L’innovazione tecnologica e la connessa evoluzione dei modelli organizzativi e produttivi hanno innescato un profondo processo di trasformazione che ha attraversato tutti i segmenti della filiera delle telecomunicazioni, impegnando tutte le imprese a investire sulle persone, sulla formazione e sull’innovazione.
Lo studio sulla formazione
Uno studio, svolto con il supporto degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, dimostra che nel 2020 sono state coinvolte oltre 75mila persone in attività di upskilling e oltre 28mila in attività di reskilling. Ma si tratta di un processo in evoluzione, con un passaggio dai cinque/sei giorni di formazione pro-capite svolti in media nel 2020, ai 7-8 giorni nel 2021, con un aumento progressivo anche negli anni a venire. È quanto mai evidente che investire nelle attività di formazione – le stime indicano oltre 100mila dipendenti formati con una spesa complessiva di circa 100 milioni di euro fino al 2025 – rappresenta la carta vincente per affrontare efficacemente le sfide che interessano la Filiera. Per essere al passo con i tempi, le Telecomunicazioni hanno bisogno di nuove competenze tecniche e di nuove specializzazioni per mettere i propri lavoratori nelle condizioni di competere in un mercato del lavoro in forte evoluzione. Obiettivo: non lasciare indietro nessuno.
La ripresa passa dai giovani
Una particolare attenzione è rivolta altresì ai giovani che devono rappresentare il centro dello sforzo di ripresa. In Italia, purtroppo, si registra ancora un elevato numero di NEET, giovani tra i 16 e i 29 anni che non lavorano né sono inseriti in un percorso di formazione, e proprio a loro deve essere rivolto un impegno costante per favorirne formazione, competitività e professionalizzazione. Se proiettiamo infatti la situazione della filiera tra 5 anni, è chiara la necessità di realizzare, attraverso nuove assunzioni, un vero e proprio ricambio generazionale, per cui l’investimento complessivo stimato è pari a circa 1 miliardo di euro. In questo senso occorre investire anche sulle competenze digitali. La formazione, infatti, dovrà accompagnare la trasformazione digitale delle imprese e del lavoro attraverso un percorso di riorganizzazione basato sulla riqualificazione, potenziando le competenze professionali esistenti sulla “rigenerazione” di quelle obsolete, e svilupparne di nuove, investendo nell’istruzione e in nuovi modelli educativi per le nuove generazioni.
Patto per le competenze
Anche sulla base di queste analisi abbiamo aderito al “Patto per le Competenze”, iniziativa promossa dalla Commissione Europea con l’obiettivo di soddisfare le esigenze poste in essere dalla crisi sanitaria ed economica e per dare sempre maggiore impulso a intraprendere e supportare azioni concrete che si traducano in un investimento di qualità sui percorsi di formazione connessi alla trasformazione tecnologica in atto a vantaggio di imprese, lavoratori e giovani. In questo senso l’adesione di Asstel è strategica, in quanto da sempre supporta la necessità di investire sulle competenze. La formazione, infatti, dovrà accompagnare la trasformazione digitale delle imprese e del lavoro, attraverso un percorso di riorganizzazione basato sulla riqualificazione, potenziando le competenze professionali esistenti e sviluppandone di nuove.
La formazione permanente in chiave digitale assume quindi un ruolo decisivo per facilitare la diffusione di nuove figure professionali e saperi in linea con le nuove esigenze del mercato del lavoro. Le competenze e il loro continuo sviluppo hanno rivestito un ruolo fondamentale anche nell’Accordo di Rinnovo del CCNL TLC del 12 novembre 2020, dando vita alla rivisitazione del sistema di classificazione del personale in funzione dei processi di trasformazione digitale – in una prospettiva di sempre maggiore valorizzazione delle competenze – con l’inserimento di 26 nuovi profili professionali legati alle innovazioni digitali, che ancora ad oggi non esistono sul mercato e devono essere costruite sia dentro le aziende con le persone che già oggi vi lavorano, sia investendo nel rapporto con le scuole e le Università per favorire l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.
Queste azioni chiaramente devono essere sostenute in maniera strutturale, per accompagnare i processi di trasformazione verso il digitale delle imprese.
Il futuro del Contratto di Espansione
Per questo servono e vanno rafforzate misure come il Contratto di Espansione introdotto nel Decreto Crescita nel 2019 e potenziato nel DL Sostegni bis con l’estensione della platea delle aziende beneficiarie.
Questo strumento può essere uno dei cardini sui quali impostare una profonda riforma del sistema di protezione sociale del lavoro, che, passando da un modello prevalentemente difensivo, metta al centro, in una chiave espansiva, le politiche attive. L’obiettivo è quello di accompagnare il processo di trasformazione del lavoro, valorizzare e migliorare il grado di occupabilità delle persone attraverso l’aggiornamento e lo sviluppo delle competenze professionali certificate favorendo l’innovazione e transizione tra occupazione “adulta” e quella dei giovani orientata alla logica del “Patto intergenerazionale”.
In ragione di ciò, siamo convinti che il Contratto di Espansione, che coniuga formazione certificata, sostegno al reddito e sviluppo occupazionale, debba diventare misura strutturale, da affiancare, nell’ambito del nostro settore, al Fondo di Solidarietà Bilaterale per la Filiera TLC previsto dall’accordo di rinnovo del CCNL TLC.
È necessario guidare il cambiamento per rispondere al costante bisogno di innovazione ed è in questa direzione che si pone il Fondo di Solidarietà Bilaterale, strumento che consentirà di individuare misure volte al riequilibrio strutturale della Filiera, offrendo anche agli interventi contingenti una prospettiva non più emergenziale, ma di risoluzione strutturale dei processi di trasformazione e transizione verso lo sviluppo tecnologico a beneficio di imprese e lavoratori. Per questo è importante, anche in considerazione della rilevanza nazionale del settore, un supporto economico esterno, aggiuntivo al finanziamento da parte di imprese e lavoratori, che ne acceleri la piena operatività soprattutto nella fase di avvio. Su questo abbiamo avviato un dialogo con le Istituzioni.
In conclusione, riteniamo indispensabile puntare su tutti gli strumenti che consentano di favorire gli investimenti nel capitale umano, perché questo vuol dire porre le condizioni per essere protagonisti dell’innovazione contribuendo anche alla crescita generale del Paese. Investire in capitale umano innovativo vuol dire anche ridurre le diseguaglianze di genere, territoriali, generazionali e di competenze. Serve una grande consapevolezza da parte di tutti noi che dobbiamo sentire il traguardo del miglioramento del capitale umano come un impegno personale e un dovere civico.