L'analisi

Accordi Usa-Europa per mercato unico, chance per l’Ict nostrano

L’abbattimento di dazi nel settore tecnologico, come previsto, mette in luce un complesso di barriere normative che devono essere affrontate. I prodotti ad alto contenuto tecnologico sono spesso sottoposti a certificazione di conformità di un ente terzo negli Stati Uniti o in Canada e ad autocertificazione in Europa o viceversa. È proprio sul fronte regolamentare che Washington e Bruxelles devono collaborare

Pubblicato il 29 Ott 2013

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In Italia siamo ormai da anni in una situazione critica, con un fatturato del settore ICT in forte diminuzione. Le circostanze stanno spingendo tutte le maggiori aziende presenti sul nostro territorio a pesanti ristrutturazioni, che in diversi casi si traducono in perdita di centri di eccellenza di valore globale. Basti solo considerare come i valori del PIL e dei consumi procapite in Italia siano ritornati ai livelli del 1997 (fonte Centro Studi Confindustria), con un calo negli ultimi 5 anni valutabile in circa il 10% in termini reali. L’implementazione dell’agenda digitale, oltre ad essere la leva per lo sviluppo del Paese, può permettere il mantenimento e il rafforzamento delle eccellenze rimaste, strategiche per il futuro italiano. In questo senso è da auspicare un ruolo forte dell’Unione Europea nell’attuazione di un sistema di mercato integrato con gli Stati Uniti, che possono rappresentare ancora un interessante mercato di sbocco per l’industria italiana ad alto contenuto tecnologico. Ovviamente tutto deve essere accompagnato, da parte del nostro Governo, a politiche fiscali competitive con gli altri Paesi europei, regole certe, formazione di livello alto e coerente con le nuove competenze richieste. I negoziati fra Washington e Bruxelles avviati la scorsa estate, per la creazione di un mercato unico euroamericano, rappresentano una prospettiva di sviluppo interessante. Il blocco euroamericano produce, allo stato attuale, ancora il 50% del PIL mondiale (lo stock di investimenti bilaterali è pari a 2.394 trilioni di euro ed ogni giorno vengono scambiati merci e servizi per un valore medio di quasi 2 miliardi di euro). L’abolizione delle barriere tariffarie rappresenta un potenziale detonatore nell’aumento degli scambi commerciali. I primi fermenti di ciò che potrebbe accadere col mercato statunitense li stiamo intuendo già grazie ai recenti accordi di libero scambio col Canada.

Ma l’abbattimento di dazi nel settore ICT, come previsto anche dai nuovi accordi WTO mette in luce un complesso di barriere normative che devono essere affrontate. I prodotti ad alto contenuto tecnologico sono spesso sottoposti a certificazione di conformità di un ente terzo negli Stati Uniti o in Canada e ad autocertificazione in Europa o viceversa. È proprio sul fronte regolamentare che la Commissione Europea e il governo di Washington –con la nascente Transatlantic Trade and Investiment Partnership – devono collaborare, per creare un terreno omogeneo e fertile per lo sviluppo sia commerciale, sia di attività produttive. Una mancata armonizzazione nella normativa delle telecomunicazioni, ad esempio, ha inevitabilmente un impatto anche sui produttori di dispositivi e sull’industria dell’ICT, che deve beneficiare di un sistema euroamericano che favorisca l’armonizzazione dei servizi e, quindi, delle richieste di mercato. Così si attuerebbe quella vera liberalizzazione, in grado di portare ad una crescita della produttività e del PIL in Europa, grazie anche ad un aumento dell’export, che verso gli USA si avvicinerebbe al 30%.

Il mercato ICT costituisce una parte del PIL europeo, circa il 25%, rappresentando il 40% della crescita della produttività, che negli USA arriva al 60%. Secondo il rapporto CISCO, global Mobile Data Traffic Forecast Update 2012-2017, del febbraio 2013, entro il 2017 arriveremo ad avere 1,4 device mobili a testa e 50 miliardi di device attivi nel 2020.

La creazione di un mercato unico dell’ICT fra America ed Europa può contribuire a far recuperare terreno al Vecchio Continente, grazie al fatto che l’economia d’Oltreoceano ha sofferto meno della crisi rispetto all’Area Euro e può rappresentare un mercato di sbocco per i prodotti europei. Secondo il Centre for Economic Policy Research britannico, dall’attuazione del mercato unico euroamericano risulterebbe un aumento del reddito medio di 545 euro per famiglia in Europa e di 655 negli USA, con benefici in termini di prodotto di 95 miliardi di euro per gli USA e ben 119 per l’UE. Questo è anche il punto su cui il semestre di presidenza italiana dell’UE dovrà incidere maggiormente.

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