Anche per l’Italia sta arrivando il momento della banda ultra larga. Dopo l’intervento del Governo che ha definito il Piano di sviluppo della rete e, attraverso Infratel, messo in atto nuovi criteri per le gare di assegnazione delle risorse pubbliche nelle aree a fallimento di mercato, l’arrivo di Open Fiber e il cambio di marcia da parte di Telecom Italia, il quadro dell’Internet veloce si è improvvisamente animato.
La discussione riguarda il livello più evidente del problema, gli interventi e la concorrenza tra gli operatori, mentre ANFoV, come è da sempre nel suo Dna, ha rivolto la sua attenzione agli aspetti più tecnici, ma non per questo meno importanti, della questione. Perché se è vero che è importante decidere dove intervenire, questione altrettanto fondamentale è come farlo per avere una rete con un’infrastruttura future proof. La sostanziale obsolescenza delle reti in rame porta peraltro con sé la necessità di una rete in fibra ottica che abbia le medesime caratteristiche in tutta la Penisola e che preveda procedure di installazione sempre più efficienti e meno invasive per i Comuni. Mentre la tecnologia evolve in continuazione, l’infrastruttura resta e non cambia quando cambia la tecnologia. Le scelte tecnologiche possono essere anche opportunistiche, perché hanno meno vincoli di quelle infrastrutturali e sono più facili da modificare. Le scelte infrastrutturali, invece, condizionano le scelte tecnologiche perché decidono cosa ci potrà offrire il futuro e, in definitiva, quale sarà il nostro futuro. Oggi alcuni cavi in rame, in particolare al Sud, hanno più di sessant’anni e le ultime sostituzioni massicce sono state fatte venti anni fa solo in alcune aree del Paese.
Questo il quadro di una situazione dove, secondo ANFoV, diventa fondamentale la collaborazione fra pubblico e privato, una partnership che elimini diffidenze e contrasti e che vada in soccorso soprattutto dei piccoli comuni dove il personale tecnico non può disporre delle necessarie competenze per controllare i lavori di installazione della fibra. Soprattutto ai piccoli centri ha pensato ANFoV che, nel convegno che si è svolto a Milano dedicato ai problemi relativi all’infrastruttura della banda ultralarga, ha annunciato la presentazione di un Libro bianco che intende sopperire a una carenza documentale spiegando quali sono le migliori tecniche per la posa della fibra ottica, indicando quelle meno invasive e costose applicabili con omogeneità sul territorio nazionale. Il nostro obiettivo è informare chi deve prendere decisioni di carattere politico in ambito locale su cosa sta facendo e qual è l’obiettivo che si trova a dover condividere con i disegni nazionali ed europei e le sue esigenze.
Una raccolta della normativa di settore completa il Libro bianco di ANFoV che in questo modo cerca di dare il proprio contributo per sveltire processi che spesso incontrano ostacoli di ogni tipo. Come ha evidenziato l’incontro milanese del 28 giugno scorso, oltre alla necessità che gli operatori di telecomunicazioni (e tutti i soggetti pubblici e privati che dispongono di infrastrutture di rete) contribuiscano a popolare uno strumento fondamentale come il nuovo Catasto delle reti Sinfi, occorre che si cerchi di eliminare tutte quelle criticità che, nonostante il decreto Scavi, continuano a ostacolare la posa della fibra.
Esiste ancora infatti una disomogeneità di comportamento delle amministrazioni. Secondo un’analisi effettuata sui 150 principali comuni italiani, in circa il 30% delle amministrazioni si riscontrano tempi di ottenimento dei permessi mediamente pari a tre volte la media dei Comuni in linea con i tempi di risposta dettati dalla normativa. In pratica i permessi possono essere ottenuti mediamente in 1,8 mesi ma spesso anche in 6,2 mesi. L’incertezza delle regole attuative ha un impatto evidente su tempi e costi e a questo bisogna aggiungere anche la mancanza di soluzioni strutturate in ambito PA relative per esempio ai vincoli ambientali.
Altro aspetto importante è quello relativo ai sottoservizi. Di fronte a un trend tecnologico che ha visto lo sviluppo delle mini trincee e la riduzione del diametro di fibra e cavo, le aziende si trovano ad avere a che fare con una giungla di sottoservizi (uno ogni 13 metri che nel 65% dei casi interferisce con i lavori). Spesso le infrastrutture esistenti sono schiacciate, sature o ostruite e con le sonde diventa difficile capire il punto esatto dove sono interrotte e per questo bisogna procedere con lo scavo tradizionale. Altre questioni riguardano i problemi di pavimentazione e l’entrata nei palazzi dove spesso le scatole presenti sono ostruite perché condividono molti servizi.
Una situazione complicata alla quale il Libro Bianco intende dare un contributo importante. Per arrivare alle amministrazioni locali però è necessaria una partnership con l’Anci, che rappresenta il 95% dei Comuni italiani, e che con Matteo Luigi Bianchi, vicepresidente con delega alle aree interne, ha partecipato all’incontro di ANFoV. Bianchi ha ricordato come lo sviluppo di infrastrtture come la fibra ottica sia oggi fondamentale per evitare lo spopolamento di zone marginali ma anche per permettere ad aree più forti di reggere la concorrenza e la forza di attrazione di centri più importanti. L’esempio è quello di Varese con Milano. Per questo, ha sottolineato, il Libro Bianco può dare importanti opportunità agli amministratori locali. Si tratta di un lavoro utile per l’attività dei Comuni in sinergia con gli operatori privati del settore. La collaborazione con ANFoV si inquadra poi nel modello di sviluppo previsto da Anci che comprende il coinvolgimento degli operatori privati dai quali potrebbero arrivare opportunità per i territori anche nel campo occupazionale.
Bianchi si è augurato che il lavoro di ANFoV possa essere interpretato dall’Anci come una sorta di guida per sindaci, uffici tecnici, responsabili affari generali affinché un settore che non è conosciuto nella sua profondità da tutti gli operatori degli uffici tecnici lo possa essere grazie a questa guida che può essere una sorta di facilitatore del rapporto pubblico-privato. Tutto questo a patto che la standardizzazione non diventi una omogeneizzazione verso il basso ma possa essere lasciata alle singole amministrazioni la libertà di competere fra loro perché questo è un fatto positivo che crea sviluppo.
Anche all’interno del piano relativo all’Industria 4.0 è evidente la funzione determinante della Pubblica amministrazione che ha un ruolo strategico nella creazione di un ecosistema abilitante propedeutico allo sviluppo dell’economia digitale. In questo contesto si inserisce l’inziativa della nostra Associazione che vuole fornire il proprio contributo di esperienza, già evidenziato dal Catasto delle reti, per favorire l’evoluzione dell’intero Sistema.