Là dove la rete non arriva, dove il digital divide è più forte, dove l’abbandono delle comunità ha lasciato il posto a foreste e boschi d’invasione, può arrivare un nuovo marketing veicolato da un portale on line. Una vetrina sui borghi alpini, le borgate abbandonate del Piemonte. È il sito internet www.borghialpini.it, realizzato da Uncem Piemonte on line da inizio agosto. Il sito è emblematico: mostra al mondo quelle porzioni di territorio più interne e isolate, dove oggi difficilmente si naviga con il 3G su smartphone o chiavetta. In molte delle borgate presentate sul sito, non ancora ristrutturate, non c’è neppure la rete elettrica. Alcune non hanno acqua né strada. Eppure sono lì, piene di fascino. Il sito internet creato dall’Unione dei Comuni e degli Enti montani ne mostra tutta la bellezza.
La rivitalizzazione, ove è avvenuta, è stata possibile grazie a investimenti di privati o a fondi europei. Non solo per tirare su le case andate giù, con legno e pietra, ma soprattutto per attivare nuove imprese. Ed è proprio su questo fronte che si gioca oggi il rilancio del territorio montano, anche quello più lontano e marginale. La rete, la riduzione del divario digitale (che non è solo digitale), è il viatico per il reinsediamento. Innovazione e tradizione mai come qui si incrociano. Su diversi piani. Quello architettonico prima di tutto, relativo a stili e materiali. Quello relativo a investimenti, dove si cerca di ridefinire quella che era una montagna abbandonata, luogo degli ultimi, “mondo dei vinti” per dirla con Nuto Revelli. E ancora il piano dei mestieri e del lavoro. Se da una parte bisogna portare nei borghi rivitalizzati saperi tradizionali nel campo dell’artigianato, del turismo, dell’agricoltura, è proprio in questi “spazi liberi” (secondo una buona definizione di Fabrizio Barca, ex Ministro per la Coesione territoriale e promotore della Strategia nazionale aree interne) che bisogna puntare sui makers, sulle nuove generazioni che hanno voglia di fare, di costruire, di realizzare un progetto o un nuovo percorso di vita.
Il punto sta proprio qui. Utilizzare la rete per raccontare storie di comunità e di società che si rigenerano. Le aree interne del Paese faticano a scegliere l’innovazione e la tecnologia. Le Alpi sistema aperto si rigenerano anche portando nuova cultura digitale. Qui entra in gioco la PA, la capacità degli enti di veicolare sviluppo economico. Nei borghi alpini questo lo si sperimenta. Oggi serve però una mappatura, una scientifica analisi di quanto è o non è recuperabile. Sappiamo che droni e altri strumenti potranno abbassare notevolmente i costi di rilievi e studi. Ma non basta. Servono marketing e turismo. Ed è qui le che la PA scopre le più grandi lacune. Vuoti pericolosi. Pianificare sviluppo non basta. Promuovere le eccellenze del territorio vuol dire prima di tutto individuarle e poi montare un programma di crescita che varca i confini e intercetta l’Europa. Chi ci è riuscito oggi ha rigenerato borghi e territori. La Val Maira ad esempio, a 50 chilometri da Cuneo, ha costruito grazie all’Unione montana e al lavoro di Enti pubblici e imprese turistiche, un programma di attrazione che fa scuola. Marketing non fa rima con Comuni e PA. Mancano competenze e volontà. La burocrazia distrugge ogni pretesa e ogni opportunità, spegne la tensione alla promozione. Che però va fatta in un buon concorso pubblico-privato.
È evidente che senza rete non si va da nessuna parte. Ma il borgo, quegli immobili abbandonati che in montagna tornano a vivere, sono spazi da reinventare. Con co-working e co-housing ad esempio. È già avvenuto a Veglio nel Biellese. Paesaggio, natura, boschi e corsi d’acqua spingono all’elaborazione, al pensiero, alla costruzione. Alla comunità. Su questo si punta anche sul portale borghialpini.it, che vince il digital divide. Il viaggio nei borghi posti sui versanti alpini del Piemonte passa anche da un portale che annulli le distanze. Attragga investitori e attenzione su queste porzioni di territorio dove l’innovazione tecnologica e dei processi di recupero farà la differenza.