Il futuro in 5G apre scenari affascinanti su un mondo fantastico così come abbiamo spesso visto rappresentato in libri e film; macchine controllate a distanza, robotica, intelligenza artificiale, realtà aumentata, città futuristiche.
Immaginare l’Italia che sarà nel 2025 con un futuro in 5G è forse ancora oggi un esercizio che ha bisogno del supporto dell’immaginazione e della fantasia, nonostante di fatto manchino appena 7 anni a quella data. Tuttavia, se guardiamo al recente passato e agli sviluppi attesi nei prossimi anni relativi ai servizi legati alla tecnologia mobile di V generazione, il salto in questo futuro porta a pensare che l’anno che cambierà l’Italia è stato il 2017.
In questi ultimi dodici mesi l’Italia ha affiancato all’azione di recupero del ritardo infrastrutturale per quel che riguarda la fibra ottica, condizione necessaria per lo sviluppo dei servizi digitali, la ferma volontà di rilanciare la sfida europea sulla sperimentazione del 5G. Il ritardo scontato dall’Italia nell’infrastrutturazione digitale avrebbe potuto agire da freno nell’individuazione di una strategia nazionale per lo sviluppo della nuova tecnologia, con il risultato che ancora una volta saremmo stati impegnati a rincorrere gli altri paesi, europei e non solo. Il Governo ha invece operato una scelta differente candidando il paese a fare da apripista in Europa per quel che riguarda il 5G.
L’Unione europea ha chiesto ad ogni Stato membro di avere una grande città con la rete 5G pronta entro il 2020. L’Italia ha invece ha rilanciato questa sfida, individuando 5 città nelle quali la rete dovrà essere realizzata entro il 2018 per consentire la sperimentazione di servizi innovativi.
Il 5G inciderà in modo così importante sulla nostra società in ogni suo aspetto: dal modo di produrre, dove sfrutteremo sempre più robotica ed intelligenza artificiale, ad una mobilità più sicura e sostenibile; dalla possibilità di una sanità nella quale sarà possibile operare a distanza alle Smart city, che ci consentiranno di vivere in un ambiente urbano più sicuro e con maggiori servizi, fino alla realtà virtuale ed aumentata che ci permetterà di interagire in modo nuovo con l’ambiente che ci circonda e molte altre cose che ancora non riusciamo ad immaginare.
Davanti a questo scenario avevamo davanti due possibilità.
La prima, aspettare che questo mondo diventi realtà, che ci vengano messi a disposizione questi servizi che certamente miglioreranno la nostra qualità della vita e la competitività del paese. In questo caso sarebbe sufficiente investire nella rete, seguendo l’obiettivo della UE di avere una grande città con la rete 5G entro il 2020 e la diffusione del 5G nella realtà urbane e nelle direttrici della mobilità entro il 2025. Ed aspettare poi che il mercato metta a disposizione i servizi.
Le rivoluzioni tecnologiche non si portano dietro solo aspetti positivi, la storia ci insegna che ogni rivoluzione tecnologica ha anche i suoi lati negativi. Più di uno studio ci dice che la rivoluzione industriale che è iniziata porterà alla perdita di molte mansioni. Macchine e algoritmi sostituiranno processi oggi manuali, che domani diventeranno automatizzati o semi automatizzati. La storia ci insegna anche che la scelta luddista di distruggere le macchine che portano il progresso non cambia il corso degli eventi. Dobbiamo, invece, farci trovare preparati ed essere in grado di sostituire quelle mansioni con altre che nasceranno grazie al salto tecnologico. Buona parte delle mansioni del futuro saranno legate alla capacità di produrre algoritmi, apparati tecnologici, nuovi beni e servizi che sfruttano l’innovazione. La tecnologia può migliorare la società e la qualità della vita solo se parallelamente abbiamo crescita economica e posti di lavoro.
La seconda possibilità è stata quella scelta: l’Italia deve essere un paese in grado di progettare, realizzare ed esportare beni e servizi abilitati dalle nuove tecnologie ed in particolare dal 5G. Non vogliamo un futuro nel quale l’Italia e l’Europa siano solo un mercato attraversato da tecnologie e progetti di altri; per questo il Belpaese si candida ad essere un hub che crea servizi digitali attraverso i tanti suoi talenti e li esporta in tutto il mondo.
