l'analisi

Banda ultralarga, il cantiere delle aree bianche: come evitare l’effetto “cattedrale nel deserto”

La relazione di avanzamento messa a disposizione da Infratel consente di fare un punto sulle aree bianche, di comprendere le difficoltà tuttora presenti, ma anche di fare qualche considerazione sulle priorità per valorizzare un’infrastruttura che rimane strategica

Pubblicato il 27 Apr 2023

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Il dibattito sul processo di infrastrutturazione delle comunicazioni elettroniche ritorna ciclicamente sulle aree cosiddette “bianche”, identificate ormai nel lontano 2016 (con aggiornamenti successivi) come quelle che erano a “fallimento” di mercato in quanto non oggetto di previsioni di infrastrutturazione per la banda ultralarga da parte degli operatori privati.

Per questo motivo, la strategia governativa ha previsto la costruzione di un’infrastruttura pubblica affidata ad un concessionario (Open Fiber) responsabile della progettazione, realizzazione e gestione della rete.

Banda ultralarga: come procede il Piano Aree Bianche, le sfide e i prossimi step

Insieme agli interventi degli operatori privati (nell’ambito di propri piani nelle aree “nere” o dei nuovi progetti pubblici per le aree “grigie”) sono state poste le basi per la rincorsa dell’Italia nelle reti Very High Capacity Network (VHCN) che dovranno garantire livelli prestazionali dell’ordine del Gigabit al secondo entro la fine del decennio secondo gli obiettivi del Digital Compass europeo.

In particolare, secondo gli ultimi dati presentati dall’FTTH Forum riferiti a settembre 2022, in Italia la copertura delle reti FTTH/B ha ormai superato la media europea e il 56% delle abitazioni è raggiunto dalle reti in fibra fino a casa degli utenti finali. La copertura dell’Italia è oggi superiore a quella di grandi Paesi come Regno Unito (42%) e Germania (24%).

Per quanto riguarda le aree bianche, la dettagliata relazione mensile di avanzamento messa a disposizione da Infratel consente di fare un punto, di comprendere le difficoltà tuttora presenti, ma anche di fare qualche considerazione sulle priorità per valorizzare un’infrastruttura che rimane strategica. Paradossalmente, l’Italia beneficia del vantaggio di aver iniziato prima di molti altri Paesi a finanziare reti VHCN anche nelle aree più remote e il completamento del Piano aree bianche, unitamente al nuovo progetto nelle aree grigie può effettivamente consentire di completare la rincorsa nei prossimi 3-5 anni.

Gli obiettivi del 2016 e l’avanzamento del progetto

Tra il 2017 (le prime due) e il 2019 (la terza, di minore dimensione) sono state aggiudicate le tre gare per la realizzazione delle nuove infrastrutture a banda ultralarga nelle aree bianche, che dovevano essere completate entro tre anni.

L’obiettivo era di coprire oltre 9,6 milioni di unità immobiliari in 7.632 comuni, con una base d’asta di oltre 2,7 miliardi di euro, per il 29% con servizi over 100 Mbps, il 57% over 30 Mbps, mentre la quota rimanente era costituita dalle unità immobiliari più remote e rese facoltative, da coprire ad almeno 30 Mbps. L’aggiudicazione è avvenuta per poco meno di 1,6 miliardi di euro, vale a dire uno sconto di oltre il 40%, per realizzare una copertura pressoché totale (meno di 70.000 unità immobiliari escluse) e livelli prestazionali molto ambiziosi: 83% over 100 Mbps (FTTH) e 17% over 30 Mbps (FWA). Nel corso dell’esecuzione il progetto è stato rimodulato in base allo stato di fatto rilevato e le unità immobiliari effettivamente oggetto dell’intervento per completare la copertura sono scese a 8,7 milioni.

L’avanzamento del progetto al 31 marzo 2023

Dall’ultimo report Infratel disponibile (marzo 2023) emerge come le unità immobiliari commercializzabili sono ancora meno di 5 milioni (4,7 milioni, 67% FTTH e 33% FWA), con un incremento di 312 mila unità immobiliari nell’ultimo trimestre.

