COMPUTING

Calcolo quantistico di secondo tipo, ecco perché fa gola a mercati e istituzioni

Dal Fintech alla gestione aziendale fino al 5G: si moltiplica l’interesse degli investitori per le tecnologie quantistiche che stanno evolvendo verso la risoluzione di problemi finora rimasti aperti. Uno scenario dei nuovi approcci “market ready”

Pubblicato il 08 Ott 2020

Ernesto Damiani

Senior Director of Robotics and Intelligent Systems Institute at Khalifa University

quantum computing

Per attrarre l’attenzione del grande pubblico, i media e anche alcuni addetti ai lavori presentano i computer quantistici come una versione super-potenziata dei normali calcolatori, con tanto di processori, linguaggi di programmazione, e persino sistemi operativi “quantistici” che eseguono programmi da miliardi di istruzioni in un batter di ciglia. Vediamo perché il mondo del calcolo quantistico è oggi sotto la lente di governi e investitori, e persino degli organismi europei di standardizzazione come CEN/CENELEC, che ha da poco avviato un gruppo di lavoro sull’argomento a cui partecipa anche il nostro Consorzio Interuniversitario per l’Informatica (CINI).

Concetti base del calcolo quantistico

Prima di procedere, introduciamo rapidamente alcuni concetti di calcolo quantistico. Nei computer classici (ad esempio i nostri laptop, telefoni, ecc.), tutte le informazioni sono rappresentate in forma binaria, attraverso sistemi fisici bistabili che possono trovarsi in uno stato 0 oppure 1. Ciò che rende unici i bit quantistici (o qubit) è che sono “non-binari”, nel senso che possono trovarsi in uno stato 0, 1 o in uno stato speciale noto come sovrapposizione. Mentre si trova in sovrapposizione, un qubit è contemporaneamente sia 0 che 1. Quando misuriamo il qubit, esso collassa fuori dal suo stato quantico e restituisce uno 0 o 1.

Una metafora interessante per capire questo fenomeno è quella della “scatola dei colori”. Partiamo da una palla che ha colore rosso o blu (il suo stato iniziale). Mettiamo la palla dentro una scatola chiusa sulle cui pareti interne c’è una tintura fotosensibile, che evapora alla luce se in piccole quantità e si fissa sugli oggetti se in quantità maggiori. Scuotendo la scatola chiusa, la palla riceve la tinta fotosensibile dalle pareti e cambia il suo colore in viola, una gradazione di colore intermedia tra rosso e blu.

Noi non possiamo vedere la palla viola: se apriamo la scatola per osservarla, la tintura può evaporare o fissarsi, e vediamo una palla rossa o blu. Sappiamo però che la probabilità di vederla blu dipende dal colore iniziale della palla e da quanto abbiamo scosso la scatola. Potremmo quindi controllare questa probabilità, ad esempio facendo sì che lo scuotimento dipenda dalla quantità di colore già ceduta dalle pareti.

Porte quantistiche e porte booleane

Nei computer quantistici, si utilizzano delle porte quantistiche per cambiare lo stato di semplici sistemi fisici e controllarli mentre sono in sovrapposizione. Queste porte eseguono operazioni analoghe a quelle delle classiche porte logiche booleane (ad esempio NOT, AND, XOR, ecc.), ma hanno anche funzionalità extra. Ad esempio, il gate Hadamard, detto gate H, prende in input un qubit in sovrapposizione (una scatola con una palla viola all’interno) e lo trasforma (scuote la scatola) in modo che si abbia una probabilità del 50% di misurare uno 0 o 1 (aprendo la scatola, si abbia una probabilità esattamente eguale di trovarla rossa o blu). Nel nostro esempio, l’output è di interesse limitato: applicando il gate H si ottiene solo il lancio di una moneta perfetta, utilizzabile al massimo per generare numeri casuali.

In generale, eseguire il calcolo quantistico di una qualsiasi funzione f(x) consiste nel mettere un certo numero di qubit in uno stato iniziale classico che codifica x, portare il sistema di qubit in sovrapposizione in modo che rappresenti simultaneamente tutti i possibili valori del codominio di f() e poi applicare al sistema una rete di porte quantistiche in modo che il risultato abbia una probabilità elevata di collassare proprio su f(x).

