Per comprendere come e quali possano essere i futuri sviluppi della blockchain nella pubblica amministrazione italiana, è opportuna una riflessione sul ruolo e sulle funzioni che quest’ultima svolge all’interno del nostro ordinamento giuridico.
L’Italia, è noto, è basata sul modello francese, in cui l’autorità amministrativa è espressione della funzione esecutiva ed è chiamata a regolare gran parte della vita dei cittadini, soprattutto e principalmente nel rapporto con le istituzioni.
Immaginare in Italia di poter disintermediare la pubblica amministrazione attraverso l’utilizzo di una blockchain completamente distribuita sarebbe sia utopistico sia anti-storico, essendo costruito il nostro sistema giuridico, a partire dalla Costituzione, su una struttura a base verticistica, che si dirama in pubbliche amministrazioni centrali e locali e che assegna ruoli e compiti specifici a ciascuna di esse (si veda l’art. 117 Cost.).
Tutto ciò non toglie che utilizzi della blockchain, in forma autorizzativa o privata, possano comunque essere ipotizzati, soprattutto nell’ambito della tenuta dei registri pubblici. Se ipotizzassimo di inserire la tecnologia blockchain nell’ambito dei registri catastali ed immobiliari, ad esempio, potremmo ipotizzare un sistema che consenta ai diversi soggetti oggi legittimati (notai, pubblici ufficiali, etc.) di effettuare direttamente delle registrazioni, sotto il controllo del conservatore, con maggior rapidità e sicurezza dei sistemi attualmente utilizzati.
Anche nell’ambito del registro delle imprese vi sarebbero spazi per consentire usi di una blockchain autorizzativa (ad esempio in tema di iscrizione dei passaggi di titolarità delle quote societarie), così come il pubblico registro automobilistico potrebbe essere gestito (in questo caso anche senza forme di controllo eccessivamente autoritative) con tecnologia blockchain.
Da un punto di vista interno della pubblica amministrazione, l’utilizzo di una blockchain per la gestione del procedimento amministrativo delle singole amministrazioni potrebbe rendere molto più trasparente tale procedimento, nonché, considerando le caratteristiche di immodificabilità della tecnologia, potrebbe sicuramente apportare dei benefici in termini di trasparenza, tempi e responsabilità dell’azione amministrativa.
Anche la conservazione documentale, che oggi è attuata secondo le norme dettate dal Codice dell’Amministrazione Digitale e le relative norme attuative, potrebbe essere realizzata mediante blockchain (d’altronde già attualmente la norma prevede l’apposizione di marche temporali e firme digitali per garantire l’inalterabilità nel tempo dei documenti conservati), con il vantaggio di un sistema maggiormente distribuito, a cui potrebbero partecipare più soggetti ed integrando un vero e proprio processo di gestione documentale sicuro e trasparente.
Ulteriore ipotesi di utilizzo di tale tecnologia è quello nell’ambito della cosiddetta Sanità digitale. In Estonia già attualmente la blockchain è utilizzata per trattare i dati sanitari di circa un milione di cittadini, e, date anche le incertezze che ancora si riscontrano in Italia sulle modalità di attuazione del cosiddetto fascicolo sanitario digitale, si potrebbe sperimentare un servizio basato su blockchain che consentirebbe alle varie strutture sanitarie interessate di registrare direttamente le informazioni sanitarie del singolo cittadino.
I casi d’uso della blockchain nell’ambito della pubblica amministrazione sopra accennati rientrano sicuramente nella “scatola verde”.
Si tratta, infatti, di utilizzo di una nuova tecnologia in ambiti già conosciuti, che semplifica delle operazioni di “back office” e che potrebbe essere realizzato da soggetti regolamentati.
In determinati ambiti saranno richiesti degli adattamenti alla disciplina vigente (si pensi alle modalità di partecipazione ai pubblici registri, come ad esempio, così come già è stato fatto per il registro delle imprese, all’approvazione di specifici modelli per consentire l’invio delle informazioni richieste), in altri sarà necessario attuare la normativa adottando particolari accorgimenti (così in base al Codice in materia di protezione dei dati personali (ed al nuovo regolamento europeo) i dati personali dovranno essere resi pubblici solamente nelle ipotesi e con le modalità consentite dalla legge (ricordiamo che la tecnologia blockchain prevede anche l’inserimento di meta dati per ciascuno dei nodi creati, in modo da risalire alle informazioni relative ai soggetti che pongono in essere la transazione).
Anche l’attuale versione del Codice dell’Amministrazione Digitale (d.l.vo n. 82/2005), qualora si voglia veramente adottare un approccio quale quello della “sandbox”, richiederebbe delle modifiche per renderlo tecnologicamente neutrale, dato che oggi sono espressamente nominate alcune soluzioni tecnologiche per realizzare finalità che, come sopra chiarito, potrebbero essere attuate con diverse tecnologie, lasciando la regolazione ed individuazione delle stesse alla normativa tecnica di secondo livello.