L’Italia è un Paese che sul fronte infrastrutturale, nell’ambito specifico delle telecomunicazioni per il traffico su Internet, si contraddistingue per una marcata disomogeneità in termini di copertura.
Di seguito una breve disamina delle principali azioni in corso per la diffusione della connettività a livello nazionale.
Il Piano banda ultralarga (Bul) per le aree bianche
Cominciamo con il Piano banda ultra larga (Bul) per le aree bianche del Paese: si tratta di un intervento ideato nel 2015 per la realizzazione di una rete di proprietà pubblica, da dare in concessione al realizzatore per la gestione e la messa a disposizione degli operatori di Tlc per commercializzare servizi di connettività ad elevata velocità nelle aree a fallimento di mercato, ovvero dove gli operatori di Tlc non hanno interesse ad investire in reti per la Bul.
Il piano ha visto terminare le prime gare nel 2017 e avviarne i lavori nel 2018 e rappresenta l’azione più decisa ed economicamente consistente mai avviata nel settore delle Tlc: oltre tre miliardi di euro tra risorse nazionale e delle Regioni e Province Autonome, per quasi 6.400.000 unità immobiliari interessate in oltre 6.200 Comuni. Una best practice a livello europeo.
La fase di attuazione sconta, però, rilevanti ritardi sulla tabella di marcia, procedurali, burocratici ed esecutivi. A oggi l’attuale aggiudicatario/concessionario dei bandi di gara ha predisposto le pianificazioni per il 2021 in termini di cantieri da aprire in tutta Italia, più di 2mila, e per l’avvio della commercializzazione in quei comuni già completati e quindi con reti messe a disposizione del mercato. Il Piano Bul per le aree bianche dovrebbe così completarsi nel 2023, con lavori finiti nella maggior parte delle regioni nel 2022.
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La copertura delle aree grigie
Oltre alla copertura alle aree bianche, il piano prevede di dare copertura alle cosiddette “aree grigie”, “terre di mezzo” tra le grandi città e le zone più remote del Paese che contano un elevato numero di imprese e famiglie residenti, che dispongono di servizi di rete assolutamente non performanti. Per queste aree sono in fase di definizione interventi mirati per stimolare gli investimenti privati e, al contempo, si sta cercando di convincere l’Europa della necessità di riclassificare le aree in funzione di presenza o assenza di offerte di connettività pari ad 1 gigabit. Se questa nuova classificazione fosse accettata molte aree potrebbero risultare oggettivamente a fallimento di mercato e quindi abilitare investimenti pubblici massivi.
L’Italia divisa tra “gigabit” e “minibit” society
Nel nostro Paese abbiamo da una parte quella che ambisce a entrare in quella che l’Europa definisce la “Gigabit Society”, obiettivo a cui devono tendere tutti i Paesi entro fine 2021: connettività ad 1 Giga (1.000Mb) a casa come in ufficio, a scuola, nelle Pubbliche amministrazioni, nelle aziende che utilizzano tecnologie 4.0, un orizzonte in cui i punti wi-fi pubblici sono collegati in fibra ottica e le reti mobili di nuova generazione abilitano nuovi servizi.
Dall’altra parte c’è quella che può essere definita la “Minibit Society”, in cui il collegamento da casa come dal lavoro è difficoltoso, in cui le imprese perdono competitività in quanto “sconnesse” dalla filiera clienti-fornitori-mercati, in cui le scuole sono digitalmente isolate e la rete mobile, in molti casi, è l’unica soluzione per scambiare dati e informazioni, o anche solo per comunicare. Anche se tra questi due estremi vi sono una vasta gamma di declinazioni, i territori italiani per forza di cose tendono a suddividersi tra queste due tipologie, quelli connessi e quelli in digital divide, ovvero non connessi ad un livello adeguato.
Le risorse del PNRR
Ad oggi, facendo riferimento alla bozza redatta dal Governo Conte bis, le risorse nel Piano nazionale di riprese e resilienza (Pnrr) destinate per Banda Ultra Larga e connessioni veloci (VHCN) ammontano solo a 3,3 miliardi di euro e sono indicate come principali linee di progetto il completamento del Piano Bul, la completa copertura in fibra ottica di realtà pubbliche ritenute prioritarie (scuole, sanità, beni culturali), il potenziamento del 5G (rete, servizi e sicurezza). Sarebbe auspicabile che nella revisione del PNRR il nuovo Governo Draghi aumentasse le risorse finanziarie da dedicare ad interventi infrastrutturali, questo operando contemporaneamente sul livello regolamentare europeo affinché l’intervento diretto del pubblico possa essere più pervasivo e ampio superando gli attuali vincoli. Chiaramente si intende un intervento con risorse pubbliche che garantisca neutralità tecnologica e parità di condizioni per tutti gli operatori di telecomunicazioni.
Sarebbe da ultimo auspicabile che il Governo italiano si facesse promotore del riconoscimento della connessione a Internet quale servizio universale e quindi in sostanza avviare una sostanziale riflessione sul “diritto all’accesso alla Rete” che oggi più che mai è condizione necessaria per garantire alla popolazione diritti fondamentali come quello al lavoro, alla salute e all’istruzione.
Da ultimo, sono da evidenziare due misure a sostegno della connettività decise in piena emergenza Covid-19 e attualmente in corso di realizzazione:
- il collegamento ad 1 gigabit di oltre 32mila edifici scolastici, tra scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado, alla cui realizzazione sono stati destinati 400 milioni di euro;
- il finanziamento di voucher per incentivare la domanda di connettività destinati a famiglie e imprese per un importo complessivo di 1 miliardo e 150 milioni di euro.
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Conclusioni
Con la pandemia sono evoluti anche i fabbisogni in termini di connettività di imprese, famiglie e istituzioni e la distinzione tra essere in digital divide e non esserlo è poter disporre di un collegamento misurabile in gigabit. La pandemia ha però anche portato la consapevolezza dell’utilità dei molteplici servizi digitali fruibili via Internet e forzato un apprendimento esperienziale, basato sulla necessità, trasportando sul web milioni di persone.
Se i dati Istat del 2019 vedevano oltre il 25% delle famiglie dichiarare che Internet non era utile e più del 56% ammettere che nessuno sapeva come usarla è ragionevole attendersi che le prossime rilevazioni stravolgeranno queste considerazioni. È oggi indubbio asserire che tra le infrastrutture prioritarie per il Paese rientra la disponibilità di una o più reti di trasmissioni dati ad alta velocità.
Gli interventi che abbiamo descritto sono accomunati dall’esigenza di garantire rapidità di azione e di risultati per annullare quanto prima il divide tra chi è nella Gigabit e chi nella Minibit society e consentire a tutte le aree del Paese di poter fruire di pari opportunità di accesso al digitale.