Un caro amico che ha insegnato per tanti anni in Germania un giorno mi ha detto: “Sono tre mesi che non leggo un rigo, mi si è fatto un gran chiaro in testa!” Seguendo il suo suggerimento, mi sono proposto in questo autunno:
1. Di non andare al tradizionale seminario di Ambrosetti a Cernobbio
2. Di non andare al tradizionale convegno Between di Capri sulle telecomunicazioni, per l’occasione allargato a tutto lo smart
3. Di non leggere l’autobiografia di Eugenio Scalfari dal titolo “La passione dell’etica”.
So che ho perso qualcosa, come l’affermazione che è tempo di occuparsi della crescita oltre che del rigore, che è importante lo scorporo della rete d’accesso di Telecom Italia purché cambi la regolamentazione e infine che il credo religioso non sta sopra ma accanto agli altri. Penso però di essere sopravvissuto a queste lacune.
A parte il confuso fraseggiare sul tema del giorno, lo scorporo della rete Telecom, qualcosa di nuovo è saltato fuori per merito di Maurizio Dècina, neo-commissario AGCom, che pur non parlando in questa veste ha lasciato capire da dove partirà la discussione in quella sede: contrariamente alle aspettative sull’oggetto dello scorporo, che finora era universalmente pensato come l’infrastruttura passiva, pare che la discussione si estenda ai Dslam, dando per scontato che l’FTTC sia la configurazione scelta per la rete d’accesso. Ma siamo sicuri che gli operatori, in particolare Vodafone e Wind, si siedano volentieri al tavolo dello scorporo se le scelte di fondo sugli investimenti sono già tate decise prima di aprire il tavolo? Non si tratta di una strategia che nasce, a monte di tutto, dai criteri per la valorizzazione della rete da scorporare?
Franco Morganti