I moderni calcolatori quantistici differiscono parecchio tra loro nella tecnologia di base per la realizzazione dei qubit e delle porte logiche che agiscono su di essi, ma devono affrontare tutti lo stesso problema: data una funzione f() da calcolare, determinare (i) una rappresentazione di dominio e codominio che non usi troppi qubit e (ii) la successione “giusta” di porte logiche quantistiche da applicare ai qubit per calcolare f() (in altre parole, l’algoritmo quantistico).

La complessità del calcolo di f() si può esprimere in termini di numero di qubit e di porte quantistiche necessarie. Non c’è ancora un metodo generale per determinare le porte da usare per ottenere una data f(), anche se le librerie e i linguaggi di programmazione per esprimere le reti logiche quantistiche (e le aziende che li producono) hanno fatto passi da gigante in questi anni.

In cerca dell’algoritmo quantistico

Per molti problemi caratterizzati da funzioni f() il cui calcolo rapido sarebbe economicamente vantaggioso (ad esempio, il Traveling Salesman Problem, dove x rappresenta un grafo e f(x) codifica il cammino che passa per tutti i nodi del grafo una sola volta), la ricerca di un algoritmo quantistico pratico è ancora in corso.

Invece, ironia della sorte, abbiamo imparato a calcolare quantisticamente per prime proprio le funzioni che nessuno voleva velocizzare. E’ noto fin dal 1994 un algoritmo di fattorizzazione quantistica (opera del matematico americano Peter Shor) per calcolare rapidamente (un passo del)la scomposizione di numeri interi in fattori primi (ad esempio, 515773977 = 41 × 53 × 113 × 6173), un problema la cui difficoltà è sfruttata da molti sistemi crittografici. L’algoritmo di Shor, che “prova” simultaneamente i fattori possibili, non è stato mai applicato a grandi numeri, per scarsità di qubit, ma ha comunque terrorizzato il mondo della sicurezza informatica, che ha lavorato intensamente per quindici anni alla definizione di nuovi criptosistemi “quantum-resistant” che non si basano sull’ipotesi che sia difficile scomporre i grandi numeri in fattori primi.

Calcoli quantistici del secondo tipo

Oggi però non è il (lento) progresso nella realizzazione di algoritmi quantistici e dei relativi ambienti di programmazione ad attrarre l’attenzione degli investitori.

Le opportunità emergenti per applicare la tecnologia quantistica riguardano soprattutto l’ottimizzazione, la risoluzione di problemi finanziari difficili con deadline (ad esempio, l’arbitraggio tra criptovalute), la riconfigurazione di processi aziendali complessi e la comprensione delle correlazioni tra set di dati apparentemente disparati.

L’approccio quantistico vincente a questi problemi non consiste – almeno finora – nel rendere quantistico il calcolo della funzione obiettivo f() da ottimizzare o delle sue derivate, ad esempio nell’ambito di un tradizionale algoritmo di gradient descent. Piuttosto, la funzione f() da ottimizzare viene legata alla matrice (chiamata Hamiltoniana) che esprime in forma vettoriale l’energia totale di un sistema quantistico. Questa matrice è a sua volta legata alle probabilità con cui si manifestano gli stati del sistema.

Un algoritmo quantistico “del secondo tipo” si esprime come la serie di trasformazioni sul sistema quantistico che sono necessarie per portarlo in una sovrapposizione di stati la cui Hamiltoniana rende più probabile la rilevazione del valore ottimo della funzione f() rispetto ad altri valori.

Algoritmo di secondo tipo: cosa piace alle aziende

La differenza – fondamentale dal punto di vista degli investitori – tra le due tecniche di calcolo quantistico è la market readiness: il secondo approccio sta producendo algoritmi eseguibili anche sui sistemi quantistici relativamente piccoli di cui disponiamo oggi.

