Quale è la situazione delle reti di telecomunicazione in Italia? Dal rapporto dell’Istituto per la Competitività (I-Com) – dal titolo “Don’t stop “IT” now. Le politiche per muovere la trasformazione digitale dell’Italia tra bussola UE e PNRR” – emergono i passi avanti fatti nella copertura del territorio nazionale, ma anche le sfide legate agli ambiziosi obiettivi tracciati dalla nuova Strategia italiana per la banda ultralarga (BUL) pubblicata a maggio dello scorso anno, tra cui il raggiungimento della copertura dell’intero territorio nazionale con connettività a 1 Gbps entro il 2026.
Tra i problemi principali: la mancanza di personale specializzato, l’incremento dei costi, la mancata semplificazione, ma non solo.
Ecco allora il punto sullo stato delle infrastrutture, le prospettive di diffusione della banda ultralarga e i nodi ancora da sciogliere.
Ecco la nuova strategia banda ultralarga dell’Italia: tutti i punti chiave e i nodi
Il contesto: PNRR, strategia BUL e Piano Italia 1 Giga
La strategia BUL aggiorna e integra la strategia pubblicata nel 2015, sulla scia del nuovo Digital Compass europeo. Si compone di 7 azioni: oltre alle due linee d’azione già in essere, ovvero il Piano aree bianche (o piano BUL) e il Piano voucher, sono stati attivati il Piano “Italia a 1 Giga”, il Piano “Italia 5G”, il Piano “Scuole connesse”, il Piano “Sanità connessa” e il Piano “Isole Minori”. Per sostenere la realizzazione di tutti questi interventi, il PNRR italiano ha previsto risorse per €6,7 miliardi. Ad oggi sono state concluse le operazioni di assegnazione di tutti i bandi, con i risultati riportati nella fig. 1.
Fig 1: Ripartizione dei fondi per i Piani previsti dal PNNR e importi assegnati | |||
Aree di intervento | PNRR (milioni €) | Base d’asta (milioni €) | Assegnazione (milioni €) |
Piano Italia a 1 Giga | 3.863,50 € | 3.653,60 € | 3.455,44 € |
Piano Italia 5G | 2.020,00 € | 1.516,18 € | 1.070,76 € |
Piano Scuole connesse | 261,00 € | 184,42 € | 164,99 € |
Piano Sanità connessa | 501,50 € | 387,29 € | 314,16 € |
Piano Isole minori | 60,50 € | 45,64 € | 45,64 € |
Totale | 6.706,50 € | 5.787,13 € | 5.052,00 € |
Fonte: elaborazioni I-Com su varie |
Il piano aree bianche
Il Piano aree bianche, rinominato piano BUL, ha come obiettivo la copertura delle aree a fallimento di mercato, ovvero quelle aree del Paese che gli operatori non hanno interesse a coprire a causa della mancanza di un mercato che ne giustifichi gli investimenti. L’attuazione del Piano è stata affidata ad Infratel Italia, con l’obiettivo di fornire 7700 comuni con la connessione in fibra ottica, in aggiunta ai comuni da coprire con connessione mista fibra-wireless (FWA) con prestazioni fino a 100 Mbps. Al 30 settembre agosto 2022, risultavano 9.674 progetti approvati su 10.807 previsti in FTTH e 6.819 approvati su 7120 previsti in FWA. A livello realizzativo, per le infrastrutturazioni in fibra sono stati emessi 7.857 ordini di esecuzione, di cui oltre 5.389 risultano chiusi, ovvero con il Certificato Ultimazione Impianto di rete, a fronte di oltre 3.558 comuni “completati”. Per i cantieri FWA si osservano quasi 2.832 ordini emessi, di cui oltre 2.699 con CUIR. L’avanzamento economico del progetto a livello nazionale ha raggiunto attualmente circa il 76% in termini di avanzamento dei lavori con €1.602 milioni impiegati su oltre € 2.104 milioni di lavori ordinati a Open Fiber.
