Il braccio di ferro tra il Wi-Fi e il 5G ha da poco spezzato una lancia a favore di quest’ultimo in sede di Consiglio europeo, dove 21 Paesi, tra cui l’Italia, hanno votato contro la proposta della Commissione Ue in relazione alla “Delegated regulation” sui sistemi di trasporto intelligenti (Cooperative Intelligent Transport Systems, C-ITS), Regolamento che propone il WiFi (cosiddetto ITS-G5) come standard privilegiato per l’utilizzo di alcune frequenze potenzialmente sfruttabili nell’immediato futuro anche dal 5G.
Tuttavia alcuni passaggi di detto Regolamento non hanno convinto la maggioranza dei Paesi dell’UE, che di fatto hanno optato per l’abbandono dello standard Wi-Fi aprendo la strada alla c.d. neutralità tecnologica.
L’interoperabilità dei C-ITS
Già da diversi decenni, anche in ragione dello sviluppo esponenziale delle nuove tecnologie, l’Europa, consapevole di trovarsi all’alba di un nuova rivoluzione industriale, suscettibile di toccare tutti gli strati sociali, si è sempre fatta promotrice di nuovi strumenti, anche di tipo normativo, finalizzati a affiancare e sostenere il progresso tecnologico con particolare riferimento al settore della robotica e dell’intelligenza artificiale, che da ultimo non ha mancato di stimolare un intenso dibattito circa l’opzione per la tecnologia Wi-Fi (cosiddetto ITS-G5), come standard di comunicazione riferibile a sistemi di trasporto intelligenti cooperativi.
Nel regolamento delegato del 13/03/2019 (integrativo della direttiva 2010/40/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio per quanto riguarda la diffusione e l’utilizzo operativo di sistemi di trasporto intelligenti cooperativi) la Commissione si è posta come obiettivo quello di fissare i requisiti giuridici minimi per l’interoperabilità dei C-ITS e consentire la diffusione su larga scala degli stessi già a partire dal 2019, in un’ottica di investimento sullo sviluppo della sicurezza stradale e dell’efficienza del traffico. I vantaggi dei sistemi di trasporto intelligenti si estendono infatti ad una serie di settori e comprendono una migliore sicurezza stradale, una maggiore efficienza dei trasporti, della mobilità e dell’affidabilità dei servizi , un consumo energetico ridotto, minori effetti negativi sull’ambiente e sostegno allo sviluppo economico. Obiettivo principale del suddetto regolamento era pertanto quello di individuare la tecnologia migliore che permettesse il conseguimento di tutti questi obiettivi in termini di maggiore efficienza dei sistemi e di miglioramento della sicurezza. Tuttavia in uno scenario di così ampia portata strategica per il futuro dell’industria dei veicoli connessi e della mobilità intelligente (il cui valore di mercato stimato al 2025 da una indagine dell’Osservatorio Autopromotec ammonterebbe a 270 miliardi), non stupisce il fatto che abbiamo assistito allo schieramento di due opposte “fazioni”, ciascuna composta tra le più rilevanti imprese operanti nel settore automobilistico.
Sul primo versante troviamo aziende quali Volkswagen e Renault, che già da tempo hanno effettuato importanti investimenti per l’adozione della tecnologia assimilabile al Wi Fi nelle loro autovetture. Sul lato opposto troviamo aziende quali Ford, Daimler, Psa, Bmw che hanno già investito sul 5G, e che si sono poste in forte contrasto con la tecnologia ITS-G5 (basato sullo standard 802.11p su banda non licenziata ed esclusivamente dedicata a 5,9 GHz) in quanto non compatibili con il 5G (che è gestito su frequenze licenziate secondo standard uniformi a livello europeo), i cui sistemi si dispiegano invece su qualunque porzione dello spettro, licenziato e non licenziato, che va dai 700 MHz fino allo spettro ad elevatissime frequenze millimetriche.
La scelta a favore della neutralità tecnologica
La scelta operata dal Consiglio Ue, che lo scorso 4 luglio ha bocciato la proposta della Commissione a favore del vincolo di utilizzo, per le auto connesse, di frequenze legate a specifiche tecnologie assimilabili al WiFi, cosiddette ITS-G5, ha di fatto rimesso al mercato, e non più ad un atto legislativo delegato, la scelta su quale debba essere la tecnologia migliore da adottare, attraverso la piena libertà riconosciuta ai costruttori di auto e i fornitori di tecnologie di ricorrere sia alle tecnologie cellulari sia alle tecnologie Wi-Fi. Questo passaggio risulta di fondamentale importanza per tutte le aziende che hanno investito nel 5G, dal momento in cui quest’ultima tecnologia apre la strada a prestazioni ulteriori rispetto a quelle legate alla tecnologia WiFi.
“I sistemi cellulari – spiega Maurizio Dècina, professore emerito al Politecnico di Milano e Commissario dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, AGCOM, dal 2012 al 2013, in una intervista al Sole24Ore – offrono comunicazioni a tutto campo: V2V, V2I, V2P, V2N, e cioè veicolo verso veicolo, verso infrastruttura, verso pedone o ciclista, verso la rete, e cioè a lunghissima distanza. I sistemi WiFi sono solo V2V e V2I, non consentono l’inclusione dei pedoni, dei ciclisti e non tengono conto di ciò che avviene sul territorio a distanza dalle piccole celle WiFi (ad esempio incidenti, autoambulanze in arrivo, attacchi informatici, ecc.)”. Vediamone le applicazioni.
