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Banda ultralarga nelle scuole: perché è ora di una strategia nazionale

Infrastrutture e competenze digitali sono essenziali per le scuole italiane. A oggi, però, persiste una situazione a macchia di leopardo, legata a progetti su base metropolitana, provinciale o regionale o anche all’iniziativa individuale di alcune scuole. Ecco perchè non si può più rinviare una strategia nazionale

Pubblicato il 21 Lug 2017

Claudia Battista

coordinatore Dipartimento Network GARR

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Registro elettronico, BYOD (bring your own device), strumenti collaborativi, e-learning, internazionalizzazione sono alcune delle parole chiave della nuova scuola che, non senza fatica, sta pian piano prendendo forma anche nel nostro Paese. Da oltre 10 anni, GARR lavora per estendere i collegamenti ad alta capacità della rete dell’università e della ricerca anche alle scuole.

Una sfida di grandissima portata sia per i numeri in gioco, sia per le limitate risorse economiche a disposizione delle scuole, ma soprattutto perché il nostro Paese soffre ancora oggi di un serio divario digitale. Non parliamo tanto di differenze tra Nord e Sud, che sono perlopiù superate se pensiamo alla situazione delle principali città del Meridione, quanto tra città e provincia. Il territorio nazionale, con la sua complessa orografia e la sparsa urbanizzazione non è d’aiuto e solo ora cominciano a concretizzarsi quegli interventi strutturali che avrebbero potuto controbilanciare queste difficoltà, nella forma del piano Infratel per le cosiddette “aree bianche”. In Italia abbiamo ben pochi esempi di reti pubbliche che coprano il territorio a livello molto capillare risolvendo il problema dell’ultimo miglio in modo accessibile anche a istituzioni relativamente piccole e finanziariamente poco dotate come le scuole. In altri Paesi, come il Regno Unito, la situazione è ben diversa: sono le reti regionali a prendere in carico il collegamento delle scuole e quindi realizzare una rete nazionale per l’istruzione è principalmente questione di creare dei meccanismi di raccolta a livello di dorsale, mentre restano più risorse per offrire servizi di cui le scuole hanno bisogno, dalla sicurezza alla videoconferenza HD.

Mancando le infrastrutture capaci di raccordare il collegamento delle migliaia di scuole presenti sul territorio, oggi siamo ancora lontanissimi dall’obiettivo di avere una rete dedicata all’istruzione, anche solo a livello di scuole superiori che sarebbero le prime a beneficiare del collegamento anche per avere una maggiore vicinanza con il mondo dell’università.

Università, comuni e buona volontà

Sul territorio nazionale, vi è oggi una situazione a macchia di leopardo, legata a decine di progetti su base metropolitana, provinciale o regionale o anche all’iniziativa individuale di alcune scuole. Si tratta di una serie di esperienze virtuose che ci danno l’idea dei modelli da seguire e anche delle possibili applicazioni di questa nuova connettività e di come possano influire sulla didattica e sul modo di vivere la scuola.

A Udine, Urbino, Pisa, Como, Cassino, Genova, sono le università presenti sul territorio, che dispongono di MAN (Metropolitan Area Network) più o meno estese, a collegare attraverso di esse alcune scuole sulla base di accordi specifici; a Trieste e Firenze la situazione è analoga, ma la MAN è gestita da tutti gli enti di ricerca presenti sul territorio nel primo caso e dal Comune in collaborazione con l’Università nel secondo. A Torino, il Comune e CSP hanno realizzato il collegamento di una decina di scuole, con accessi da 20 a 100 Mbps, quando possibile in fibra ottica. Alcune scuole situate in zone più disagiate dal punto di vista della connettività sono inoltre autonomamente collegate attraverso WISP (Wireless Internet Service Provider) locali, per quanto evidentemente questo genere di tecnologia abbia dei limiti rispetto alla fibra. Sulla scorta del successo di questa iniziativa, ora si sta ragionando su come estenderla ad altri istituti e al resto della regione.

Queste esperienze hanno portato al collegamento, per lo più in fibra, di un numero variabile di scuole, da poche unità a qualche decina. In questo genere di collaborazione, GARR si occupa di far transitare il traffico sulla sua rete. In alcune occasioni il transito viene inizialmente offerto a titolo gratuito per i primi anni come forma di incentivo e solo in seguito la scuola paga un canone.

