Il quadro

Accesso a internet, un diritto solo a metà: il caos delle norme UE

Nonostante i numerosi interventi realizzati dal legislatore europeo nel corso del tempo, emerge un quadro normativo non uniforme, dagli effetti applicativi disomogenei, vanificando la portata innovativa della normativa comunitaria

Pubblicato il 01 Ott 2015

Angelo Alù

studioso di processi di innovazione tecnologica e digitale

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A livello di Unione europea, la disciplina di riferimento, delineata dalle direttive di seconda generazione n. 19, 20, 21, 22 adottate il 7 marzo 2002 (Direttiva “accesso” 2002/19/CE, Direttiva “autorizzazioni” 2002/20/CE, Direttiva “quadro” 2002/21/CE, Direttiva “servizio universale” 2002/22/CE), è diretta ad incrementare il livello di liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni e garantire al consumatore un servizio di qualità accessibile a prezzi contenuti.

Il pacchetto comunitario delle direttive del 2002 e le relative norme nazionali di attuazione configurano la cd. regolazione asimmetrica ex ante per la promozione effettiva della concorrenza dei mercati delle comunicazioni elettroniche. A tal fine, l’art. 5, comma 1 della “Direttiva Accesso” (Direttiva 2002/19/CE) prevede l’adozione di misure di regolazione asimmetrica nei casi in cui il livello di concorrenza sia ritenuto insufficiente per garantire il corretto perseguimento degli obiettivi dell’efficienza economica, della concorrenza sostenibile e della massimizzazione dei vantaggi per gli utenti, allo scopo di garantire un adeguato accesso e un’efficace interconnessione, nonché l’interoperabilità dei servizi, così esercitando le specifiche competenze ivi previste in modo da promuovere l’efficienza economica, una concorrenza sostenibile, e recare il massimo vantaggio agli utenti finali.

La disciplina comunitaria è integrata dal Regolamento (CE) n. 2887/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, relativo all’accesso disaggregato alla rete locale e dalla Direttiva n. 2002/77/CE della Commissione, del 16 settembre 2002, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica.

L’impostazione europea persegue chiaramente l’obiettivo di promuovere e mantenere un mercato dei servizi di accesso alle reti di comunicazione elettronica pienamente concorrenziale attraverso l’adozione di misure di regolazione asimmetrica, garantendo standard qualitativi minimi, nel rispetto delle caratteristiche specifiche del servizio universale, così da favorire il processo di liberalizzazione, mediante una graduale apertura dei mercati delle telecomunicazioni in Europa.

L’incipit di tale disegno riformatore può essere individuato nella Communication Review “Verso un nuovo quadro per l’infrastruttura delle comunicazioni elettroniche e i servizi correlati” (COM (1999) 539, della Commissione europea, contenente una serie di proposte funzionali a predisporre un quadro normativo riguardante il sistema delle comunicazioni elettroniche, per conseguire obiettivi generali: garantire la progressiva armonizzazione delle regole, migliorare le dinamiche del mercato concorrenziale, dotare le Autorità nazionali di incisivi poteri di controllo e di intervento, favorire l’instaurazione di un regime di neutralità tecnologica, al fine di realizzare un graduale ravvicinamento delle diverse normative nazionali e creare una regolamentazione unica europea, come peraltro da tempo invocato anche dalla costante giurisprudenza comunitaria (si veda la storica sentenza British Telecommunication del 20 marzo 1985, causa C-41/83 della Corte di Giustizia Ue).

Per assicurare la fornitura dei servizi di accesso alle reti elettroniche alla totalità dell’utenza, il legislatore europeo ha configurato la nozione di servizio universale allo scopo di realizzare un mercato concorrenziale, in cui la fruizione dei servizi di comunicazione raggiunga un buon livello qualitativo e rechi il massimo vantaggio agli utenti finali.

Il servizio universale nel settore delle comunicazioni elettroniche è oggetto di una specifica direttiva comunitaria (la Direttiva n. 2002/22/CE del 7 marzo 2002, Relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e servizi di comunicazione elettronica), che individua gli standard minimi in base ai quali deve essere garantito un insieme di servizi ai cittadini-utenti, indipendentemente dalla loro ubicazione geografica. A tal fine, l’art. 1 stabilisce che “Scopo della presente direttiva è garantire la disponibilità in tutta la Comunità di servizi di buona qualità accessibili al pubblico attraverso una concorrenza e un’opportunità di scelte effettive, nonché disciplinare le circostanze in cui le esigenze degli utenti finali non sono adeguatamente soddisfatte mediante il mercato”.

Pertanto, a livello europeo, l’accesso alla Rete configura una prestazione che rientra nella nozione di “servizio universale” delineata dalla Direttiva 2002/22/CE che la qualifica come “insieme minimo definito di servizi di determinata qualità disponibile a tutti gli utenti a prescindere dalla loro ubicazione geografica, e tenuto conto delle condizioni specifiche nazionali, a un prezzo accessibile” (artt. 2 e ss).

