la proposta

Banda ultra larga, c’è un problema: nessuno ha mai calcolato i vantaggi per le aziende

Bisogna avviare subito uno studio per una misurazione d’impatto, a livello nazionale, dei nuovi investimenti fibra. Per risolvere una lacuna conoscitiva che può costare caro al Paese. Ecco perché

Pubblicato il 17 Ott 2017

Alessandro Zorer

presidente Trentino Network

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Noi non sappiamo quali siano i – veri e concreti – benefici della banda (ultra) larga per le aziende italiane. E così non lo sanno nemmeno le aziende, che quindi stentano a comprarla.

Il problema è molto sottovalutato ed è il momento giusto di affrontarlo, mentre ci accingiamo a fare i grandi interventi del piano nazionale banda ultra larga.

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Teniamo conto che ad oggi ci sono state solo analisi a livello macro economico sui benefici della banda larga. Studi internazionali e italiani citano, al solito, l’aumento del PIL e dell’occupazione. Ma non ci sono studi, in ambito nazionale, sui benefici concreti micro-economici, cioè sulla crescita delle singole aziende che si abbonano alla rete e su come in effetti hanno utilizzato l’alta velocità.

L’abbiamo fatto, invece, sul territorio trentino con uno studio della Fondazione Bruno Kessler (vedi gli ultimi dati aggiornati), qualche anno fa sugli interventi per lo sviluppo della banda larga, in particolare sulle microimprese. Qui era emerso che l’impatto è fortemente positivo per le aziende guidate da imprenditori con elevata istruzione, e nullo nel caso delle rimanenti imprese. Questo suggerisce che l’innovazione, soprattutto quella tecnologica, non è un processo automatico; al contrario va guidata e portata dentro l’azienda con cognizione di causa.

Per la prima categoria di aziende, si è stimato che un mese di disponibilità di broadband fra il 2010 e il 2012 si traduce in un aumento del volume d’affari del 4,7%. Con circa 15 mesi di disponibilità il volume d’affari cresce del 19%. Dei dati quindi particolarmente significativi, che hanno dato ancora maggiore stimolo alla Provincia Autonoma di Trento a continuare su questa strada ed a perseguire con determinazione anche il passaggio dalla banda larga (fino a 20 Mbps) alla banda ultralarga (oltre 30 Mbps).

Serve insomma condurre una misurazione d’impatto, a livello nazionale, dei nuovi investimenti. Ed è necessario cominciare subito a farla, man mano che si sviluppano gli interventi di copertura.

Anche questo principio deriva da quanto appreso dall’esperienza trentina, che ha dato infatti indicazioni sulle metodologie da seguire. Come previsto da parte dei ricercatori di FBK-IRVAPP infatti è risultato che per misurare l’impatto bisogna conoscere bene la situazione pre-esistente alla copertura, i servizi attivi nelle aziende, i fatturati. È importante quindi raccogliere i dati per tempo, confrontare aree omogenee che hanno avuto l’intervento in momenti successivi. Se non abbiamo i dati di partenza, certo non potremo dire cosa è cambiato tra il prima e il dopo l’arrivo della banda ultra larga.

Non solo. Se raccogli i dati di impatto contestualmente all’intervento, puoi promuovere meglio l’adozione. Puoi dimostrare subito, infatti, agli imprenditori quali sono i vantaggi reali della banda ultra larga, divulgando quelli che hanno riguardato le aziende abbonate nelle prime aree coperte.

In tal modo, alla fine dell’intervento saremmo in grado di calcolare il ritorno degli investimenti pubblici. Questo dato ci è utile in vista dei successivi interventi previsti, dopo il piano banda ultra larga e verso la cosiddetta Gigabit Society.

I vantaggi sarebbero due. La politica in questo modo può giustificare l’investimento in infrastrutture digitale, grazie ai vantaggi misurati, e al tempo stesso decidere meglio le priorità della spesa pubblica. Conoscere l’impatto della fibra in certe aree ci dà gli strumenti per decidere se, come e dove intervenire con ulteriori investimenti.

Tutto questo assume importanza maggiore in vista della fase due dell’intervento pubblico, con la quale – tra l’altro – si vuole incentivare la domanda di connessioni veloci. L’analisi di impatto può misurare infatti anche gli effetti degli incentivi alla domanda, area per area.

Ad oggi non c’è nessuna stima dettagliata sulla crescita degli abbonati, alle diverse velocità banda ultra larga, divisi per aree geografiche e segmenti d’impresa. Lo studio trentino aveva intervistato gli utenti per capire il loro comportamento, cosa avevano fatto con la banda larga, quali servizi.

Un auspicabile studio nazionale potrebbe misurare l’impatto su aziende e utenti incrociando i dati della copertura in corso con quelli degli abbonamenti e quelli Istat sul territorio. Può essere condotto da istituti di ricerca nazionali, in collaborazione con il Mise-Infratel.

Ma tutto questo, come detto, deve partire al più presto. Misurare l’impatto dei nuovi, ingentissimi, investimenti banda ultra larga è ben più di un esercizio scientifico. Ma è un atto politico e operativo da cui può dipendere sia il futuro dello sviluppo infrastrutturale sia – ed è forse la cosa più importante – il suo impatto effettivo sull’economia reale.

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