In un panorama mondiale in cui la tecnologia 5G è in rapida ascesa nella maggior parte delle economie avanzate, l’Europa rappresenta la chiave di volta per il progetto di espansione commerciale di Pechino, per cui le nuove tecnologie come il 5G rappresentano la priorità strategica di investimento. Ma con quali strategie la Cina conquisterà il Vecchio Continente e l’Italia?
Perché il 5G è strategico per la Cina
Per Pechino, il 5G rappresenta la chiave di volta non solo per la competizione internazionale, ma anche per sradicare la povertà dalle fasce più indigenti della popolazione: una crescita dei consumi interni dovuta ad un aumento complessivo di produttività e redditi dovrebbe diminuire progressivamente la dipendenza della Cina dall’export, rendendola immune dalle pressioni degli Stati stranieri e da eventuali tentativi di boicottaggio[1].
Condizione necessaria per questa crescita economica è lo sviluppo delle infrastrutture di connessione internet e reti 5G nello sconfinato territorio cinese. Durante l’ultima seduta plenaria del Partito, è stato presentato il nuovo piano di investimenti pubblici da 1.4 trilioni di dollari suddiviso in sette target strategici [2]: internet industriale, trasporto interurbano e sistema ferroviario, data center, intelligenza artificiale, trasmissione di potenza ad alta tensione, stazioni di ricarica per veicoli di nuova generazione e reti 5G.
Nel 2020, Pechino ha saputo reagire alla pandemia da SARS CoV2 più efficacemente della maggior parte degli altri paesi, nonostante un iniziale ritardo e nonostante ne sia stata l’epicentro e la prima vittima: secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, la Cina sarà uno dei pochi Paesi a non registrare una contrazione del PIL nel 2021, con una leggera crescita dell’1,2% nel primo semestre che poi salirà al 9% nel secondo semestre dell’anno. Ottimi dati, risultato non solo di un’efficace capacità di contenimento e contrasto al virus[3], ma anche della forte campagna pubblica d’investimenti nei settori economici statali ritenuti strategici.
Il nuovo piano economico cinese, chiamato “Shuang xun huan” ovvero “doppia circolazione”, dovrà rendere la Cina in grado di produrre, distribuire e consumare qualsiasi bene attraverso un’economia interna chiusa e circolare puntando di fatto ad un’autarchia economica. Di conseguenza, un 2020 sufficientemente positivo nei dati macroeconomici getta le basi per il nuovo piano quinquennale 2021-2025, studiato per raggiungere una leadership globale nei settori militare, tecnologico ed economico, anche alla luce delle recenti frizioni con gli Stati Uniti, che sentendosi minacciati dall’aggressività di Pechino, dovranno necessariamente tenere il passo nella corsa alla ricerca e allo sviluppo.
«Sciagurati cittadini, quale così grande follia? Credete partiti i nemici? O stimate alcun dono dei Danai privo d’inganni?..(..)..Di qualunque cosa si tratti, ho timore dei Danai anche quando recano doni[4]»: così il sacerdote Laocoonte avvertiva i troiani di non fidarsi del dono lasciato sulla spiaggia dagli achei, che poi si sarebbe rivelato fatale. Con le stesse parole potremmo provare a descrivere la politica di investimenti cinesi in territorio europeo e soprattutto italiano?
Come il 5G si inserirà nella “Nuova Via della Seta” cinese
A dispetto di ciò che il nome potrebbe suggerire, la tecnologia 5G non è l’upgrade dell’attuale 4G: sono due tecnologie estremamente diverse, non semplicemente una il miglioramento dell’altra.
Il 5G sarà caratterizzato principalmente da:
- Velocità di connessione: la nuova rete 5G garantirà velocità operative teoriche di picco pari a 20 Gbps in download e 10 Gbps in upload per ogni singola cella, eguagliando così le prestazioni attualmente raggiungibili solo tramite connessione via cavo e superando di 10 volte le performance attuali del 4G.
- Bassa latenza: con bassa latenza si intende la percentuale di dati latenti che ritardano i tempi di risposta tra input e output. Il 5G porterà ad una drastica riduzione di questi tempi di risposta: dagli attuali 20 millisecondi ad 1 millisecondo o meno, rendendo più vicina la trasmissione dati in tempo reale. La riduzione dei tempi di risposta porterà importanti implicazioni per il mondo produttivo, ad esempio industriale, dove diventerà possibile pensare ad una comunicazione wireless immediata nei tempi ciclo di una macchina, con implicazioni istantanee nei processi di gestione di processo.
