L'analisi

Agenda, da che cosa ripartire a settembre

Avviare la struttura definita nel decreto del Fare. Definire strategie e indirizzi dell’Agenda che sarebbero dovuti arrivare a febbraio, per evitare l’effetto “a macchia di leopardo”. Realizzare un piano per l’emissione di tutte le norme e i decreti attuativi previsti. Si riparta con queste buone intenzioni

Pubblicato il 01 Ago 2013

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Possiamo pensare un po’ per gioco (e un po’ no) quali temi dell’area del digitale ci piacerebbe trovassero da parte del governo un approdo decisionale da qui al rientro delle ferie (non azioni e provvedimenti, non si può pretendere tanto nel mese estivo, ma decisioni sì)? L’esercizio può avere una certa utilità perché costringe a fare il punto di tutto quanto è ancora da fare, da avviare, da decidere.

Per rimanere nell’ambito dell’esercizio del fattibile, l’elenco è forzatamente limitato e concentrato su quei punti che impediscono o riducono le possibilità di un vero sfruttamento delle opportunità del digitale nel nostro Paese:

1. Avviare la struttura definita nel “decreto del fare”, che prevede un Commissario (“mister Agenda Digitale” secondo la definizione del famoso tweet del Presidente Letta) e una struttura di missione, definendone i compiti. Ma non part time. Il tema è così delicato e i problemi da affrontare così ingenti e complessi che è del tutto impensabile un impegno part time di chi dovrebbe fare da cerniera tra governo e Agenzia per l’Italia Digitale, e di fatto fungere da rappresentante del Presidente del Consiglio su questo tema. Possiamo continuare a permetterci di non credere che questo sia uno dei punti determinanti per il futuro dell’Italia e di non dedicare le necessarie energie e attenzione? E dà da pensare (e perché non anche al Presidente Letta?) l’affermazione di Caio riportata dal Corriere delle Comunicazioni:”Con il premier ho concordato che il mio incarico non sia a tempo pieno. Penso di farcela ugualmente”.

2. Definire la strategia italiana sul digitale, e quindi, finalmente, definire un’Agenda digitale italiana. Di Agenda Digitale si parla nel nostro Paese da diverso tempo, ma ci si dimentica che l’Agenda Digitale Europea, da cui nasce anche l’uso del termine, è nata come strategia europea sul digitale, tutta insieme, con i suoi assi e le sue 101 azioni, i suoi indicatori e la sua Scoreboard. L’Agenda Digitale Europea è qualcosa di concreto, c’è un sito in cui si può leggere la definizione, si possono studiare i piani e osservare i report di avanzamento. L’Agenda Digitale italiana, invece, semplicemente, non c’è. Compare nei titoli di alcuni decreti, è evocata in molti discorsi, ha avuto dedicata una consultazione pubblica, qualche documento iniziale da parte della “Cabina di Regia” con il governo Monti, ma cosa sia effettivamente nessuno lo sa. Sono definiti solo alcuni tratti e alcuni piani su alcune aree, Banda Larga, Amministrazione Digitale, e poco più. Eppure il decreto Crescita 2.0 convertito in legge a dicembre 2012 prevedeva (art.1 comma 1) che in prima attuazione, a febbraio 2013, il governo presentasse le strategie e gli indirizzi dell’Agenda Digitale. In qualche modo, che la concretizzasse. Senza questo atto iniziale, continueremo con provvedimenti a macchia di leopardo, leggi e commi spesso in contrasto tra loro, tentativi di “dare una regolata” a quella rete Internet così poco governabile (e dai meccanismi così poco conosciuti da molti politici), sperando solo che le Regioni, come stanno dimostrando, sappiano fare di meglio. Perché nelle Regioni il primo atto sul digitale è far nascere un’Agenda Digitale;

3. Realizzare un piano per l’emissione di tutte le norme e i decreti attuativi previsti (soprattutto dal decreto Crescita 2.0) e in gran parte inattuati. La scadenza fissata è stata ormai superata abbondantemente, e appunto per questo ci si aspetta che un moderno Governo non gestisca le azioni tramite scadenzari ma tramite piani, individuando le attività e le risorse necessarie per raggiungere i risultati prefissati nei tempi. Ormai le prime scadenze sono lontane centinaia di giorni. Preoccupiamoci di avere nuovi tempi-obiettivi, realistici, da rispettare e comunicabili. Anche questo vuol dire fiducia e trasparenza.

A questo punto potremmo anche immaginarci che il governo dedichi, tra agosto e settembre, almeno una intera giornata al tema (troppo per recuperare il tempo perduto?) e che sia portato a discutere su una strategia complessiva sul digitale da una proposta schematica elaborata dal Commissario Caio, magari elaborata dopo un giro di consultazioni con i vari attori dell’innovazione, sulla base delle esperienze e delle proposte più significative e anche, chissà, con il contributo di quelle associazioni della società civile che operano nel settore dell’innovazione dal digitale e che incredibilmente e disgraziatamente sono state escluse dal Tavolo Permanente sull’Agenda Digitale e l’Innovazione. Associazioni che sono state escluse e ignorate (nonostante le proteste e gli emendamenti presentati al decreto del Fare da tutti gli schieramenti parlamentari da PDL a Scelta Civica e PD a M5S), con buona pace e nonostante le buone intenzioni di chi predica l’Open Government dentro e fuori il governo, e che hanno già elaborato proposte di strategia già molto strutturate.

E questo, che vuole essere un auspicio, si basa sulla richiesta di una scossa, di una presa di coscienza della strategicità del tema del digitale per la ripresa e il futuro dell’Italia che è ormai ineludibile. Da fare adesso. Per questo è lecito, è giustificato, immaginare che davvero, a Settembre, Letta vada al Parlamento e presenti l’Agenda Digitale italiana.

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