Ecco perché davanti alla sfida del 5G nei mesi scorsi il Governo italiano ha operato scelte che ci differenziano dagli altri partner comunitari. L’Italia è l’unico paese europeo a seguire un approccio verticale su tutti gli ambiti legati alla sperimentazione 5G, non inseguendo singole sperimentazioni settoriali dei privati, pure presenti nel nostro paese. Infatti, mettendo a disposizione lo spettro nelle 5 città selezionate, è stato chiesto agli operatori di farsi promotori della nascita di consorzi che tenessero insieme mondo della ricerca, operatori TLC, il tessuto imprenditoriale per misurarsi tutti insieme in ogni ambito di sperimentazione abilitata dal 5G. L’idea è quella di concentrare nelle 5 città gli sforzi così da trasformarle in una sorta di laboratori a disposizione di tutto il paese dove sperimentare e produrre nuovi servizi e stimolare la ricerca, la nascita di competenze e nuove aziende.
A marzo di quest’anno, con l’avviso pubblico relativo ai progetti per la sperimentazione del 5G in 5 città è iniziato il percorso per dotare l’Italia di una tecnologia per reti mobili di V generazione. Il bando del Ministero dello Sviluppo economico per la sperimentazione del 5G in 5 città non è stato rivolto solo agli operatori delle telecomunicazioni, ma è stato richiesto l’esplicito coinvolgimento di Università e centri di ricerca, la collaborazione delle tante imprese italiane, sia grandi che piccole, sia locali che nazionali, oltre al sostegno della pubblica amministrazione in qualità di facilitatrice e parte interessata dei progetti. Dunque, non solo più città, ma anche più soggetti in grado di coniugare offerta e domanda di connettività con lo sviluppo e la sperimentazione di servizi digitali per intercettare le esigenze dei territori, accrescere le competenze digitali e la capacità di imprese e pubblica amministrazione di sfruttare le possibilità che si presentano.
Più città, più soggetti coinvolti, ma soprattutto più competizione. Entro giugno sono arrivate 2 proposte per il lotto 1 (la città metropolitana di Milano), 3 per il lotto 2 (Aquila e Prato), 2 per il lotto 3 (Bari e Matera). A fine luglio sono state pubblicate le graduatorie e successivamente sono stati confermati come vincitori dei progetti capofila Vodafone Italia a Milano, Wind Tre e Open Fiber a Prato e L’Aquila, Telecom Italia-Fastweb-Huawei Technologies Italia a Bari e Matera. La presenza tra gli altri del Politecnico di Milano, quello di Bari, della Normale di Pisa, dell’Università di Firenze, l’Aquila hanno contribuito, insieme al coinvolgimento di molte imprese private e delle pubbliche amministrazioni, di dare corpo a progetti di servizi in 5G nelle 5 città. E questo perché i progetti sono stati valutati sia per quanto attiene alla sfera infrastrutturale che a quella dei servizi.
L’ultimo passaggio prima dell’avvio della sperimentazione del 5G è arrivato a fine settembre quando sono state concesse a titolo gratuito dallo Stato le autorizzazioni per l’assegnazione del diritto d’uso di 100 Mhz nella porzione di spettro 3.6-3.8Ghz per la sperimentazione del 5G.
Come si ricorderà in Europa sono già state individuate le frequenze che dovranno essere messe a disposizione degli Stati per sfruttare i servizi 5G; si tratta delle cosiddette bande pioniere: 3.4-3.8 GHz, 26.5-27.5Ghz e la banda 700Mhz oggi in uso alle emittenti televisive per il digitale terrestre.
L’Italia ha dimostrato di voler fare sul serio sul 5G ed essere paese modello in Europa non solo in tema di sperimentazione ma anche di riorganizzazione dello spettro e messa a disposizione delle frequenze, in modo tale che gli operatori interessati abbiano il tempo di programmare i loro investimenti e far sì che quando la tecnologia sarà matura questa possa essere rapidamente diffusa in tutto il paese.
La Legge di stabilità 2018 appena approvata in prima lettura al Senato ed in discussione alla Camera pone le basi per la transizione verso la tecnologia 5G, individuando il percorso di liberazione della banda 700Mhz, utilizzata oggi per il digitale terrestre e da metà 2022 a disposizione degli operatori TLC, e le aste per assegnare le porzioni di spettro 3,6-3,8 Ghz e 26,5-27,5 GHz che saranno rese disponibili già dal 2018.
Tutto ciò è stato reso possibile dal cammino percorso in questi anni. Fino a tre anni fa l’Italia era sotto osservazione dell’ITU (International Telecommunication Union) per un uso sconsiderato dello spettro e figurava al penultimo posto in Europa negli indici di diffusione della connettività in banda ultra larga. Oggi possiamo dire che abbiamo cambiato passo; l’investimento pubblico nella rete in fibra ottica ci consentirà di avere entro il 2020 una rete in fibra a prova di futuro e condizione necessaria per lo sviluppo delle reti e dei servizi in 5G non solo nelle grandi città, ma su tutto il territorio. Le azioni messe in atto per il 5G hanno consentito al paese di accettare la sfida. Ora dobbiamo giocare la partita da protagonisti, ma per questo c’è ancora tanta strada da percorrere.