- Alta densità di device connettibili: il 5G darà la possibilità di connettere contemporaneamente più di un milione di dispositivi per km quadrato, senza compromessi di sicurezza o stabilità della rete e rendendo possibile la connettività wireless del singolo sensore.
Tuttavia, per realizzarlo è fondamentale un grande piano d’investimenti nelle infrastrutture fisiche necessarie per il suo sviluppo, in particolare una capillare rete di micro o nano celle in grado di coprire in modo completo l’intero territorio interessato. Questo processo di sviluppo è già iniziato con l’avvio della tecnologia 4G seppur in quantità assolutamente insufficiente per potere usufruirne al meglio.
Nell’ottica di questa continua corsa per la leadership globale nel campo delle nuove tecnologie, l’Europa si pone esattamente in mezzo allo scontro tra Cina e Stati Uniti. Tentata dalla ricchezza dei potenziali investimenti cinesi ma legata da un rapporto di fedeltà economica, sociale e militare agli Stati Uniti, l’Europa si ritrova ad essere l’oggetto dei desideri di entrambe le potenze: da una parte, gli Stati Uniti, che devono assolutamente mantenere gli storici rapporti di collaborazione con i paesi europei per poter sperare di contenere l’avanzata dell’economia cinese; dall’altra, Pechino, che vede il mercato europeo come un’enorme opportunità commerciale e politica, in grado di spostare gli equilibri globali.
In questo scenario competitivo, in coerenza al piano industriale decennale “Made in China 2025” , lanciato nel 2015 per scalare il mercato della manifattura tecnologica o smart manufacturing, Pechino negli ultimi anni ha stanziato un piano di investimenti per i paesi europei più in difficoltà, facendo uno screening accurato dei settori industriali strategici più redditizi e proponendo di conseguenza un piano di investimenti in grado di salvare le economie di questi paesi attraverso l’immissione di liquidità al costo della cessione di licenze commerciali o di intere infrastrutture strategiche[5].
Analizzando più nel dettaglio le tipologie di investimenti cinesi nel continente europeo è facile rendersi conto dell’aggressività dell’operato di Pechino: più della metà degli investimenti cinesi in Europa sono stati di tipo state-driven, ovvero guidate e implementate da entità statali o para statali, sostenute da finanziamenti governativi o grigi fondi d’investimento[6]. Il pericolo più rilevante risiede nel fatto che la quasi totalità di queste acquisizioni sono M&A- Merger and Acquisition, ovvero fusioni o acquisizioni maggioritarie o totali, che tuttavia non sono controbilanciate da un reciproco ingresso nel mercato interno cinese per i paesi europei. Questo squilibrio crea ovviamente delle disuguaglianze di trattamento difficilmente conciliabili con il principio di leale collaborazione e libero accesso commerciale sancito dall’Accordo Costituente della World Trade Organization, di cui la Cina è membro dal 2001.
Insieme al piano di investimenti nel campo dell’high-tech e delle telecomunicazioni, necessario per l’avvio del progetto 5G cinese, Pechino ha deciso anche di stanziare una serie di grandi investimenti per creare o acquisire infrastrutture strategiche come porti, aeroporti o tratte ferroviarie per collegare la Cina con l’Africa e l’Europa cercando di ridisegnare le tratte commerciali globali, ricreando la “Nuova Via della Seta”. Questo progetto, che riprende il nome dall’antico percorso compiuto dalle merci per arrivare dall’Oriente all’Africa e all’Europa, prevederebbe dei costi ipotetici di realizzazione pari a 900 miliardi di dollari solo per creare le infrastrutture di collegamento minime per il compimento del percorso, in aggiunta a tutti i costi relativi ai servizi secondari: per questo, la Cina ha creato nel 2014 il Silk Road Fund composto da 40 miliardi di capitale iniziale e pronto ad attrarre capitali stranieri interessati al progetto. All’interno di questo progetto è compresa non solo l’Europa ma anche, ovviamente, l’Italia che rappresenterebbe uno snodo commerciale focale tra i Balcani e l’Europa continentale, diventando così la porta d’ingresso dell’Europa.
