Se vogliamo dare davvero la banda ultralarga a tutti gli italiani e assicurare il futuro del 5G, l’Italia deve risolvere al più presto i problemi burocratici che stanno frenando i lavori, tra giungle di permessi degli enti e norme disattese.
La disponibilità sull’intero territorio nazionale di una infrastruttura di telecomunicazioni fisse a banda ultralarga in grado di supportare tutte le tecnologie di accesso, è la piattaforma abilitante della trasformazione digitale e del 5G. Anche se, dunque, tutti parlano degli introiti eccezionali dell’asta per l’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze per il 5G, cercheremo qui di concentrarci sulle condizioni – in primis normative – che potrebbero semplificare lo sviluppo di una rete in fibra ottica sull’intero territorio nazionale e sulle criticità che rendono ardua la sfida.
Questo indispensabile complemento infrastrutturale è necessario non solo per garantire il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana ed europea e preparare il Paese alla Gigabit society, ma anche per assicurare il backhauling (i collegamenti intermedi tra la dorsale e le sottoreti locali come gli impianti per telecomunicazioni wireless) per gli impianti wireless 5G.
Fin dal suo insediamento il vicepremier e ministro dello Sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali Luigi Di Maio ha precisato che “Il Governo proseguirà il percorso di potenziamento delle infrastrutture di rete, continuando gli investimenti nel piano banda ultralarga e 5G”. Questo è un orientamento sicuramente condivisibile, per cui è bene considerare che progressi e ritardi del processo di infrastrutturazione chiamano direttamente in causa anche la normativa e la sua applicazione sul campo.
Il quadro normativo vigente
Avere un contesto regolatorio favorevole allo sviluppo delle nuove reti è fondamentale per incentivare gli investimenti e assicurarne il ritorno, nonché per perseguire il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal piano del Governo.
In questi anni si sono succeduti diversi interventi legislativi, dal Codice delle Comunicazioni Elettroniche al Crescita 2.0, ai vari decreti “Sviluppo” e – da ultimo – al “decreto fibra”, che formano il quadro normativo vigente per la messa in opera delle reti in fibra ottica. Obiettivi: la semplificazione amministrativa e burocratica, la riduzione dei tempi di rilascio, l’omogeneizzazione sul territorio delle prassi autorizzative, il contenimento degli oneri a carico degli operatori.
Particolarmente rilevante è stata l’emanazione nel 2016 del Decreto Legislativo noto come “Decreto Fibra” con cui è stata recepita la Direttiva 2014/61/UE recante “misure volte a ridurre i costi dell’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità”.
La norma ha:
- dettato i tempi entro cui contenere le varie fasi autorizzative;
- chiarito le competenze e le tempistiche per giungere alla rapida risoluzione di eventuali controversie;
- consentito l’uso di tecniche e materiali innovativi per la messa in opera della fibra (mini e micro-trincee);
- stabilito definitivamente che gli impianti di telecomunicazioni sono soggetti alle sole tassazioni quali TOSAP e COSAP, chiarendo che non possono quindi essere richiesti tributi o canoni di altra natura.
Inoltre, è stato introdotto il Sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture (SINFI), in cui le amministrazioni proprietarie e i gestori di infrastrutture fisiche funzionali a ospitare reti di telecomunicazione sono obbligati a conferire dati territoriali elaborabili elettronicamente e geo-referenziati. In questo modo si va a costituire un data base unico di tutte le infrastrutture disponibili nel Paese, di sopra e sotto suolo, che possono quindi essere oggetto di programmi e di richieste di condivisione.
La giungla dei permessi
I protagonisti dell’applicazione delle norme sul territorio sono in primis i Comuni che, come sottolinea l’Anci, “hanno un ruolo decisivo nella semplificazione nella concessione delle autorizzazioni, nella programmazione e coordinamento dei cantieri, nelle prescrizioni sulle modalità di scavo per la posa della fibra ottica, nella messa a disposizione di proprie infrastrutture e in generale dei dati sulle infrastrutture di rete idonee a ospitare fibra ottica”. Anche Regioni, Province, Sovraintendenze, Autorità di bacino e tutti gli Enti che hanno concessioni stradali come Anas e le reti ferroviarie hanno voce in capitolo, a diverso titolo e peso, sugli iter autorizzativi delle opere. Per avere una dimensione del problema, basti pensare che per ciascuno dei 6.753 Comuni interessati dai bandi Infratel si stima il coinvolgimento di una media di 4,3 enti e di 7,3 autorizzazioni, per un totale di circa 50.000 richieste di permessi. Per l’intero territorio nazionale la previsione è di circa 250.000 permessi l’anno.
A questo punto è lecito chiedersi se gli sforzi degli investitori pubblici e privati siano accompagnati da altrettanti sforzi per facilitare la messa in opera delle infrastrutture da parte delle amministrazioni locali oggetto degli interventi.
Purtroppo, la risposta è non sempre e non ovunque.
Criticità procedurali e norme disattese
Ogni ente locale interpreta la normativa a proprio uso e consumo e gli operatori nazionali sono costretti a confrontarsi con interpretazioni, prassi, comportamenti e costi difformi sul territorio, anche significativamente.
Nel merito, le criticità procedurali che ancora ritardano il processo di infrastrutturazione sono principalmente dovute al fatto che le medesime norme sono applicate in modo diverso da ciascun attore chiamato all’implementazione e alcune sono disattese: è questo il caso della disciplina sugli scavi, come quella per accedere ai condomini nelle zone di sviluppo della rete a banda ultralarga FTTH.
