Condizioni strutturali- un contesto ancora iper-competitivo, la crisi che non demorde- fanno sì che il settore conoscerà per due anni di fila un decremento dell’ordine del 10%, che lo riporterà, di fatto, indietro alla dimensione che aveva nel lontano 1999, all’apertura del processo di liberalizzazione. La ripresa (o meglio il superamento del punto di flesso negativo) è rinviata al 2015.
Investimenti nonostante tutto. Da sempre il comparto investe ingenti risorse per costruire il proprio futuro, attraverso nuove reti, nuove piattaforme, nuovi servizi. Investimenti imposti anche dalle condizioni di accesso alle frequenze, risorsa chiave per lo sviluppo dei servizi in mobilità e che hanno convogliato oltre 30 miliardi di euro negli ultimi tre lustri. Investimenti che proprio nella fase più acuta della crisi ritornano a crescere alla ricerca di nuova linfa. Un settore all’inseguimento di sé stesso.
Condivisione e competizione. La competizione è da sempre in conto, più complesso è affrontare la nuova competizione introdotta da nuovi attori provenienti da comparti e mercati che beneficiano di condizioni regolamentari e fiscali molto diverse. Ciononostante, la collaborazione con i nuovi protagonisti dell’economia digitale è indispensabile, così come con i detentori dei contenuti più pregiati a cominciare da quelli audiovisivi. Anche se, specie per aumentare l’estensione delle nuove reti, sarebbe auspicabile una maggiore condivisione degli investimenti infrastrutturali, siamo ancora in una fase dove la competizione mantiene forti connotati infrastrutturali e la collaborazione rimane opportunistica. Amici e nemici, ma non per sempre.
Sharing economy e mercato. Non c’è mercato senza condivisione e, probabilmente, neppure condivisione senza mercato. L’affermazione di diverse forme di sharing economy è effetto di nuovi valori e nuove forme di interazione abilitate dalla rete, imposte dall’economia dell’abbondanza e accentuate dalla crisi. E’ un ulteriore stimolo per ricercare nuovi modelli di business e nuove forme di interazione con l’ecosistema digitale.
Aspettando il consolidamento. Il consolidamento tra operatori rimane una costante del dibattito sull’evoluzione del settore. La strada per il ritorno alla crescita sembra passare da progressivi consolidamenti e la scala deve essere continentale, sebbene con declinazioni locali. La paura di alcuni è che un’eccessiva riduzione possa portare a pericolose forme di oligopoli più o meno collusivi. Im fondo, il problema rimane però il prezzo.
L’ottimismo è il profumo della vita. Gli investitori tornano ad esprimere una cauta fiducia nel settore, che rimane una risorsa abilitante per molte delle trasformazioni in corso e attese che caratterizzeranno l’economia nel prossimo decennio. In realtà, si tratta innanzitutto della consapevolezza che la misura è colma e che serve un’ondata di maggiore razionalità sia nei comportamenti competitivi che negli assetti regolamentari e normativi. Come ha concluso qualcuno, è un ottimismo costruito sulle ceneri del pessimismo.
Nuovi lidi. Il settore deve allargare i propri confini. Invadere il campo altrui è naturalmente pericoloso oltre che sfidante, ma gli operatori di telecomunicazioni, saranno sempre meno “communication service provider” e sempre di più piattaforme abilitanti o integratori di nuove forme di servizi. L’internet delle cose, l’internet di ogni cosa, è l’arena nella quale si giocherà la battaglia finale. Non a caso è in questo ambito che si stanno delineando le alleanze e le acquisizioni più strategiche.
Trasformazioni digitali. A furia di considerarsi risorsa abilitante alla rivoluzione digitale, gli operatori hanno talvolta dimenticato di farne parte. Si apre quindi una nuova fase di trasformazione delle aziende che imporrà cambiamenti profondi nei processi interni ed esterni, nonché nell’utilizzo delle tradizionali leve competitive. Un settore abituato alla pianificazione da Gosplan dell’innovazione, dovrà adattarsi alle forme di innovazione basate su processi trial and error.
Un settore che non avrà il tempo di annoiarsi.