Il 5G sullo scacchiere geopolitico internazionale: il ruolo dell’Italia
I cinque grandi colossi globali del 5G: Huawei, Nokia, Ericsson, Cisco e Zte, che rappresentano da soli circa il 75% del mercato globale, con Huawei leader indiscussa del gruppo[7], stanno cercando di guadagnare fette di mercato sempre maggiori rispetto ai rivali e in questo gioco l’Europa rappresenta un obiettivo strategico. L’aggressività da parte delle compagnie cinesi, Huawei e Zte, ha portato molti paesi a bloccare qualsiasi contatto nascente di collaborazione in ambito tecnologico[8]: ciò che intimidisce gli esecutivi nazionali è infatti la concessione di autorità ad una potenza straniera in un settore strategico come quello della comunicazione, quindi della sicurezza nazionale.
In un panorama globale così complesso, gli Stati europei hanno dovuto muoversi nella gestione dei rapporti con Pechino tenendo conto non solo della pressione degli Stati Uniti e degli altri partner europei ma anche e soprattutto di quella della NATO, che da sempre definisce Cina e Russia come due potenziali minacce alla sicurezza della coalizione. Nonostante le forze centrifughe operanti in Europa, la maggior parte dei grandi paesi europei ha adottato una linea comune di diniego temporaneo nei confronti delle proposte di forti investimenti nel campo delle infrastrutture provenienti da Pechino, sia per motivi di diffidenza verso il governo cinese sia soprattutto per chiare indicazioni provenienti da Washington; tuttavia, nonostante l’apparente compattezza del blocco europeo, c’è stata, almeno in un primo momento, una voce fuori dal coro: l’Italia.
Il 30 settembre 2020 il Ministro degli Esteri Luigi di Maio ha dichiarato che «l’Italia è saldamente ancorata a Usa e Ue a cui ci uniscono interessi e valori comuni della Nato e delle democrazie. Poi ci sono alleati, interlocutori e partner economici. Un Paese come il nostro è aperto a possibilità di investimento, ma mai fuori dai confini dell’Alleanza Atlantica[9]»: si evincerebbe quindi uno schieramento inconfutabile dell’Italia a fianco degli Stati Uniti, tuttavia è altrettanto evidente la volontà italiana di non chiudere realmente i rapporti con la Cina in ambito 5G, discostandosi dall’esempio di altri paesi occidentali, come ad esempio la Gran Bretagna. La risoluzione proposta dal Premier Johnson e votata dal Consiglio per la Sicurezza Nazionale ha interrotto non solo gli accordi in cantiere con Huawei ma ha anche deciso la disinstallazione delle sue apparecchiature già presenti sul territorio britannico entro il 2027.
L’atteggiamento di Roma ha notevolmente indispettito Washington, tanto da spingere l’ambasciatore statunitense in Italia a convocare il titolare della Farnesina presso la propria sede per un incontro relativo proprio al 5G, in violazione a tutte le norme sul protocollo diplomatico[10]. Tuttavia, nonostante Pechino abbia con Roma rapporti enormemente più distesi rispetto a quelli con altre cancellerie europee, soprattutto per la mole di investimenti cinesi presenti sul territorio italiano, è anche chiaro il recentissimo cambio di rotta attuato dell’attuale governo nell’ambito della sicurezza delle telecomunicazioni. Le pressioni di Washington e di Bruxelles hanno spinto il secondo governo Conte ad adottare due misure molto robuste per il contenimento di Pechino nel sistema di telecomunicazioni italiano, ovvero l’evoluzione della normativa del Golden Power e la definizione del Perimetro di Sicurezza Nazionale Cibernetica, con il chiaro obiettivo non di interrompere i rapporti tra i due paesi bensì di costruire una robusta diga in grado di contenere ed indirizzare l’operato delle aziende cinesi sul territorio nazionale[11]. Quindi, nonostante risulti apparentemente saldo e chiaro il posizionamento dell’Italia nello scacchiere geopolitico internazionale, in realtà le scelte di Roma risultano, ad un’analisi più approfondita, molto più complesse del previsto, un delicato gioco di equilibrismo tra la necessità di incamerare nuovi investimenti esteri necessari per lo sviluppo infrastrutturale del paese e il senso di appartenenza ad un preciso schieramento geopolitico.
Sarà il secolo del cyberdragone?
