Sviluppo delle reti fibra ottica e del 5G, senza più lasciare nessuno indietro e occupandosi dei gangli strategici del sistema Paese: completando il cablaggio della PA (comprese le scuole, ancora molto in ritardo) con servizi a banda ultralarga e tutti i distretti industriali; incentivando la domanda con voucher per connessioni, computer tablet.
Sembra proprio che la politica abbia rimesso al centro questi temi – in verità in mezzo a molti altri – come si evince dal piano governativo illustrato a Stati Generali nel weekend (e forse oggetto di norme nella prossima legge di Bilancio); come anche dal piano Colao, ossia della task force di esperti per l’emergenza, nei giorni scorsi presentato al premier.
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Infrastrutturazione in fibra ottica del Paese
Di fondo c’è l’idea che bisogna accelerare, riprendere in mano alcuni dossier e meglio finalizzarli.
Il Piano Fibra Nazionale sollecitato nel documento di Colao rafforza di fatto l’impegno sul Piano Nazionale Banda Ultra Larga (in corso di elaborazione nell’ambito del COBUL), spingendo al suo completamento. Il Piano Nazionale per la Banda Ultra Larga (che in verità non parla di “fibra” ma comunque di velocità superiori a 100 Mega, fino ad 1 Gbps) ha finora avuto, come noto, una declinazione attuativa solo per le aree bianche. Il Piano Aree Bianche prevede peraltro non solo la fibra, bensì un mix di interventi FTTH e FWA (per le aree più remote e disperse). Il documento di Colao ci spinge ad affrontare due aspetti del Piano BUL fino ad ora rimasti irrisolti.
Il primo aspetto è far partire il Piano Aree Grigie, per il quale suggerisce di estendere a queste aree il modello utilizzato per le aree bianche, e cioè la realizzazione di una rete wholesale a disposizione di tutti gli operatori, che presumibilmente nelle aree grigie dovrebbe essere interamente in fibra ottica; questa è sicuramente una delle ipotesi in campo, anche se la scelta rispetto ad altri possibili modelli va poi argomentata di fronte alla Commissione Europea.
Il secondo aspetto che il piano rilancio indirizza è la risoluzione della problematica delle aree bianche residue, e cioè di quelle aree che, all’epoca della definizione del Piano, gli operatori avevano dichiarato come coperte nei 3 anni successivi ma, non avendo poi gli operatori onorato quella previsione, si trovano ad essere di fatto “aree bianche”, senza prospettiva di copertura essendo state escluse dagli interventi affidati al concessionario. Il documento Colao suggerisce di rendere cogenti quegli impegni (con sanzioni in caso di inadempienza), oppure di permettere allo Stato di intervenire anche in presenza di impegni di copertura non cogenti. Il tema ha risvolti giuridici non banali, ma in effetti rappresenta in questo momento una problematica non risolta che va finalmente affrontata.
Infine, un altro aspetto importante che il piano sottolinea è relativo alla burocrazia e al processo di semplificazione degli iter amministrativi. Un sistema di autocertificazioni consentirebbe di agevolare i procedimenti amministrativi e quindi di velocizzare l’installazione delle reti a banda ultralarga sul territorio.
Il piano di Conte a Stati Generali sottolinea anche il ruolo di voucher per famiglie e imprese, parla di una “rete unica” per le aree bianche e nelle aree rurali per sviluppare l’Agricoltura 4.0.
Il cablaggio della Pubblica Amministrazione
La disponibilità di accessi ultraveloci per il collegamento a Internet delle sedi degli enti della Pubblica Amministrazione, locale e centrale, è uno snodo cruciale nello scenario della “nuova normalità”.
La PA è infatti un interlocutore di primaria importanza per cittadini e aziende e i suoi servizi non possono subire interruzioni o un decadimento nella qualità a causa delle nuove restrizioni all’erogazione diretta.
Migliorare lo stato di digitalizzazione della PA è un punto fondamentale del processo di innovazione del Pese, ma richiede l’esistenza di un’infrastruttura molto performante a livello di connettività, che supporti le nuove piattaforme ICT da utilizzare in ambito pubblico, sia nel front end sia nel back office.
