Sarà il Dis, il dipartimento informazioni e sicurezza della presidenza del Consiglio dei ministri, a coordinare le attività di difesa nazionali contro gli attacchi informatici: c’è un decreto in arrivo, nell’aria già da qualche giorno. Un punto importante, io l’ho sempre sostenuto. Ma attenzione: è un punto e non dobbiamo pensare che fatta quella organizzazione il problema sia risolto. Il Paese ha bisogno di una serie di organizzazioni “tecniche” – che possono stare nel pubblico ma anche nel privato – che abbiano una massa critica di ricercatori e ingegneri adeguata per poter implementare delle operations a livello nazionale e internazionale.
Senza un’organizzazione di questo tipo, con all’interno almeno un centinaio di ricercatori e ingegneri, i problemi non si risolvono. Bisogna avere dei fulcri – che possono essere imperniati sul cyber crime, sul cyber warfare o sulla parte di supporto alle industrie italiane – che permettano di stare a stretto contatto e di supportare l’organizzazione di riferimento.
Soprattutto, c’è bisogno di un forte piano pluriennale indipendente da problematiche politiche: bisogna ragionare in modo diverso da come si fa di solito in Italia, occorre un forte cambio di passo.
La cyber non si fa a parole: ci vogliono tecnici, ingegneri, esperti di dominio, ricercatori. Dopo di che bisogna realizzare strutture adeguate alle esigenze del nostro Paese – senza fare riferimento ad altri paesi come gli Usa, con altre scale – siano esse legate al ministero dell’interno o anche staccate da esso, che possano dare supporto reale e creare la rete di cooperazione che serve in questo momento, perché le aziende e non solo loro al momento non sanno a chi rapportarsi.
Bisogna, pertanto, creare punti di riferimento, ma che abbiano massa critica e non restino solo parole e che prendano la forma ciascuno di un centro di supporto – magari orchestrato da questa unità di missione – per un determinato settore: nel cyber warfare rientrerebbe, ad esempio, la parte difesa, in quello industria da Barilla a Magneti Marelli.
Sono, insomma, positivo sul fatto in sé ma questo non basta: c’è bisogno di uno scenario nazionale che includa una serie di attori.