La rivoluzione tecnologica degli ultimi decenni è ben spiegata dalle parole dei due coniugi futurologi americani Alvin e Hedi Toffler: «Ciò cui stiamo assistendo è l’improvvisa esplosione sul pianeta di una nuova civiltà che porta con sé un sistema ad alto tasso cognitivo di creazione della ricchezza, il quale sta oggi tripartendo e trasformando l’intera sistema globale[12]». La tripartizione ipotizzata dai coniugi Toffler è composta da tre civiltà distinte e consequenziali: la prima simboleggiata dalla zappa, la seconda dalla catena di montaggio e la terza dal computer. Dopo aver ampiamente superato la fase agricola, durata dall’inizio della propria storia moderna fino almeno agli inizi degli anni Duemila, attualmente la Cina sta vivendo il periodo di transizione intermedio tra la fase industriale e quella cibernetica, ancorata dall’enorme comparto industriale nazionale ma proiettata all’opposto dalle ambizioni globali.
L’enorme mole di investimenti nel campo dell’high-tech stanziati dal governo cinese, dalla rete 5G fino all’Intelligenza Artificiale (AI) passando per lo screening di massa, è un chiaro segnale delle ambizioni di Pechino per il prossimo secolo. L’obiettivo di raggiungere l’autarchia e il primato globale in ambito tecnologico ha due risvolti molto diversi ma intimamente interconnessi: da una parte il raggiungimento della leadership globale dal punto di vista politico/militare e dall’altra l’innalzamento costante del PIL pro capite del paese, rendendo la Cina uno dei paesi più popolosi ma più ricchi al mondo. Volendo ordinare gerarchicamente le priorità, è evidente che il raggiungimento dell’autarchia economica è prioritario rispetto al raggiungimento della leadership militare globale: esattamente come due secoli fa, ancora oggi “l’Argent fait la guerre”. Impensabile infatti raggiungere un primato militare senza un primato economico in grado di sostenerlo. Sarà interessante vedere i risvolti che la pandemia da SARS CoV 2 avrà negli equilibri geopolitici globali nel medio/lungo periodo, nonostante appaia abbastanza evidente, almeno adesso, che se il trend di crescita della Cina pre-covid dovesse mantenersi costante nei prossimi anni, ci troveremo di fronte al “secolo del cyber dragone”.
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- Questo rappresenta uno dei più importanti punti della politica estera statunitense degli ultimi anni. L’aggressività commerciale di Pechino viene riconosciuta sia dai repubblicani sia dai democratici come una delle sfide più difficili per il futuro.↑
- In aggiunta a questi nuovi stanziamenti sono stati raddoppiati i budget per i progetti già in fase di attuazione, ovvero Made in China 2025 e China Standards 2035. ↑
- Nonostante i risultati momentaneamente positivi, non pochi dubbi destano i ritardi nel contenimento iniziale dell’epidemia e della legittimità di alcuni metodi di tracciamento e controllo della popolazione ad opera delle autorità statali.↑
- Virgilio, Eneide, Libro II, Fabbri Centauria Editore, Milano, 2015, p. 43.↑
- È un chiaro esempio di tale pratica la cessione da parte della Grecia del porto commerciale del Pireo alla China Cosco Shipping Corporation. ↑
- Questo tipo di investimento è molto diverso rispetto agli investimenti di natura Green Field dove l’ingresso di capitali stranieri permette l’avvio dell’attività stessa. ↑
- Da sola vale il 30% delle quote di mercato. ↑
- Solo per citare tre esempi Australia, Nuova Zelanda e Giapponese hanno bloccato i nascenti contatti commerciali in ambito 5G per timore dell’eccessivo legame tra Huawei e Zte e il governo di Pechino. ↑
- https://www.notiziegeopolitiche.net/pompeo-vede-conte-e-di-maio-rete-5g-attenti-ai-cinesi/ ↑
- La violazione del protocollo del protocollo diplomatico, il quale prevederebbe che fosse l’ambasciatore di un paese ospite a recarsi alla Farnesina e non il contrario, la dice lunga sui sentimenti di Washington nei confronti del governo italiano. ↑
- Il Golden Power garantisce all’autorità pubblica la facoltà di intervenire nelle transazioni di mercato riguardanti società qualificate come strategiche. ↑
- A. Toffler, H. Toffler, “War and anti-war: survival at the dawn of the 21st Century”, Brown and Co., Boston, 1993, p. 347. ↑