Un’altra esperienza virtuosa è stata quella del progetto GARR-X Progress, che, grazie ad un finanziamento del MIUR, ha dato la possibilità alle scuole delle Regioni della Convergenza al Sud di collegarsi senza dover sostenere la spesa della realizzazione dell’infrastruttura in fibra ottica. Il progetto ha coinvolto circa 130 scuole che hanno avuto la grande occasione di essere parte di un investimento di lunga durata fondamentale per favorire i processi di trasformazione digitale nella didattica.

Queste condizioni fanno davvero la differenza per le scuole coinvolte e forniscono uno strumento essenziale per essere protagoniste in prima persona dell’innovazione della scuola in maniera progettuale e non estemporanea. Se ci fermiamo ai numeri, tuttavia, queste iniziative non sono sufficienti a risolvere il problema di una rete per l’istruzione su base nazionale e d’altra parte, senza un modello condiviso e omogeneo, anche qualora si riuscisse a coinvolgere un gran numero di enti connessi a GARR e di comuni presenti sul territorio, rimarrebbero serie difficoltà dal punto di vista organizzativo e del coordinamento tra soggetti e infrastrutture differenti.

Grandi numeri

Soluzioni come quelle messe in campo finora sono tutte fattibili, ma non sono scalabili rispetto ai numeri in gioco. Per farsi un’idea della complessità della sfida, basta ricordare che le scuole statali in Italia sono circa 8.500 (un numero che sale a oltre 10.000 se consideriamo anche le scuole private), articolate in oltre 40.000 sedi (Fonte: MIUR 2015). Le cose non vanno molto meglio se si pensa di interagire invece con i comuni: la loro conta ad aprile scorso era di poco inferiore agli 8.000, anche se in diminuzione per l’accorpamento dei comuni più piccoli e la creazione delle aree metropolitane.

L’ideale sarebbe che vi fosse un numero limitato di soggetti con reti estese a livello regionale, capillari e in grado di creare economie di scala raggiungendo categorie di utenti diverse, dall’ospedale alla scuola, anche utilizzando le possibilità offerte in ambito Infratel dall’attuazione della nuova strategia per la Banda Ultra Larga del governo. Nel nostro Paese, il modello più capillare e scalabile in questo senso è rappresentato da Lepida, la rete regionale della Regione Emilia Romagna: un’infrastruttura in fibra ottica proprietaria, gestita in-house, che con 2.700 km di infrastrutture in fibra ottica e oltre 800 punti di accesso, collega le strutture pubbliche più varie, dalle amministrazioni locali, alle biblioteche comunali, alle aziende sanitarie, fino a luoghi pubblici come piazze e teatri. La collaborazione con Lepida ha permesso di concentrare e collegare a GARR oltre 800 scuole presenti in questa regione, molte di più che in tutto il resto d’Italia.

Non solo infrastrutture

Realizzare l’infrastruttura è importante per poter raggiungere le scuole in fibra, ma in realtà il divario digitale nelle zone a bassa densità non è che una parte del problema. Un altro, non meno importante, è quello delle competenze e dei modelli gestionali applicabili a livello regionale e nazionale.

Oggi alcune amministrazioni pubbliche sembrano sentire l’esigenza di lavorare in questa direzione e si cominciano a vedere dei tentativi di collaborazioni più ampi. La sfida maggiore nel passare da alcune decine di scuole a tutte quelle presenti in una regione sembra essere soprattutto la capacità di trovare un modello in grado di portare in modo coordinato agli istituti non solo l’infrastruttura di accesso ma anche il wi-fi, la formazione dei docenti ed altri servizi aggiuntivi come la gestione delle identità e la sicurezza.

Insomma, gli interventi pubblici nelle aree a fallimento di mercato possono rappresentare un vero game changer per arrivare in fibra anche nelle zone disagiate, ma per fare un salto di qualità e poter portare in un tempo ragionevole alle scuole – in primo luogo superiori, ma poi di ogni ordine e grado – servizi di connettività in grado di abilitare una didattica davvero innovativa e che possa approfittare delle straordinarie possibilità offerte oggi dalla rete ci vorrebbe oggi una strategia a livello nazionale e di lungo periodo sotto l’egida del MIUR.

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