Le caratteristiche dei sistemi di comunicazione
Tra le forme di comunicazione interveicolare, solo i sistemi V2V e V2I, concretizzandosi in comunicazione a corto raggio, possono sfruttare anche le tecnologie assimilabili al WiFi. Vehicle to vehicle communications (V2V): la comunicazione avviene attraverso un dispositivo di rete per le comunicazioni a corto raggio che viene utilizzato per inviare, ricevere e inoltrare informazioni di sicurezza ad altri veicoli. Strumenti di questo tipo sono in grado di prevenire incidenti e tamponamenti causati dalla distrazione dei conducenti e dalla frenata improvvisa del veicolo che precede mediante il monitoraggio, effettuato da ciascun veicolo, del comportamento del proprio conducente, della propria posizione e del comportamento di tutti i veicoli nelle vicinanze.
Vehicle to infrastructure communications (V2I): tale protocollo è in grado di collegare le auto a infrastrutture, semafori e in generale al network delle Smart city per finalità connesse ad una più agevole gestione della guida, ad esempio avvertendo il veicolo che sta sopraggiungendo in un tratto di strada pericoloso, o anche per evitare congestionamenti in alcune aree per una più efficiente gestione del traffico. Questi protocolli sfruttano la tecnologia WiFi e pertanto operano in aree locali e sulle brevi distanze, mancando una infrastruttura a livello territoriale e nazionale. Mentre invece le reti cellulari, con la loro architettura dotata di piattaforme informatiche centralizzate, garantiscono l’estensione dei servizi di auto connessa a tutto il territorio nazionale, permettendo il ricorso a protocolli di trasmissione Vehicle-to-Everything (C-V2X) che permette la connessione non solo tra veicoli (V2V, Vehicle to Vehicle), e con l’infrastruttura (V2I, Vehicle to Infrastructure), ma anche con gli atri utenti della strada come ciclisti e pedoni (V2P, Vehicle to Pedestrian), e con la rete mobile (V2N, Vehicle to Network), concretizzando di fatto il passaggio da guida assistita a guida autonoma (che si realizza quando sia la guida che tutti gli aspetti dinamici sono controllate interamente dal Sistema).
In linea con quanto sopra, Asstel (associazione di categoria rappresentativa delle maggiori aziende di telecomunicazioni) spiega che “Già oggi la tecnologia 4G-LTE è supportata da una amplissima rete di infrastrutture che copre tutto il territorio nazionale, come autostrade, strade urbane e aree rurali. In prospettiva, gli obblighi di copertura associati all’utilizzo delle frequenze 5G prevedono il raggiungimento della medesima copertura territoriale. I sistemi cellulari consentono una maggiore ricchezza di prestazioni nelle comunicazioni dei veicoli tra di loro (V2V) e verso l’infrastruttura (V2I), i pedoni (V2P) e verso la rete (V2N). Al contrario, la tecnologia WiFi esclude la comunicazione verso le persone fisiche e copre aree limitate, non consentendo una supervisione completa del territorio”
Il futuro fuori dall’Europa è ormai 5G
Il giudizio di valutazione in ordine alla meritevolezza della decisione Consiglio Europeo di bocciare la proposta della Commissione Europea, non può prescindere da un’ottica internazionalista delle vicende innanzi indicate, che vedono l’utilizzo del 5G operativo non solo in Europa ma anche in altri continenti, tra cui Cina e Stati Uniti, mentre il Wi-fi sarebbe confinato di fatto al mercato europeo. Sotto tale aspetto merita ricordare che in occasione del CES 2019 (Consumer Electronics Show) di Las Vegas, Qualcomm Technologies (società statunitense di ricerca e sviluppo nel campo delle telecomunicazioni senza fili) ha annunciato diverse novità in ambito di sistemi di trasporto intelligenti, volte ad implementare e accelerare lo sviluppo commerciale della tecnologia di comunicazione diretta C-V2X per migliorare la sicurezza stradale, l’efficienza del traffico e la guida automatizzata. Progetto che vede la collaborazione di aziende quali Audi, Ducati e Ford.
Nakul Duggal, senior vice president of product management di Qualcomm Technologies, ha dichiarato: “In virtù del lavoro di Qualcomm Technologies attualmente in corso con Ford, Audi e Ducati, siamo entusiasti di continuare ad esprimere il nostro impegno congiunto per accelerare l’implementazione commerciale della tecnologia C-V2X. Questo nuovo capitolo, che si iscrive all’interno di partnership consolidate da tempo, delinea l’obiettivo congiunto di realizzare il pieno potenziale del C-V2X come soluzione globale per la connettività, la sicurezza e l’autonomia dei veicoli di prossima generazione. Non vediamo l’ora di poter condividere gli ultimi risultati di questa collaborazione dato che diversi veicoli Ford, Audi e Ducati sono già in grado di dimostrare l’interoperabilità C-V2X in situazioni di guida reali”. Progetto che vedrà la sua prima applicazione proprio nella città di Las Vegas, con l’obiettivo di aumentare la sicurezza stradale e contestualmente rivoluzionare il trasporto pubblico.