Per capire meglio la differenza, si può considerare la riformulazione come problema di ottimizzazione del problema della fattorizzazione quantistica, proposto da Peng, Liao, Xu, Zhou, Suter e Du. L’algoritmo quantistico “del secondo tipo” non cerca di provare simultaneamente tutte le possibili scomposizioni, ma parte dall’idea che per fattorizzare un numero 𝑁 = 𝑝 × 𝑞 è sufficiente trovare una coppia di interi (𝑥, 𝑦) tale che 𝑓 (𝑥, 𝑦) = (𝑁 − 𝑥𝑦) 2 sia minimo. Poi, descrive la preparazione di un Hamiltoniana la cui energia corrisponde a questo minimo. Il conteggio dei qubit mostra che questa tecnica richiese un sistema quantistico con molti qubit in meno rispetto all’algoritmo di Shor.

Il numero di qubit però non è il solo parametro da considerare per determinare la complessità. Visto che il calcolo del secondo tipo consiste nell’evoluzione di un sistema quantistico partendo da uno stato iniziale, non ha senso parlare del numero totale di porte; piuttosto, la complessità si caratterizza in termini del tempo impiegato dall’evoluzione. Purtroppo, a differenza del conteggio delle porte nei calcoli del primo tipo, il tempo di esecuzione degli algoritmi di secondo tipo è notoriamente troppo difficile da descrivere analiticamente (anzi, è indecidibile). Simulazioni numeriche, però, indicano che il tempo di evoluzione del sistema cresce (solo) quadraticamente con il numero di qubit.

Dal Fintech alla logistica

Esistono molti modi in cui il calcolo quantistico del secondo tipo può essere implementato già oggi in contesti applicativi che pongono problemi di minimizzazione di funzioni complesse. Nell’ambito Fintech, ad esempio, si è sperimentato l’approccio quantistico per il classico (ma difficilissimo) problema dell’ottimizzazione in tempo reale del valore del portafoglio dei clienti, esprimendone il valore in termini di prodotti finanziari e fisici disponibili su un numero elevato di mercati, e vincolandolo a un livello di rischio espresso in termini delle oscillazioni dei mercati stessi. In Italia la “Hamiltoniana dei mercati”, e più in generale la dinamica quantistica dei sistemi economici, è stata studiata con successo in diversi Atenei, tra cui spicca quello di Palermo.

Un’altra area chiave per le applicazioni di calcolo quantistico è il mondo della gestione aziendale. L’identificazione del percorso ottimale per le consegne di merci (il Traveling Salesman Problem che abbiamo menzionato all’inizio) o per l’assegnazione dei compiti alla forza lavoro è un processo complesso, a causa dell’elevato numero di variabili che entrano in gioco. Le soluzioni quantistiche del secondo tipo consentono di perfezionare iterativamente la rappresentazione quantistica attraverso l’Hamiltoniana del sistema, migliorando la qualità delle soluzioni o aggiungendo nuovi vincoli come finestre di consegna più strette.

Anche il settore delle telecomunicazioni ha avviato con successo prove di calcolo quantistico. In questo campo, le università stanno lavorando insieme agli operatori di telecomunicazioni come TIM per ottimizzare la pianificazione delle celle radio, implementando algoritmi quantistici del secondo tipo per ottimizzare i parametri delle reti mobili 4.5G e 5G.

Quanto vale un algoritmo quantistico

Non c’è quindi da meravigliarsi della seconda ondata di interesse per il quantum computing, che ha coinvolto chi produce i sistemi quantistici ma anche chi realizza gli ambienti software tradizionali necessari per programmarli e per documentare/rendere ripetibili i risultati. Oltre ai sistemi quantistici propriamente detti, sono poi emersi sistemi para-quantistici, ad esempio gli oscillatori non-lineari, in cui l’evoluzione dell’Hamiltoniana avviene in modo interfogliato (cioè, uno stato alla volta) invece che in modo sovrapposto. Questo diminuisce molto la velocità dell’evoluzione; ma l’esecuzione di un algoritmo su un sistema para-quantistico può valere milioni, perché conserva certe proprietà importanti (ad esempio, la distribuzione di probabilità dei risultati) e costituisce una prova di fattibilità sui “veri” sistemi quantum.

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