Lo stato attuale della copertura di rete fissa
Per definire le aree su cui programmare gli interventi pubblici, Infratel ha effettuato un’ulteriore consultazione relativa allo stato dell’arte e alle intenzioni di investimento degli operatori nel quinquennio 2022-2026. Nel dettaglio, il Piano “Italia a 1 Giga” mira ad intervenire fornendo una connessione ad almeno 1 Giga in download e 200 Mbps in upload alle unità immobiliari presenti nelle aree grigie e nere NGA che, a seguito della mappatura delle infrastrutture presenti effettuata da Infratel Italia nel 2021 e degli interventi pianificati dalle aziende operanti nel mercato entro il 2026, non risulterebbero coperte da almeno una rete in grado di fornire in maniera affidabile velocità di connessione in download ≥ 300 Mbps. Ad ottobre 2022, Infratel ha fornito all’Istituto per la Competitività i dati relativi allo stato dell’arte della copertura sull’intero territorio italiano, ovvero tutti i numeri civici presenti nelle aree bianche, grigie e nere.
I risultati di tali elaborazioni mostrano come, a maggio 2021 – il dato disponibile attualmente più aggiornato – i civici coperti in rete fissa con una velocità di download di almeno 30 Mbps si sono attestati a quota 64,1% a livello nazionale. A livello regionale risultano maggiormente coperte la Puglia (88,5%), la Sicilia (75,5%), la Calabria (75,2%) e la Sardegna (69,1%). Dall’altro capo della classifica si posizionano il Molise (25%) e la Valle d’Aosta, che vede coperto in rete fissa solo il 20,7% dei propri numeri civici.
Il primato delle regioni meridionali viene meno analizzando i soli civici coperti con tecnologie che forniscono connettività ≥ 300 Mbps e fino ad oltre 1 Giga (2021), che a livello nazionale raggiungono quota 17,5% dei civici complessivi. In questo caso la classifica delle regioni maggiormente coperte si ribalta, mostrando la netta prevalenza di quelle centro-settentrionali. A primeggiare, con una copertura del 28,6% dei propri numeri civici, è il Lazio, seguito dal Trentino (26,4%) e dall’Umbria (24,8%). Di contro, all’ultimo posto si classifica la Calabria, che pure spiccava per copertura ad almeno 30 Mbps, la quale può contare su appena il 3,7% dei civici raggiunti ad una velocità di almeno 300 Mbps.
Le prospettive di copertura al 2026
Per quanto concerne i dati prospettici al 2026, l’obiettivo finale di tutti i tasselli che compongono la strategia consiste nella copertura completa ad almeno 300 Mbps e fino a 1 Gbps di tutti i numeri civici italiani. Per raggiungere tale ambizioso traguardo – teoricamente 4 anni prima del termine fissato in sede europea – il Governo e gli enti preposti hanno perfezionato una strategia che si compone di 3 gambe:
Il monitoraggio dei civici rimasti fuori dai piani pubblici e privati
In primo luogo, nell’ambito del già citato piano BUL (piano aree bianche), insieme all’intervento portato avanti da Open Fiber, è stato effettuato un ulteriore monitoraggio per individuare i civici presenti nelle suddette aree che sono rimaste fuori dall’intervento pubblico e che, al contempo, non sono state ancora raggiunte, né lo saranno nei prossimi 5 anni, da investimenti privati idonei a garantire una velocità di connessione in download di almeno 300 Mbps. Tali aree saranno oggetto di apposito intervento pubblico per garantire la velocità ad almeno 1 Gbps a completamento del Piano Italia a 1 Giga.
L’intervento privato al 2026
In secondo luogo, i risultati del monitoraggio condotto da Infratel indicano la porzione complessiva di numeri civici che verrà coperta entro il 2026 con la soglia prestazionale richiesta (≥300 Mbps). Nel dettaglio, questi ammontano al 49,7% del totale dei civici italiani. Le regioni con più civici coperti con tali tecnologie saranno la Puglia (68,9%), la Sicilia (62,2%) e il Friuli-Venezia Giulia (57,3%). Di contro, quelle che presenteranno la quota più bassa di civici oltre soglia 300 Mbps – e di conseguenza una maggiore prevalenza di civici in aree a fallimento di mercato – sono la Valle d’Aosta (13,1%) e il Molise (16,2%).