I progetti definitivi sono sostanzialmente stati completati e approvati per i 6.232 comuni FTTH e i 7.115 comuni FWA. La progettazione esecutiva è stata avviata a partire da giugno 2018 e i progetti approvati sono il 77% di quelli previsti per l’FTTH e il 67% per quelli FWA. Una volta approvati i progetti esecutivi con i relativi permessi, Infratel emette gli Ordini di Esecuzione (ODE) e possono essere aperti i cantieri. Su 8.964 ODE FTTH e 3.079 FWA ne sono stati completati, ad oggi, rispettivamente, il 74% e il 94%. Complessivamente, a fronte di un valore di lavori previsti di circa 2,6 miliardi di euro sono stati avviati cantieri per 2,3 miliardi. Il processo si chiude con i collaudi, che sono possibili solo quando sono state completate tutte le componenti di rete previste in un comune. Per questo motivo gli impianti FTTH con collaudi positivi sono ancora 4.504 (su 5.227 collaudabili) e quelli FWA 1.155 su 1.379.

Il dato però più interessante per capire come arrivare al completamento del progetto è la ripartizione delle unità immobiliari a seconda della fase in cui si trovano. A fronte delle 6,4 milioni di unità immobiliari FTTH pianificate, 2,6 milioni sono state collaudate (40%), 0,4 milioni sono in fase di collaudo (6%), 2,7 milioni in lavorazione (42%) e le rimanenti 0,8 milioni nelle fasi di progettazione (13%).

Infine, i ritardi accumulati hanno portato alla contestazione di quasi 49 milioni di euro di penali al concessionario.

Il nodo del take-up

Come emerge anche dai dati dell’FTTH Forum, le cose si complicano quando si passa all’esame del take-up dei servizi FTTH/B. Il valore del take-up rispetto alle abitazioni passate passa dal 22% dell’Italia, al 27% e 29% di, rispettivamente, Regno Unito e Germania, ma sale addirittura al 72% della Francia e all’84% della Spagna.

Le Linee Guida Ue 2023 per la banda larga: ecco cosa cambia per l’Italia

La situazione è però molto più critica nelle aree bianche. A marzo 2023 i servizi sono attivi in 4.980 comuni e sono 211 gli operatori che hanno richiesto l’attivazione. Sfortunatamente, gli ordini complessivi sono stati pari solo a 216 mila unità e i clienti finali attivi sono 135.764 (2,9% delle unità immobiliari commercializzabili, ma in larghissima maggioranza FTTH). Sul totale degli ordini, il 63% sono stati attivati, mentre il 28% sono andati in KO e il rimanente 9% sono in lavorazione. La maggior parte dei KO è dovuta a rifiuti dei clienti, successivi all’ordine, ed in particolare in fase di appuntamento con i tecnici per l’intervento a casa cliente o addirittura in fase di esecuzione dello stesso intervento. Altra importante causa di KO è la bassa qualità della toponomastica locale che presenta un’alta percentuale di indirizzi senza numero civico (10%).

Le priorità per le aree bianche

In conclusione, per evitare la sindrome della “cattedrale nel deserto” e valorizzare un’infrastruttura pubblica strategica le priorità sono ovviamente due.

La prima priorità, scontata, è quella di completare al più presto i cantieri. Al di là delle motivazioni dei ritardi, che meriterebbero un capitolo a sé stante per evitare che si ripetano nei nuovi progetti, senza un’accelerazione ulteriore nelle unità immobiliari trimestrali servirebbero ancora molti anni per arrivare al traguardo. Per fortuna, lo stato dei progetti esecutivi e il numero dei cantieri aperti consentono di ipotizzare un’ulteriore accelerazione. L’auspicio è che il piano possa effettivamente concludersi nel 2024, ma rimane sfidante.

La seconda priorità riguarda il take-up. Nelle aree bianche, il take-up trova un’ulteriore difficoltà legata in particolare alle condizioni economiche all’ingrosso e al dettaglio, che rimangono sensibilmente differenti rispetto alle altre aree. Di fatto, finora, la maggior parte dei grandi operatori non ha commercializzato i servizi nelle aree bianche, oppure lo ha fatto con poca determinazione.

I recenti annunci riguardanti i prezzi richiesti dal concessionario per i servizi all’ingrosso (da ricordare come le condizioni economiche massime erano state fissate dall’Agcom all’epoca della gara) possono incentivare un maggiore coinvolgimento degli operatori, ma servono condizioni sempre più allineate, in termini di full cost, con quelle delle altre aree territoriali. Inoltre, è sempre più chiaro come anche le misure di stimolo alla domanda, a cominciare dai voucher, richiedono una maggiore considerazione delle specificità delle aree bianche, in particolare per quanto riguarda i costi di allaccio. In caso contrario si creeranno nuove forme di digital divide, nonostante investimenti miliardari.

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