ci rendiamo facilmente conto che l’automazione è un treno inarrestabile, sul quale si gioca buona parte della competitività delle aziende e in ultima analisi del Paese. Le soluzioni che coniughino i vantaggi di produttività delle operazioni automatizzate con la salvaguardia della presenza dell’uomo nei siti produttivi sono certamente quelle preferibili. Si tenga conto, come afferma lo studio della IFR, che i robot sostituiscono solo alcune delle attività lavorative. Si stima infatti che meno del 10% dei mestieri sia completamente automatizzabile. I robot devono essere utilizzati sempre di più per fare da complemento alle attività umane, consentendo all’uomo di focalizzarsi su compiti a più alto valore aggiunto e di qualità più alta.

In questo contesto, la robotica collaborativa di cui abbiamo parlato potrebbe costituire uno strumento particolarmente pregiato: il robot diventa un nuovo compagno di lavoro dell’uomo, senza rimpiazzarlo ma anzi svolgendo in simbiosi operazioni produttive, prendendosi carico di quelle più ripetitive e sollevando l’uomo dallo sforzo associato ad alcune operazioni. Non sorprende quindi che anche i sindacati, in particolare quelli più attenti alle potenzialità offerte dagli sviluppi tecnologici, guardino all’innovazione nell’automazione e alla robotica collaborativa con interesse crescente.

Un robot 4.0

Che il robot sia elemento centrale della fabbrica intelligente è certo. Ma in che modo i robot possono integrarsi nei nuovi paradigmi produttivi dell’industria 4.0? Quali possono essere i benefici della interconnessione in rete delle macchine, della disponibilità dei dati, dell’accessibilità di risorse in cloud, della digitalizzazione delle macchine? Un primo rilevante vantaggio è che la disponibilità dei dati raccolti nel corso dell’operatività del robot rende possibile l’applicazione di metodi di manutenzione predittiva (ovvero programmata sulla base dell’analisi dei dati raccolti), che abbattono i rischi di fermo impianto, estremamente onerosi in contesti ad alta intensità produttiva. I robot possono poi sfruttare la connettività per recuperare dal cloud programmi per l’esecuzione di determinate operazioni, ottimizzandole localmente con metodi di auto-apprendimento. Infine il robot può, come altre macchine presenti nel sistema produttivo, diventare un sistema “cyber-fisico” dotato di un alter-ego digitale (ovvero di un sistema software che ne simula il funzionamento) che può essere usato per monitoraggio e gestione della qualità.

Ma è ancora nella robotica collaborativa che le potenzialità della connessione in rete e dell’analisi del dato possono esprimersi compiutamente. È vero infatti che nel nuovo scenario produttivo uomo e cobot collaborano allo stesso compito, ma questa collaborazione è evidentemente asimmetrica dal punto di vista cognitivo. L’uomo vede e capisce che cosa sta eseguendo il robot, mentre il robot non è normalmente in grado di farlo. Dotando tuttavia il robot di capacità di percezione, e in particolare di visione artificiale, è possibile grazie ad algoritmi di machine learning interpretare e classificare l’azione correntemente eseguita dall’uomo. Per esempio, l’operatore potrebbe voler prendere un pezzo per l’assemblaggio da un contenitore oppure da un altro: seguendo i movimenti della mano dell’operatore, gli algoritmi di visione cognitiva possono aiutare il robot a capire quale sia l’azione che l’uomo sta compiendo, prima ancora che essa si sia completata, in modo da modificare il proprio comportamento (e in particolare la sequenza di azioni pre-programmate) in dipendenza dell’azione dell’uomo.

In uno scenario ancora più evoluto, mediante ripetuta osservazione dell’uomo e ancora utilizzo di tecniche di machine learning, il sistema robotico può anche predire la sequenza futura di azioni dell’uomo. Ciò consente di prevedere con buona precisione l’istante in cui l’uomo richiederà l’esecuzione di un’azione collaborativa (ovvero un’azione in cui occorre la disponibilità contemporanea di uomo e robot) e quindi di far sì che il robot si trovi sempre pronto all’appuntamento, senza attese improduttive da parte dell’uomo. Uomo e robot quindi si sincronizzano, a tutto vantaggio dell’armonia e della produttività dell’operazione.

Il laboratorio di robotica industriale Merlin del Politecnico di Milano è specializzato negli studi di robotica collaborativa intelligente e ha dimostrato sperimentalmente su applicazioni che prevedono l’uso di un robot collaborativo commerciale che l’adozione di visione cognitiva e intelligenza artificiale può portare a riduzioni del tempo ciclo del 10%. In un futuro ormai prossimo, la disponibilità di connettività in 5G aprirà scenari ancora più interessanti, in cui l’analisi in tempo reale delle immagini necessaria all’interpretazione della scena di interazione uomo-robot potrà avvalersi di risorse in cloud, moltiplicando le possibilità e aprendo la strada anche alla connessione al robot di più dispositivi di percezione.

Conclusione

Gli scenari produttivi moderni fanno riferimento a quella che in alcuni contesti viene chiamata “produzione agile”: si tratta di sistemi di produzione robotizzati che operano rapidamente e in modo adattativo in contesti lavorativi che cambiano frequentemente. Questi sistemi devono adattarsi e riconfigurarsi agilmente a seconda dei pezzi da lavorare e delle lavorazioni da eseguire. Il robot industriale, in particolare nella sua versione collaborativa, e gli strumenti propri di industria 4.0 e del digital manufacturing, sono le armi giuste con cui affrontare la sfida posta dalle esigenze della personalizzazione dei prodotti.

La grande disponibilità di dati derivante dalla connessione in rete delle macchine non è però di per sé sufficiente a far compiere il salto di qualità al sistema produttivo. Occorre gestire il dato e utilizzarlo per fini che direttamente incidano sulla produttività. Il connubio tra le tecnologie della robotica collaborativa, della visione e dell’intelligenza artificiale discusso in queste note è certamente un esempio rilevante di come si possa raggiungere questo obiettivo.

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