Infrastrutture digitali al servizio della ricerca scientifica. Dopo una gestazione durata tre anni, che ha già messo in moto finanziamenti per oltre 300 milioni di euro e collaborazioni che hanno coinvolto tutti i paesi dell’Unione, lo European Open Science Cloud sta vedendo la luce, non senza un certo travaglio, dovuto alla difficoltà di coordinare le agende di tantissimi attori diversi.
La Commissione europea che su questa visione ha puntato moltissimo ed è ansiosa di vederne i primi risultati; gli Stati Membri che, essendo quelli che sosterranno l’operatività dell’infrastruttura, non vogliono rinunciare a giocarvi un ruolo di primo piano; infine le comunità di ricerca provenienti dai più disparati settori e per il settore privato.
Il fatto è che tutti parlano del valore dei dati scientifici ma non è semplice trovare una ricetta in grado di sfruttarli a beneficio di tutti, compreso il business, che nel nostro mondo accademico è spesso considerato una brutta parola, ma il cui prosperare rappresenta uno dei motivi per cui la Commissione europea sceglie di investire in un programma piuttosto che un altro. C’è una ragione per cui già i predecessori di Horizon 2020 erano chiamati “programmi quadro per lo sviluppo scientifico e tecnologico”: anche se nessuno si sogna di mettere in dubbio il valore della ricerca pura, l’obiettivo qui è portare a casa i benefici della ricerca, trasformandoli in cambiamenti tangibili nella società.
D’altra parte, perché il termine “open science” sia qualcosa di più di uno slogan furbo, è necessario definire bene chi sostiene tutto il sistema e chi beneficia dei frutti raccolti. La Commissione questo lo sa bene e dopo aver lanciato la piattaforma EOSC a fine 2018 ha dato una sostanziale accelerata alle attività necessarie alla definizione di una governance che tenga conto di tutti questi attori. Si è così insediato il Governing Board, che raccoglie i rappresentanti nominati dagli Stati Membri, e l’Executive Board, composto da una selezione di rappresentanti di alcuni tra i principali stakeholder: università, infrastrutture di ricerca, infrastrutture digitali, ed alcuni esperti indipendenti scelti per le loro competenze.
Nascono Governing e Executive Board
Benché la “costituzione” di EOSC sia ancora tutta da scrivere, diciamo che il Governing Board sta a EOSC come il parlamento sta a un paese e, seguendo questa metafora, possiamo pensare all’Executive Board come a una specie di governo. Ma questi primi organi ancora non tengono conto della complessità di EOSC. Ecco così che l’Executive Board sta per lanciare dei gruppi di lavoro che si addentreranno in alcuni aspetti fondamentali della nuova piattaforma: l’architettura, le regole di partecipazione, la certificazione dei dati, la situazione nei vari Stati Membri e ultima ma non meno importante la sostenibilità. Benché il mandato di questi gruppi e la loro composizione non sia ancora di pubblico dominio, possiamo ipotizzare che sarà qui dentro che si svolgerà molto del lavoro che tradurrà la visione di EOSC in realtà. In che modo tutto ciò riguarda il nostro Paese?
In primo luogo, ed è quasi banale dirlo, c’è bisogno di essere presenti in questa delicata fase in cui si decide che strada prenderanno i dati prodotti anche dai nostri ricercatori. Molte cose nell’organizzazione di EOSC dipenderanno dalle decisioni dei prossimi mesi e non basta avere un rappresentante nel Governing Board per avere il giusto peso: servirà essere presenti nei gruppi di lavoro, con persone in grado di parlare a nome di tutta la comunità scientifica ed accademica italiana.
Open Science, il ruolo centrale del Garr
E’ per questo che GARR ha raccolto l’esigenza di alcuni dei maggiori enti di ricerca italiani e creato il tavolo di lavoro ICDI (Italian Computing and Data Infrastructure), un’iniziativa bottom-up di coordinamento strategico delle attività legate a calcolo e dati a livello nazionale. Avendo una loro sostenibilità intrinseca e una indipendenza rispetto ai finanziamenti messi in campo per EOSC, le iniziative nazionali hanno l’opportunità di giocare un ruolo chiave nella creazione di EOSC invece che subirla come qualcosa disegnato da altri e a cui ci si deve adeguare. Nello stesso tempo, nascendo da chi pratica la ricerca nel suo quotidiano, possono rappresentare la chiave di volta per il coinvolgimento delle comunità scientifiche nei diversi Paesi, un aspetto fondamentale se si vuole che questa elaborata infrastruttura risponda a bisogni reali e offra soluzioni per utilizzare al meglio i dati e non si trasformi nel solito esperimento perfettamente riuscito e abbandonato all’oblio dopo qualche anno dalla fine dei finanziamenti.
Svolgere questo lavoro di coordinamento al livello del singolo Paese è dunque fondamentale per essere protagonisti nel settore dei dati, ma non basta. L’ecosistema in cui si sviluppa EOSC è di grande complessità: con 28 Stati Membri, la Commissione, le 55 grandi infrastrutture di ricerca presenti nella roadmap ESFRI, senza contare quelle di interesse nazionale e regionali, la long tail della scienza, le infrastrutture digitali di calcolo, rete, archiviazione a livello continentale, nazionale, locale e di singola organizzazione, i professionisti del settore dati, le imprese grandi e piccole che entrano nelle varie fasi del loro ciclo di vita e ne traggono sostentamento, i service provider, le ragioni di una sola comunità di un solo Paese rischiano di venire annegate nel mare di tutte le altre voci che vogliono giustamente dire la loro e contare nelle decisioni da prendere. E’ pertanto fondamentale dialogare con i diversi attori ma soprattutto coordinarsi a livello sovranazionale e creare una massa critica, un’agenda comune che rafforzi la posizione del sistema-Paese in questo processo.
Questo è ciò che come GARR e ICDI stiamo cercando di fare innanzi a tutto con Francia, Austria, Belgio e Germania all’interno del progetto EOSC-Pillar, recentemente approvato per il finanziamento nell’ambito di Horizon2020. Nei prossimi tre anni lavoreremo a rafforzare la posizione del nostro paese in EOSC e a coglierne le opportunità anche grazie ad un’opera di supporto ed evangelizzazione verso i ricercatori e gli altri produttori e utilizzatori dei dati.