Il piano Italia 1 a Giga
La terza porzione comprende i civici che necessiteranno dell’intervento del Piano Italia 1 Giga, poiché senza l’intervento pubblico non verrebbero coperti, al 2026, con connettività ad almeno 300Mbps. Nello specifico, questi ammontano al 20,9% dei civici totali a livello nazionale. A livello territoriale, la regione che nelle proiezioni presenta la maggiore percentuale di civici in tale intervallo è la Sardegna (52,3%), seguita dalla Calabria (42,8%) e dall’Abruzzo (37,3%). Al contrario, quelle che presentano la percentuale più bassa di civici in questa fascia sono il Molise (5,7%) e il Trentino-Alto Adige (9,3%).
Il ruolo del FWA
Nella pianificazione italiana avranno verosimilmente un ruolo importante anche le tecnologie ibride fisso-mobile. Infatti, le caratteristiche morfologiche del Paese ripropongono ciclicamente il tema dell’opportunità di coprire le zone più impervie in modalità FTTH. In queste situazioni, tecnologie come il Fixed-Wireless-Access possono costituire un buon compromesso tra qualità del servizio, rapidità e contenimento dei costi. Dalle rilevazioni Infratel, nel 2021 i civici “passed” esclusivamente in Fwa con velocità di connessione compresa tra i 100 e i 300 Mbps sono ben il 14,8% del totale dei civici italiani.
Inoltre, si osserva come, nello stesso Piano Aree Bianche, la copertura effettuata in FWA sia progressivamente cresciuta, e come le tecnologie mobili tendano in genere ad evolvere più rapidamente di quelle fisse.
Appare quindi verosimile che, a conti fatti, il fixed-wireless costituisca una tecnologia su cui si continuerà a fare affidamento anche nel medio-lungo termine. Già allo stato attuale, con 1,7 milioni di clienti, le linee Fwa rappresentano quasi il 9% delle connessioni in banda larga e ultralarga totali.
Lo stato attuale e prospettive della copertura di rete mobile
Per quanto concerne lo stato della copertura del Paese in rete 5G, i dati raccolti da Infratel indicano che a maggio 2021 risultava servito circa il 7,3% del territorio nazionale. A livello regionale spiccavano le coperture registrate in Emilia-Romagna, 14,9% dei pixel coperti, e nel Lazio (14,7%), mentre quelle con la quota di copertura più bassa risultavano la Basilicata (0,5%), Trentino (1%) e Valle d’Aosta (1,4%). A livello provinciale, con circa la metà del proprio territorio già coperto, è Milano (49,2%) a guidare la classifica, seguita, con quote di copertura superiori al 40%, da Trieste (46,9%), Napoli (45,3%) e Monza e Brianza (42,1%). Roma occupa il settimo posto con una copertura del 31,3%. Al contrario, agli ultimi posti a livello nazionale per copertura 5G si classificano Potenza (0,2%), Sud Sardegna (0,5%) e Campobasso (0,6%). Osservando le province nel loro insieme si osserva come circa il 70% di esse presenti una percentuale di copertura inferiore al 10%.
Le stime basate sui dati forniti dagli operatori indicano che, al 2026, la copertura 5G realizzata con i soli investimenti arriverà al 94,6% dell’intero territorio italiano. A livello regionale, la proiezione più elevata è quella fatta registrare dalla Puglia, che potrà beneficiare delle reti 5G sul 99,1% del proprio territorio, seguita da altre quattro regioni meridionali, ovvero Basilicata (98,3%), Molise (97,9%), Campania (97,5%) e Sicilia (97,5%).
I nodi ancora da sciogliere
Le scadenze previste dal piano sono estremamente ambiziose e necessitano di uno sforzo di notevole entità da parte di tutti gli attori in campo. In quest’ottica, è utile fare delle considerazioni su alcuni punti salienti.
Un tema di fondamentale importanza riguarda il reperimento di personale qualificato per portare a termine i lavori di infrastrutturazione. Si stima che per raggiungere tutti gli obiettivi compresi nella strategia Bul siano necessari 15mila lavoratori specializzati full time, e che nel complesso di tutti gli interventi previsti dal PNRR manchino 100mila lavorati full time tra manodopera base e specializzata. C’è poi il fattore dell’incremento dei costi, che anche per le telco rischia di essere consistente. Oltre a quello derivante proprio dal lavoro specializzato (in particolare per realizzare i collegamenti di backhauling e radio 5G), che viene stimato in consistente aumento, il costo dell’energia si farà sentire, così come quello delle materie prime e gli oneri per raccogliere i capitali da investire, in virtù dell’innalzamento dei tassi. Rispetto all’energia, inoltre, si osserva come il settore telco attualmente non sia annoverato tra quelli le cui imprese beneficiano degli interventi di supporto; pertanto, appare auspicabile un allargamento del perimetro in tal senso.
