Per superare il digital divide il ministro per l’Innovazione, Vittorio Colao, ha messo in agenda alcune priorità come recentemente ribadito in occasione dell’evento organizzato dall’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS). Giustamente l’ex amministratore delegato di Vodafone ha posto l’accento su cinque punti imprescindibili della sua azione di governo:
- lotta al digital divide con una accelerazione sul piano Bul,
- transizione digitale della Pubblica Amministrazione (terreno che lo vedrà giocare al fianco del ministro Brunetta),
- telemedicina e fascicolo sanitario elettronico,
- investimenti sulla formazione dei giovani e sulla ricerca,
- cybersicurezza.
Sono priorità impossibili da non condividere perché sul “cosa” ci sia da fare, ormai da tempo, c’è un’alleanza politica trasversale che ha sempre dimostrato di voler supportare e stimolare l’azione di governo, senza alcuno steccato ideologico (l’indagine conoscitiva sul 5G, ad esempio è stata approvata all’unanimità dalla IX Commissione della Camera).
Il nodo è sul come e quando fare
Sul “come” e sul “quando”, invece, occorre questa volta un’iniezione di concretezza perché l’eredità della gestione Di Maio-Patuanelli al Mise e Pisano al Mid è stata piuttosto magra.
Rete unica?
Nelle prossime settimane Mid e Mise dovranno sciogliere le riserve sul concetto abusato e, a volte, superficialmente utilizzato di rete unica. Un po’ di chiarezza farà bene a tutti, per evitare di leggere posizioni decisamente originali come quella del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che, in occasione di un incontro con gli studenti, ha parlato di “operatore unico”, probabilmente riferendosi ad un’unica infrastruttura digitale. Diversamente (ma è un paradosso) si aprirebbero scenari monopolistici iperstatalisti, con buona pace della sana e benefica concorrenza.
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E poi ha davvero senso parlare di rete unica? In Italia sarebbe riduttivo polarizzarsi sulla competizione Tim-Open Fiber senza considerare il peso degli altri operatori, l’infrastruttura in Fwa, il ruolo che vorranno giocare svariati player tra cui Sky e Poste e, perché no, Rai. Ha senso parlare di rete unica nelle aree nere dove vive una sana concorrenza? Nelle aree bianche e grigie è prioritario darsi dei tempi certi, considerato che il lockdown pandemico ha messo a nudo l’impossibilità di svolgere didattica a distanza e telelavoro per l’assenza di una dorsale digitale adeguata.
Manca un serio monitoraggio della copertura
La vera priorità oggi è scattare una fotografia che non c’è: quanta fibra è presente in Italia? Dove? Quante unità immobiliari sono sorte per il naturale sviluppo urbanistico dal 2015 ad oggi? Sono state mappate? Quanti numeri civici sono totalmente privi di connessione pur essendo collocati in aree nere?
Senza questa fotografia precisa rischiamo di trovarci, tra qualche anno, di fronte a un incivile spezzatino digitale, con tanti buchi da rattoppare in modo casuale ed emergenziale, alla faccia di un’unica strategia digitale. Ecco. Forse la strategia potrebbe essere proprio questa: passare dal concetto di rete unica a quello di strategia unica digitale, con una forte e consapevole regia da parte dello Stato.
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Serve un aggiornamento mensile
Ad oggi i dati del Mise sul piano Banda Ultralarga ci dicono che sono stati ultimati il 18% dei cantieri in fibra e il 10% di quelli in fwa. La proposta che fa il gruppo dei deputati della Lega in IX Commissione è di aggiornarci mensilmente con il ministro Colao per verificare i passi compiuti e le strategie future: copertura aree grigie, efficacia dei voucher, stato digitale delle scuole, fibra nelle aziende, alfabetizzazione digitale. Bisogna fare rete con una strategia unica. Qualche sano principio di federalismo digitale farà sicuramente bene.
Voucher 200 euro, cambiamoli nell’impasse
Un aggiornamento e una accelerazione sarà necessaria anche sui voucher pc e internet, misura che la Lega sbloccò in Commissione, mettendo a disposizione di famiglie e imprese 1,3 miliardi. A quattro mesi dall’avvio della misura risulta prenotato solo il 9,7 % delle risorse disponibili, pari a oltre 19 milioni di euro.
Ad oggi complessivamente sono stati attivati oltre 84.200 Voucher in tutta Italia e le risorse impegnate ammontano nel complesso a circa 62 milioni di euro.
Troppo poco, se consideriamo che una famiglia su tre in Italia è senza tablet o pc. Le cause di questa situazione vanno ricercate in una comunicazione poco efficace (quante famiglie sanno di poter ricevere 500 euro per un pc e una connessione veloce?) e nella macchinosità del procedimento di richiesta.
Un’altra priorità del ministro Colao sarà evitare lo stesso calvario alla fase 2 dei voucher, quelli destinati a imprese e famiglie con Isee superiore ai 20.000 euro e ora fermi in pre-notifica a Bruxelles. Sarà il caso di sfruttare questa “pausa” per rivedere le regole.