Auto connesse e Cyber security
Sul profilo della sicurezza merita menzione la risoluzione del Parlamento Europeo del 16 febbraio 2017, che, rilevando la necessità e l’urgenza di regolamentare il settore dei veicoli autonomi incentivando un approccio normativo europeo e internazionale, a scapito di interventi frammentari, invitava la Commissione a considerare una serie di aspetti nel lavoro che era stata chiamata a svolgere sui veicoli autonomi tra cui rientravano tra l’altro “la responsabilità civile (responsabilità e assicurazione), la sicurezza stradale, tutte le tematiche relative all’ambiente (ad esempio, efficienza energetica, utilizzo di tecnologie e fonti di energia rinnovabili) e le problematiche relative ai dati (ad esempio, accesso ai dati, protezione dei dati personali e privacy, condivisione di informazioni), le questioni relative all’infrastruttura TIC (ad esempio, un livello elevato di comunicazione efficiente e affidabile) e all’occupazione (ad esempio, la creazione e la perdita di posti di lavoro, la formazione dei conducenti di veicoli commerciali pesanti per la guida dei veicoli automatizzati)” sottolineando l’importanza di investimenti nelle infrastrutture stradali, energetiche e delle TIC.
La questione riveste pertanto ampia rilevanza sotto il profilo della protezione dei dati personali, che impone l’osservanza dei principi generali disciplinati dal GDPR con particolare riferimento ai principi della protezione dei dati personali fin dalla fase di progettazione (c.d. data protection by design) e per impostazione predefinita (c.d. data protection by default). Si pensi infatti alle operazioni di registrazione, interconnessione e elaborazione di informazioni riguardanti la localizzazione dell’autoveicolo e dei suoi passeggeri, i tragitti percorsi e le informazioni derivanti dalla sincronizzazione del cellulare degli utenti a bordo con l’auto connessa, rientranti a pieno titolo nella nozione di “dati personali” disciplinata dalla citata normativa.
Sotto questo fronte, non è possibile esimerci dal considerare eventuali criticità connesse all’adozione di uno standard di comunicazione fondato sulla tecnologia Wi Fi. Tale questione è stata sollevata da Maurizio Dècina nella predetta intervista al Sole24Ore, che, sotto il profilo della sicurezza del controllo veicolare commenta: “I sistemi cellulari sono dotati di piattaforme di servizio su base nazionale che garantiscono a tutta la rete veicolare (autostradale, urbana e rurale) la supervisione degli accessi dei sensori veicolari e la loro identificazione tramite canali di controllo, additivi rispetto ai canali di trasporto dei dati. In caso di attacchi informatici, i dispositivi di cybersecurity dell’intera rete segnalano alla periferia e bloccano l’accesso dei sensori di cui si sono impadroniti gli attaccanti. Ciò non è consentito per gli accessi WiFi che sono puri accessi dati senza canali adiacenti di controllo e supervisione, e non sono dotati di nuclei di rete (network core) per l’identificazione e il controllo di ammissione degli accessi leciti.”
Conclusioni
La risoluzione del Parlamento Europeo fornisce una importante chiave di lettura relativo all’approccio normativo, civile ed etico con riferimento alle nuove tecnologie. Partendo dalla Considerazione che “dal mostro di Frankenstein ideato da Mary Shelley al mito classico di Pigmalione, passando per la storia del Golem di Praga e il robot di Karel Čapek, che ha coniato la parola, gli esseri umani hanno fantasticato sulla possibilità di costruire macchine intelligenti”, che quelle macchine con il tempo hanno sviluppato la capacità di “apprendere e prendere decisioni in modo indipendente” e che “l’apprendimento automatico offre enormi vantaggi economici e innovativi per la società migliorando notevolmente le capacità di analisi dei dati, sebbene ponga nel contempo alcune sfide legate alla necessità di garantire la non discriminazione, il giusto processo, la trasparenza e la comprensibilità dei processi decisionali” è fondamentale non prescindere mai da una visione globale di quelle che sono le implicazioni e le applicazioni di queste tecnologie.
L’etica, la tutela ambientale, la sicurezza stradale e la protezione dei dati personali, sono sempre state considerate come materie separate, in quanto differenti dal punto di vista ontologico. La robotica e l’intelligenza artificiale mescolano nuovamente tutte le carte e impongono una lettura interconnessa delle singole parti. E sebbene il principio di neutralità tecnologica pare aver già tracciato quella che si presume essere la strada maestra, ancora molto è il lavoro di coordinamento tra i vari settori coinvolti che attende le Istituzioni europee nell’ottica di sfruttare appieno il potenziale economico dei sistemi di trasporto intelligenti cooperativi e beneficiare di tutti gli effetti positivi da esse derivanti, non solo sotto il profilo della sicurezza ma anche sul piano sociale.