Altro aspetto fondamentale riguarda l’inosservanza delle semplificazioni approvate mediante gli omonimi decreti semplificazioni e semplificazioni bis (ampiamente approfondite qui e nello studio condotto da I-Com nell’ambito dell’iniziativa Futur#Lab) in particolare a livello locale e da parte di enti quali Enac, Enav, Arpa etc.. Questi colli di bottiglia, infatti, rischiano di frenare sensibilmente il procedere delle operazioni, impedendo l’accelerazione che si sarebbe generata altrimenti.
C’è poi il tema relativo alla rendicontazione delle opere che, in considerazione di tutti gli aspetti sopracitati, potrebbe verosimilmente slittare nel tempo. A livello tecnico, i bandi prevedono già una possibile procrastinazione fino a 2 anni nel rispetto di alcune condizioni (e potenzialmente del pagamento di alcune penali). A tal proposito, potrebbe essere opportuno lavorare sin d’ora sulla posticipazione di alcune delle scadenze per il fine lavori, ma è evidente che tale procedura necessiti di un coordinamento a livello europeo.
Altro tema di rilievo riguarda le frequenze, in particolare per le infrastrutturazioni realizzate in tecnologia fixed wireless, particolarmente efficaci in termini di costi benefici nella copertura ad alta capacità delle aree rurali. A tal proposito, appare opportuna una politica dello spettro che prenda in carico la definizione delle scadenze e delle future assegnazioni delle frequenze con un congruo anticipo, in modo da consentire agli operatori di programmare gli investimenti necessari a portare a termine le opere di infrastrutturazione in un contesto normativo chiaro, attento alle dinamiche competitive ed ispirato ad una logica di garanzia di un uso efficace ed efficiente delle risorse frequenziali.
Un altro nodo fondamentale riguarda inoltre la domanda di connettività. I dati forniti dall’Osservatorio Trimestrale Agcom mostrano come il numero di abbonamenti broadband sia, paradossalmente, in calo. A livello residenziale risultano ancora meno di 16 milioni di linee attive, mentre le utenze business appaiono in diminuzione rispetto al picco toccato a fine 2019. Per gli operatori, meno clienti equivalgono a minori ricavi e, conseguentemente, minori investimenti. Ragione per cui il piano voucher, seppur in presenza di risultati sinora al di sotto delle attese, non andrebbe accantonato ma rilanciato il prima possibile, in modo maggiormente mirato e pubblicizzato.
Infine, vista la strategicità della nuova tecnologia, appare fondamentale il sostegno della migrazione al 5G. A tal proposito, sebbene permanga ancora qualche forma di scetticismo presso la popolazione, l’analisi delle ricerche web effettuate in Italia negli ultimi da 3 anni (condotta da I-Com in collaborazione con ByTek) mostra come l’impennata dovuta alla crisi Covid abbia determinato un incremento proporzionalmente maggiore delle richieste di informazioni sul nuovo standard, e come la paura dell’inquinamento elettromagnetico in Italia sia inferiore rispetto a quella registrata negli Usa e negli altri grandi paesi europei. Per tali ragioni, potrebbe essere opportuno promuovere una campagna informativa sui vantaggi e sugli effetti reali del 5G, ed una riconsiderazione dell’annosa questione dei limiti elettromagnetici – 10 volte più bassi in Italia rispetto a tutti gli altri paesi europei. Appare infatti possibile che la popolazione possa comprendere i vantaggi di un eventuale innalzamento dei limiti qualora venisse chiaramente spiegato che, sic res stantibus, si determinerebbe la presenza di un numero di antenne maggiore e, conseguentemente, un fattore maggiormente impattante rispetto a quello che scaturirebbe dall’allineamento dei limiti italiani a quello di tutti gli altri paesi europei, inclusi quelli, come la Germania, la Svezia o la Finlandia, particolarmente attenti a questo tipo di tematiche.