Banda ultra larga: punto di passaggio nel 2018

Vediamo gli aspetti concreti che ci portiamo a casa dal piano governativo. Le finestre temporali, gli strumenti identificati. Le risorse. Oggi è chiaro chi e come vuole investire. Allo stesso tempo sono chiare le richieste dei diversi attori e la difficoltà di condividere realmente un progetto comune

Pubblicato il 09 Mar 2015

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Come spesso accade nel nostro Paese, la tanto attesa, anche mediaticamente, pubblicazione della versione definitiva della strategia per la banda ultralarga e la crescita digitale è stata accompagnata più dalla dietrologia che non dalle valutazioni di merito. Tuttavia, è probabilmente più interessante e utile soffermarsi su alcuni snodi che sono importanti per passare all’attuazione della strategia, alla sua trasformazione in fatti concreti.

Pensare positivo. Il Governo (e non presunti esperti) ha messo a punto una strategia che definisce “integrata” e vuole innescare un circolo virtuoso tra sviluppo infrastrutturale e sviluppo dei servizi, attribuendo un ruolo chiave alla trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione, l’ormai famoso “digital first”. Non è necessariamente originale, ma leggere di obiettivi migliorativi rispetto a quelli raccomandati dall’Unione Europea e di un percorso per la loro attuazione non può che essere valutato positivamente. Oltre il minimo sindacale.

Finestre temporali. La strategia identifica una tappa intermedia al 2018, punto di passaggio chiave anche per il consolidamento delle nuove soluzioni tecnologiche. Il periodo 2015-2017 è effettivamente fondamentale per verificare l’effettivo sviluppo dei progetti annunciati e la risposta della domanda, che è la condizione chiave per ristabilire la redditività del settore. Aspettando il GFast.

Strumenti. La strategia presenta una gamma estremamente ampia di strumenti, diretti e indiretti, per incentivare la realizzazione delle reti a banda ultralarga e il loro upgrade oltre la fatidica soglia dei 100 Mbit/s. Gli strumenti, dalla defiscalizzazione agli incentivi a fondo perduto, vengono mappati nei diversi contesti territoriali, sulla base di un’analisi tecnico-economica effettuata da Infratel, che è la società di scopo che sta implementando il piano sulla banda ultralarga avviato a partire dal Mezzogiorno. Tuttavia, rimane molto delicata la messa a punto di un meccanismo di gara che consenta un utilizzo efficiente delle risorse e il rapido conseguimento degli obiettivi strategici.

Risorse. La stima del fabbisogno finanziario per raggiungere i diversi obiettivi territoriali e prestazionali è sicuramente utile a dimensionare lo sforzo dei vari attori, pubblici e privati, in campo. Non sfugge però il fatto che le risorse più consistenti siano legate al Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020 (da programmare), mentre non tutte le Regioni hanno inserito nei propri Programmi Operativi Regionali 2014-2020 un ammontare significativo di risorse. Verso un divario digitale nella programmazione.

Attori protagonisti. Fiumi di parole e numerose indagini sono state dedicate alla scoperta del grande manovratore, del soggetto da favorire o da colpire. Oggi è chiaro chi e come vuole investire. Allo stesso tempo sono chiare le richieste dei diversi attori e la difficoltà di condividere realmente un progetto comune nel momento in cui è stata lanciata la sfida infrastrutturale sia sulla rete fissa che su quella mobile. L’unica certezza è che non ci possiamo permettere di sprecare gli investimenti già messi in campo. Condividere alcuni aspetti si può, ma soprattutto si deve.

Governo. Come tutti i processi complessi, serve una regia. La storia recente ci offre diverse esperienze, ma di norma poco efficaci. Ben vengano i Comitati per proporre, stimolare, monitorare. Ancora più importante è però definire un programma operativo, con obiettivi e una tempistica di dettaglio, indicatori quantitativi e un sistema di monitoraggio. Si può fare a meno di un Comitato?

Avanti, guardando avanti.

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