La disciplina comunitaria considera la fornitura del servizio di accesso alla rete Internet uno degli aspetti più rilevanti dell’universalità dei servizi di comunicazione elettronica, attribuendo alle autorità nazionali il compito di definire il concreto contenuto delle prestazioni rientranti nella nozione di servizio universale nel rispetto dei principi di trasparenza, non discriminazione, neutralità e proporzionalità. L’art. 4, c. 2 della direttiva “servizio universale” stabilisce a tal fine che “la connessione [in postazione fissa alla rete telefonica pubblica] consente agli utenti di effettuare e ricevere comunicazioni di dati, a velocità di trasmissione tale da consentire un accesso efficace a Internet, tenendo conto delle tecnologie prevalenti usate dalla maggioranza degli abbonati e della fattibilità tecnologica”.

Attraverso tale previsione normativa il legislatore europeo ha considerato l’accesso alla rete Internet uno strumento di coesione sociale, sottolineandone i rilevanti benefici (economici, culturali, sociali, politici e democratici) derivanti dallo sviluppo e diffusione dei servizi di comunicazione elettronica e auspicando il superamento del fenomeno del digital divide che ancor oggi esclude dal processo di alfabetizzazione tecnologica una significativa percentuale della popolazione per motivi geografici, sociali e/o economici.

Nell’ambito degli impegni assunti con la Dichiarazione di Riga del 2006, l’Unione europea ha previsto l’obbligo per tutte le amministrazioni degli Stati membri di fornire beni e servizi ICT entro il 2010, in maniera tale da garantire a tutti i cittadini, compresi coloro che si trovano in svantaggiate condizioni economiche, sociali, geografiche, una reale accessibilità alla Rete, mediante la progressiva disponibilità di connessioni a banda larga volte a promuovere l’alfabetizzazione digitale.

La raccomandazione del Parlamento europeo del 26 marzo 2009 destinata al Consiglio sul rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su Internet, conferma la rilevanza del fenomeno, nella parte in cui precisa che “L’evoluzione di Internet dimostra che esso sta diventando uno strumento indispensabile per promuovere iniziative democratiche, un nuovo foro per il dibattito politico (ad esempio, per campagne elettroniche e il voto elettronico), uno strumento fondamentale a livello mondiale per esercitare la libertà di espressione e per sviluppare attività commerciali, nonché uno strumento per promuovere l’acquisizione di competenze informatiche e la diffusione della conoscenza (e-learning); […] Internet ha anche apportato un numero crescente di vantaggi per persone di ogni età, ad esempio quello di poter comunicare con altri individui in ogni parte del mondo, estendendo in tal modo la possibilità di acquisire familiarità con altre culture e aumentare la comprensione di popoli e culture diverse; […] Internet ha anche ampliato la gamma delle fonti di notizie a disposizione dei singoli, che possono ora attingere a un flusso di informazioni proveniente da diverse parti del mondo”. Alla luce di tali considerazioni, la raccomandazione auspica il riconoscimento di un diritto ad Internet affermando che “Internet può rappresentare una straordinaria opportunità per rafforzare la cittadinanza attiva e che, a tale proposito, l’accesso alle reti e ai contenuti costituisce uno degli elementi chiave; si raccomanda che la questione sia ulteriormente sviluppata sulla base del principio che ogni individuo ha diritto di partecipare alla società dell’informazione e che le istituzioni e le parti interessate a tutti i livelli detengono la responsabilità generale di partecipare a questo sviluppo, lottando contro le due nuove sfide dell’analfabetismo elettronico e dell’esclusione democratica nell’era elettronica”.

La direttiva 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009 (“recante modifica delle direttive 2002/21/CE che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica, 2002/19/CE relativa all’accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate, e all’interconnessione delle medesime 2002/20/CE relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica”), ha introdotto all’art. 1, un nuovo comma 3-bis stabilendo che “I provvedimenti adottati dagli Stati membri riguardanti l’accesso o l’uso di servizi e applicazioni attraverso reti di comunicazione elettronica, da parte degli utenti finali, devono rispettare i diritti e le libertà fondamentali delle persone fisiche, garantiti dalla Convenzione europea per la Salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dai principi generali del diritto comunitario”.

Il 20 maggio 2010, la Commissione europea lancia l’ambiziosa iniziativa “Agenda europea del digitale” per diffondere i benefici dell’era digitale a tutte le fasce sociali, nell’ambito della Strategia Europea 2020 (elaborata ufficialmente nel marzo 2010). La Commissione europea ha proposto un’agenda digitale il cui obiettivo principale è quello di sviluppare un mercato unico digitale per condurre l’Europa verso una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.

Per favorire lo sviluppo di reti ad alta velocità, per rafforzare i diritti degli utenti finali e per accrescere la trasparenza e la tutela a favore dei cittadini dell’Unione nell’ambito dell’accesso ad Internet completamente aperto, la Commissione ha adottato di recente una proposta di regolamento finalizzato a realizzare un continente connesso (C(2013)627), con la contestuale adozione di una raccomandazione relativa all’applicazione coerente degli obblighi di non discriminazione e delle metodologie di determinazione dei costi per promuovere la concorrenza e migliorare il contesto per gli investimenti in banda larga (C (2013) 5761).

