Crescita digitale

Bairati (Confindustria): “Il Governo ha imboccato la via per modernizzare le imprese”

Abituare le imprese – a cominciare dai fornitori della PA, attraverso la cogenza dell’obbligo normativo – a interfacciarsi con l’Amministrazione tramite strumenti digitali strutturati, è un primo importante passo per stimolare il cambiamento verso la digitalizzazione nelle relazioni di business. Ciò che conta adesso è partire”, non identificare la soluzione perfetta

Pubblicato il 04 Mar 2016

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Nel nostro Paese l’interazione cittadini/PA e imprese/PA, si basa ad oggi in larga misura sul contatto “a sportello” anziché attraverso l’utilizzo di opportuni strumenti di e-government dove, se per i cittadini il problema risiede in una ancora carente domanda di servizi online dovuti ad una scarsa cultura digitale e ad un basso utilizzo della rete, per le nostre imprese le criticità sono per lo più legate a carenze lato offerta servizi di e-gov, con una PA in larga misura concentrata sull’efficientamento dei processi interni piuttosto che sull’informatizzazione dei servizi da erogare.

Un ulteriore problema, legato questa volta al basso utilizzo dei servizi e-gov ad oggi disponibili, è collegato alla insufficiente informazione e sensibilizzazione da parte della PA nei confronti delle imprese e dei cittadini, limitando così i potenziali vantaggi connessi all’uso dei servizi digitali disponibili.

A far da contraltare ad una percorso di digitalizzazione asincrono delle Pubbliche Amministrazioni Centrali e Locali, ad una bassa interoperabilità delle banche dati e delle piattaforme pubbliche ad oggi esistenti, ad una bassa cultura al digitale presente nelle nostre amministrazioni, riscontriamo finalmente una forte presa di coscienza da parte del nostro esecutivo sui ritardi che il nostro Paese sconta, in termini di digitalizzazione, nei confronti di molti paesi europei e mondiali, non solo dei nostri diretti competitors.

L’adozione da parte del Governo di una serie di piani strategici attuativi dell’agenda digitale italiana avvenuta nel corso dell’ultimo anno, quali Crescita Digitale, Banda Ultralarga e Coalizione Nazionale per le Competenze Digitali, seppur non privi di lacune e criticità, e la revisione attualmente in corso del Codice dell’Amministrazione Digitale, sono segnali concreti della volontà dell’esecutivo di ricorrere ad una strategia unitaria per la modernizzazione del Paese attraverso strumenti quali la semplificazione dei processi, la digitalizzazione dei servizi, l’implementazione delle infrastrutture abilitanti e lo sviluppo delle competenze digitali.

Altre indicazioni positive ci vengono dall’Agenzia Digitale per l’Italia che, oltre ad aver avviato un programma di accelerazione, Italia Login, per assicurare un maggior impatto dall’implementazione delle piattaforme abilitanti (Anagrafe unica, e-payment, fattura elettronica, identità digitale, servizi PA) e per migliorare l’accesso ai servizi pubblici attraverso una piattaforma unica, ha finalmente annunciato l’imminente pubblicazione del Piano Triennale Strategico dell’AGID, previsto dallo statuto del 2013 ma che ad oggi non ha ancora visto luce.

Il Piano Triennale Strategico ha una grande valenza: ha il compito di definire una strategia unitaria di dettaglio che orienti nel cambiamento verso la digitalizzazione e l’efficientamento i diversi soggetti, in particolare le pubbliche amministrazioni, centrali e locali, le scuole, le aziende ospedaliere etc.. Questa assenza di guida centrale, con le diverse Regioni che hanno agito finora in ordine sparso, è una delle principali cause dei ritardi cronici italiani su tutti gli indicatori della trasformazione Paese.

Riuscire a dare attuazione ad un percorso efficace di semplificazione e modernizzazione del Paese vuol dire contribuire in modo significativo ad innalzare la competitività delle nostre imprese e la produttività dell’intero Paese, migliorando al contempo la vivibilità delle città e la qualità della vita delle persone.

Ad oggi i progetti di innovazione sono per lo più ancora sulla carta, seppur puntualmente definiti, e da qui fino ad arrivare ai benefici reali per l’economia italiana e per la nostra società il percorso è ancora lungo; l’attuazione dei progetti di innovazione è condizione necessaria ma non sufficiente per garantire al Paese quel cambio di passo che al momento è divenuto indispensabile.

La promozione della cultura al digitale e lo stimolo all’utilizzo delle nuove tecnologie presso imprese e cittadini risulta essere maggiormente efficace se accompagnata, o meglio, se conseguente ad obblighi temporali inderogabili, il cosiddetto switch-off al digitale. Ne abbiamo attestato l’efficacia sia nel caso della transizione della TV dal sistema analogico al digitale terrestre sia nel caso della Fatturazione Elettronica, con lo switch-off dei rapporti cartacei e analogici tra PA e cittadino (in fase di definizione anche quelli B2B, tra imprese).