Per le operazioni di scavo, non sempre viene privilegiato l’impiego diffuso della minitrincea e delle altre tecniche di scavo non invasive, per lo più a causa di una non corretta informazione sulle nuove tecnologie; le operazioni di scavo tradizionale vengono poi autorizzate solo a seguito di rassicurazioni sul rifacimento totale del manto stradale, che non è dovuto, ma diventa oggetto di lunghe negoziazioni, con conseguenti pratiche rallentate, lavori più impegnativi, oneri superiori ai budget.
Anche il diritto di entrare nei condomini per completare il roll-out della rete FTTH resta lettera morta in mancanza di una condivisione dello spirito oltre che del dettato della norma da parte dei soggetti interessati.
L’eventuale ricorso a vie legali non è una soluzione percorribile, in quanto conduce ad un’eccessiva dilazione nell’ottenimento delle autorizzazioni richieste e a una situazione di non accettazione dell’intervento che rischia di avere effetti controproducenti.
Anche le carenze organizzative negli uffici pubblici incidono sui tempi e sugli oneri di realizzazione della rete. Da un lato, all’interno delle amministrazioni, i ritardi o le lacune nel processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione costituiscono inevitabilmente un ostacolo ad un rapporto efficiente e rapido con gli Operatori di mercato; dall’altro, per interventi che interessano aree più ampie del singolo comune, l’applicazione non uniforme dello strumento comporta incertezze rispetto alla previsione delle tempistiche necessarie per l’ottenimento dei permessi.
Si registra in questi giorni, la promessa di Mirella Liuzzi (M5S) di inserire in Manovra 2019 semplificazioni per la posa della fibra ottica.
Il funzionamento dei Suap e del Sinfi
Negli ultimi tempi, inoltre, è emersa una ulteriore criticità legata al funzionamento dei Suap (Sportello Unico Attività Produttive) di cui si sono dotati diversi Comuni quale portale telematico per il rilascio delle autorizzazioni, ivi comprese quelle necessarie per la realizzazione degli impianti di comunicazione elettronica. In particolare, gli operatori riscontrano la mancata disponibilità presso i Suap di modulistiche e procedure coerenti con gli iter previsti dalle Codice per le comunicazioni elettroniche. Difficoltà che si aggravano a fronte del fatto che la scarsa diffusione di Spid presso le amministrazioni locali, costringe gli operatori ad affrontare per ciascun sito differenti modalità di registrazione, identificazione, ricerca e reperimento di documenti e moduli.
Il ruolo degli enti locali è determinante anche per l’efficacia di uno degli interventi più rilevanti previsti dal decreto legislativo n.33 del 2016 per ridurre i costi di posa della rete a banda ultralarga: il Sinfi (sistema informativo nazionale federato delle infrastrutture), nato per promuovere la condivisione delle infrastrutture passive grazie alla raccolta delle informazioni rilevanti in un unico Sistema informativo. Nonostante siano passati due anni dalla sua istituzione, il Sinfi non è ancora in grado di rilasciare agli operatori quell’utilità per cui è stato introdotto (anche se su questo si recepisce il recente impegno di Di Maio a sbloccare il Sinfi, con sanzioni per chi non aderisce, Ndr.). Infatti, sebbene la stragrande maggioranza degli operatori di telecomunicazioni abbia provveduto a conferire alla nuova piattaforma i dati sulle rispettive infrastrutture e nonostante l’impegno della struttura di Infratel, incaricata della sua realizzazione, ad oggi sono stati raccolti i dati di 268 operatori tra telecomunicazioni e altre utilities, su un totale di Operatori obbligati pari a 1073; data la diversa dimensione degli operatori interessati, le informazioni presenti nel Sinfi sono relative a circa la metà delle infrastrutture potenzialmente riutilizzabili per la posa della rete di telecomunicazioni.
La (non) interoperabilità tra Sinfi e catasti delle infrastrutture
Ciò priva il Paese di una piattaforma nata con l’importante obiettivo di consentire la condivisione delle informazioni per l’utilizzo delle infrastrutture esistenti – in primis delle utility – e il coordinamento degli scavi e delle opere civili. Inoltre, permangono problemi di mancato coordinamento e interoperabilità tra il Sinfi e i catasti delle infrastrutture presenti a livello locale, con la conseguenza di obbligare gli Operatori a molteplici conferimenti, così disapplicando il principio del “once only” alla base del Sinfi.
Dunque, velocità ed efficienza del processo di infrastrutturazione del Paese con reti a banda ultralarga dipendono in larga misura anche dalle decisioni e dall’azione delle amministrazioni pubbliche locali. Quelle amministrazioni che individuano nelle reti avanzate di telecomunicazione un’opportunità di sviluppo del proprio territorio stanno dimostrando che sono in grado di superare difficoltà e complessità in modo intelligente e rapido e in questo senso vi sono molte Amministrazioni virtuose. La sfida che il sistema Paese deve vincere è il superamento dell’attuale geografia di rete a macchia di leopardo, per rendere l’intero territorio italiano una piattaforma interconnessa di reti avanzate di telecomunicazione e per vincere tale sfida è necessaria un’opera di sostegno e semplificazione da parte del Governo e di accompagnamento consapevole da parte degli Enti locali.