Il regolamento in esame è diretto a garantire un accesso aperto a Internet, impedendo blocchi, strozzature, peggioramenti e discriminazione, così da favorire la creazione di posti di lavoro e la promozione di industrie sostenibili nel campo digitale.

Negli ultimi anni sono stati realizzati ulteriori interventi normativi finalizzati a rafforzare gli impegni perseguiti in materia dal legislatore europeo. In particolare, il Regolamento n. 531/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 giugno 2012 , relativo al roaming sulle reti pubbliche di comunicazioni mobili all’interno dell’Unione, la Raccomandazione 2013/466/UE della Commissione, dell’ 11 settembre 2013 , relativa all’applicazione coerente degli obblighi di non discriminazione e delle metodologie di determinazione dei costi per promuovere la concorrenza e migliorare il contesto per gli investimenti in banda larga e la Direttiva 2014/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, recante misure volte a ridurre i costi dell’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità, con l’obiettivo di facilitare l’adozione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità e di qualità elevata per sviluppare tutti i settori di un’economia moderna e innovativa, come si evince dall’articolo 1 secondo cui “Scopo della presente direttiva è facilitare e incentivare l’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità promuovendo l’uso condiviso dell’infrastruttura fisica esistente e consentendo un dispiegamento più efficiente di infrastrutture fisiche nuove in modo da abbattere i costi dell’installazione di tali reti”.

In questo modo, l’Unione europea mira a rendere effettivo il diritto di accesso ad Internet in favore di tutti i cittadini europei, non solo come diritto strumentale per il godimento di altri diritti, ma come mezzo attraverso cui realizzare un progresso diffuso e generalizzato.

Il legislatore europeo ha predisposto numerosi interventi per garantire lo sviluppo delle nuove tecnologie, incentivando l’evoluzione derivante dalla rivoluzione di Internet grazie all’adozione di politiche volte a favorire la liberalizzazione e la concorrenza nelle reti di telecomunicazione.

Insistendo sulla valorizzazione di Internet e sullo sviluppo dell’economia della conoscenza, dunque, le istituzioni dell’Ue vogliono ridurre il divario tecnologico con gli Stati Uniti d’America, patria delle nuove tecnologie digitali, in cui l’industria e i cittadini hanno valorizzato Internet molto più rapidamente di quanto sia avvenuto in Europa.

In questi termini, dunque, deve essere valutato il costante intervento di riforma realizzato dal legislatore europeo, mediante la modificazione della disciplina comunitaria resa necessaria dallo sviluppo sempre più significativo delle nuove tecnologie digitali, il cui avvento impone un inevitabile adeguamento della normativa vigente.

In realtà, la disciplina europea in materia di diritto di accesso alla Rete ha determinato effetti applicativi disomogenei, come confermato dai dati periodici diretti a monitorare lo stato di diffusione delle tecnologie digitali, probabilmente a causa del fatto che la tendenza del legislatore comunitario, allo stato attuale, è quella di fornire soltanto indicazioni di principio, per poi rimettersi all’azione diretta e concreta degli Stati membri.

Non a caso, le numerose direttive comunitarie emanate nel corso del tempo lasciano agli Stati membri, in sede di recepimento della disciplina europea, un eccessivo margine di discrezionalità nell’attuazione delle prescrizioni normative delineate dal legislatore europeo, con il risultato di vanificare la portata innovativa della normativa comunitaria.

Poiché l’accesso alle tecnologie digitali da parte di tutti i cittadini è un diritto e anche un presupposto di crescita e sviluppo economico, è necessario combattere concretamente l’esclusione digitale in Europa, così riducendo le disuguaglianze sociali, in quanto il progresso risulta frammentato e lento, malgrado gli obiettivi stabiliti e le numerose azioni che coinvolgono le autorità pubbliche, l’industria e la società civile.

Pertanto, l’intervento europeo dovrebbe realizzare un quadro normativo idoneo a consentire a tutti di partecipare alla società dell’informazione colmando i divari in termini di e-accessibilità, banda larga e competenze, accelerare l’effettiva partecipazione di coloro che rischiano di rimanere esclusi e migliorare la qualità della vita di queste persone, integrare le azioni a favore dell’’e-inclusione in Europa, ottimizzando il loro impatto duraturo.

Una recente conferma in questa direzione può essere individuata nella decisione della competente Commissione del Parlamento europeo che il 13 febbraio 2014 ha dichiarato ricevibile una petizione recante norme volte a garantire il riconoscimento del diritto di accesso a Internet tra i principi fondamentali dell’Unione europea (Si tratta della Petizione n.0755/2013, avente ad oggetto il riconoscimento del diritto di accesso ad Internet tra i principi fondamentali dell’Unione europea, mediante l’introduzione di un nuovo art. 3-bis TUE.), proprio allo scopo di realizzare, mediante una modifica del Trattato sull’Unione europea, un intervento normativo cogente diretto a formalizzare la rilevanza delle tecnologie digitali, in modo da vincolare la disciplina definita dal legislatore nazionale, in sede di recepimento delle prescrizioni europee.

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