È quindi fondamentale l’accelerazione del cablaggio delle sedi degli enti pubblici verso un accesso capillarmente diffuso alla connettività a banda ultralarga. Sotto questo aspetto il quadro attuale rappresentato dall’Istat è poco incoraggiante: il 41% delle PA locali (che rappresentano l’interfaccia sul territorio per la fruizione di un numero molto elevato di servizi e prestazioni, anche essenziali) accede a Internet con connessioni veloci (almeno 30 Mbps), solo il 17,4% con quelle ultraveloci (almeno 100 Mbps).
Affrontare la carenza di banda ultralarga è quindi un punto fondamentale della ripartenza, tenendo ovviamente conto delle opportunità in essere e/o in corso di definizione. Tra le prime vi sono innanzi tutto le convenzioni in essere, a cominciare dal Sistema Pubblico di Connettività (Convenzione Consip SPC) che rappresenta la piattaforma di riferimento per l’accesso ai servizi di connessione degli enti pubblici, all’interno della quale rientra anche la possibilità di acquistare servizi di connessione molto performanti, sia su rete fissa sia wireless.
Lo sviluppo delle reti 5G
Una delle caratteristiche differenzianti della tecnologia 5G, rispetto alle precedenti tecnologie mobili, è l’utilizzo di bande frequenziali differenti rispetto a quelle comunemente utilizzate dal 3G e del 4G.
Il 5G, infatti, si basa su frequenze più elevate, che hanno dei poteri di propagazione più limitati, e quindi il mantenimento degli attuali limiti di inquinamento elettromagnetico implica che una copertura 5G nazionale richiederà un numero molto più elevato di base station.
Sembra un’equazione senza risultati: bassi limiti di inquinamento, più stazioni radio base diffuse sul territorio. Aumentare i limiti elettromagnetici, come dichiarato nel piano per il rilancio e come già accade nel resto dei principali paesi europei, è la strada principale per evitare da una parte un dispendio di risorse da parte del sistema, dall’altra parte per evitare di rallentare la diffusione di una rete che, come detto prima, rappresenta una alternativa valida per tutte le famiglie non coperte attualmente dalla fibra e per la diffusione di nuovi servizi innovativi in ambito sanità, industria, public safety, ecc.
Da un punto di vista tecnologico, inoltre, stanno maturando velocemente anche tutte quelle tecnologie che permettono di avere un’unica antenna (e intelligenza correlata) capace di gestire contemporaneamente le frequenze di tutti gli operatori mobili in ottica di Neutral Host.
Probabilmente il binomio tra aumento dei limiti dei campi elettromagnetici, e un incentivo all’utilizzo di queste tecnologie di sharing attivo, potrebbe dare un forte incentivo allo sviluppo del settore e alla rapida diffusione dei servizi 5G.
Chiudere il nuovo digital divide
Il rischio del digital divide c’è e si ripropone ogni qual volta una nuova tecnologia a maggiori performance di banda si presenta sul mercato e necessità di investimenti importanti per renderla disponibile a tutti. Abbiamo vissuto il digital divide per l’ADSL, per il VDSL e oggi si ripropone per l’FTTH. Molti dei gap precedenti gli abbiamo chiusi, mentre per l’FTTH siamo agli inizi e a fine anno le persone in digital divide da FTTH erano più di quaranta milioni. Oggi però, a differenza di 10 anni fa, possiamo contare anche su altre tecnologie di più veloce realizzazione che possono fornire performance elevate e sopperire alla fibra fino a quando questa non sarà disponibile per tutta la popolazione. Parliamo dell’FWA, della rete mobile e in alcune città già oggi anche di 5G.
Il Piano Voucher per la BUL del valore di 1,1 miliardi di euro prevede già al suo interno una quota riservata alle famiglie meno abbienti, che finanzierebbe non solo la connettività, ma anche gli strumenti (PC/Tablet) per effettuare smart working e didattica a distanza. È proprio questa quota che partirebbe per prima, per aiutare la ripartenza post-COVID di scuole e imprese.
C’è anche un altro tipo di digital divide da chiudere, ed è quello dell’alfabetizzazione digitale, che in Italia è presente non solo tra le famiglie italiane (più di una famiglia su due, tra quelle senza connessione, non ha internet perché non sa utilizzarlo), ma anche nelle piccole imprese sotto i 10 addetti (1/5 delle piccole imprese non hanno un PC in ufficio/negozio/azienda). La formazione e l’inclusione digitale delle fasce di popolazione meno acculturate e più anziane saranno degli ulteriori capitoli su cui investire.