La Fatturazione Elettronica è, nei fatti, il primo tra i vari progetti di innovazione annunciati che sono stati effettivamente attuati, e ci auguriamo possa costituire quel punto di partenza per un percorso virtuoso di orientamento al digitale per aziende e PA, al momento ancora incerto e superficiale.

Dal 31 marzo del 2015 non è difatti più possibile emettere fatture cartacee nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni e i benefici per singola fattura elettronica per le organizzazioni possono arrivare fino ad 11,5 €/documento, funzione del volume di fatture gestite. I benefici per le imprese derivano in larga parte da risparmi legati alla (i) riduzione delle attività di stampa e imbustamento; (ii) efficientamento della relazione con il cliente; (iii) gestione digitale del ciclo dell’ordine e della conservazione, che introduce risparmi legati all’eliminazione dei costi di gestione dell’archivio cartaceo. (Fonte Osservatorio Politecnico, 2016).

Al 31 dicembre 2015 erano oltre 25 milioni le fatture elettroniche gestite dalle Pubbliche Amministrazioni, con un tasso di efficacia (inoltro dal Sistema di Interscambio alle PA di riferimento) pari al 91,1% (23.119.125). L’ 8,7% (2.210.258) sono stati scartati dal sistema a causa della presenza di varie tipologie di errori e lo 0,2% (44.574) non sono state recapitate per l’impossibilità di identificare o raggiungere l’ufficio destinatario (è stata restituita al cedente/prestatore l’attestazione di avvenuta trasmissione). (Fonte AGID, 2016)

Al momento il 16% delle amministrazioni ha valutato l’impatto dell’introduzione della fatturazione elettronica in termini di un beneficio nella riduzione dei tempi di pagamento, superiore al 30% rispetto al passato. Migliore, invece, la valutazione della amministrazioni sull’impatto che ha avuto la fatturazione elettronica in termini di risparmio economico sulla gestione delle fatture e sull’archiviazione dei documenti; il 23% di queste, infatti, ha notato un beneficio superiore al 30% in termini di risparmio economico sulla gestione delle fatture, mentre il 35% ha riscontrato tale beneficio nell’archiviazione dei documenti. (Fonte AGID, 2016)

Il vero valore della Fatturazione Elettronica, e dello switch-off mi permetterei di aggiungere, sta nel creare cultura digitale, abituando le imprese del nostro Paese – storicamente lente, poco convinte della digitalizzazione e nel passato frenate da un quadro normativo poco incline al digitale – ad utilizzare servizi innovativi e digitali per rapportarsi sia con le PA sia con le imprese, sviluppando nuovi rapporti di filiera e nuovi modelli di business.

Abituare le imprese – a cominciare dai fornitori della PA, attraverso la cogenza dell’obbligo normativo – ad interfacciarsi con l’Amministrazione attraverso strumenti digitali strutturati, rappresenta un “primo importante passo” per stimolare il cambiamento verso la digitalizzazione nelle relazioni di business. Ciò che conta, è “partire”, non identificare la soluzione perfetta. In primo luogo perché la soluzione perfetta, quasi per definizione, non esiste. In secondo luogo perché una soluzione imperfetta, derivante da un attento processo di semplificazione e digitalizzazione, è spesso migliorativa rispetto a quanto si è soliti fare “in modalità analogica”.

Nel corso del 2015 l’Europa ha approvato quasi tutti i Programmi Operativi Nazionali e Regionali tramite cui PA centrali e locali hanno negoziato le disponibilità a valere sui fondi strutturali della nuova programmazione quadro, da ultimo anche l’accordo Stato-Regioni per la gestione dei fondi destinati alla Banda Ultralarga. Ciò significa che sono finalmente disponibili molte delle risorse con cui sostenere gli interventi di digitalizzazione pianificati sia a livello centrale che locale, con una buona disponibilità anche per le imprese, grazie ai numerosi bandi di finanziamento avviati.

A livello locale si registra un notevole fermento: più della metà delle Regioni italiane ha nominato un referente per l’attuazione dell’Agenda Digitale e la quasi totalità ha già sviluppato o è in dirittura d’arrivo documenti che esplicitano le strategie e le priorità di digitalizzazione. La Puglia ha identificato in 4 obiettivi strategici nella sua Agenda Digitale 2020, per favorire l’innovazione e la crescita economica del proprio territorio attraverso un miglior utilizzo delle tecnologie digitali: PA digitale, Economia digitale, Cittadinanza digitale e Infrastrutture digitali.

La dotazione finanziaria stanziata dalla Regione Puglia nel periodo 2014-2020 per il conseguimento dei 4 obiettivi ammonta a circa 272 mln/€, di cui 81,5 mln/€ su broadband e 190,3 mln/€ sui servizi digitali. (Fonte Italia Connessa 2015, Telecom Italia)

In conclusione, l’ultimo anno è stato piuttosto intenso e ricco di novità per l’Agenda Digitale Italiana e per i progetti di innovazione: seppure non ci sia ancora stato un deciso salto di qualità a livello di effettiva attuazione, sono sicuramente state gettate molte basi per colmare, seppur parzialmente, il divario che ci separa dai Paesi che costituiscono un punto di riferimento in Europa e nel mondo.

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