Una nuova PA, braccio di ferro sotterraneo: ecco gli effetti

Il nuovo Cad terreno di battaglia per pensare a una amministrazione nuova. Lo scontro tra retaggio e cambiamento emerge in piena luce nei diciotto pareri dati dalla Commissione Affari Costituzionali nell’approvare il decreto che modifica il Cad. Vediamoli per comprendere il clima, dietro le quinte di una riforma

Pubblicato il 05 Ago 2016

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Cambiare sì, ma passando da un braccio di ferro tra vecchio e nuovo. E da (inevitabili?) compromessi. E’ questo il percorso che il nuovo Codice dell’amministrazione digitale sta affrontando nel tentativo di riformare la pubblica amministrazione. Ed è una cartina tornasole utile per comprendere quanto sia difficile cambiarla, in Italia.

In particolare, opportunità preziosa per vedere in piena luce questa dialettica sono i 18 pareri dati giovedì scorso dalla Commissione Affari Costituzionali nell’approvare il decreto che modifica il Cad.

Vediamo in particolare quelli che non si spiegano con una mera esigenza di sistematizzazione giuridica e coordinamento con altre norme.

Con una premessa: il parere della Commissione, su un decreto legislativo, non è vincolante. Ma il Governo non ha interesse a respingerlo andando allo scontro istituzionale. Del resto, come vedremo, questi pareri sono già passati da un compromesso Governo-Parlamento e quindi certo ci si aspetta verranno recepiti tutti nel decreto legislativo finale per il Cad.

Parere numero due. Aggiunge i concetti di interoperabilità e di cooperazione applicativa. La cosa notevole è che per la prima volta una norma cita la necessità di integrazione anche a livello di backend. In questo modo si va verso quel modello di Api della PA, modello aperto pubblico-privato che è nel piano dell’Agid. Laddove finora il concetto di apertura nella PA ha riguardato (a malapena) solo l’accesso ai dati.

A questo scopo, un’altra novità del parere, rispetto all’attuale testo del Cad, è la citazione di una integrazione dei processi e non solo dei procedimenti amministrativi.

Parere numero 5. Torna sul travagliato obbligo delle PA ad accettare pagamenti elettronici (c’era anche nel vecchio Sviluppo bis del 2012), aggiungendo anche quelli “micro” tramite credito telefonico. Sappiamo che le PA sono tenute a aderire al Nodo dei Pagamenti entro dicembre 2016 (già data rinviata rispetto alla precedente scadenza di dicembre 2015). Ma questo parere, oltre a estendere ai micro pagamenti con credito telefonico, vuole dare ulteriore cogenza alla previsione e al tempo stesso favorire una concorrenza tra banche erogatrici del servizio, “al fine di rispettare il principio di neutralità e imparzialità, nonché il rispetto del principio di lbertà di scelto tra gli strumenti di pagamento elettronico”. I costi di commissione sono uno dei nodi da superare per favorire la diffusione dei pagamenti elettronici verso la PA.

Parere numero 6. Introduce le statistiche di utilizzo e la raccolta della soddisfazione utenti per i servizi della PA. Un modo per mettere pressione sulle amministrazioni a fare siti e servizi utili e ben usabili, senza sprecare denaro pubblico in carrozzoni farraginosi. Il parere va nella stessa linea delle recenti linee guida Agid per i siti della PA.

Parere numero 7. Interessante quanto inatteso richiamo politico alla Dichiarazione dei diritti in internet che rischiava di restare un corpus isolato dal resto delle norme digitali. Va bene l’inserimento nel Cad, che contiene principi di ampio respiro. Comunque resta difficile valutarne l’impatto.

Parere numero 8. Prevede la formazione dei dipendenti pubblici in informatica giuridica. Un aspetto finora non espresso così chiaramente.

Parere numero 9. Anche questo un elemento di modernità: l’abilitazione del bring your own device nella PA.

Parere numero 10. Recupera il ruolo di coordinamento delle Regioni, sparito- come facevano notare molti commentatori, protestando- nell’attuale testo del nuovo Cad.

Parere numero 11. Un altro punto da “braccio di ferro”. Il difensore civico digitale nelle Pa- che tra l’altro dovrà aiutare nella reale attuazione del Foia- dovrà avere un ruolo terzo e imparziale. Nell’attuale bozza del nuovo Cad invece risponde al dirigente. Il legislatore aveva fatto in modo- con un usuale corto circuito conservatore della burocrazia- che controllante e controllato coincidessero.

Parere numero 12. E’ il richiamo a un coinvolgimento multistakeholder che abbiamo invocato spesso, anche di recente. E che finora è riuscito solo (molto) in parte nell’Agenda digitale italiana.

Parere numero 13. Un altro colpo messo a segno da coloro che vogliono cambiare davvero la PA parando i colpi dei conservatori. Chiede di potenziare i poteri sanzionatori di Agid e di prevedere il diritto del cittadino a rivalersi per i danni.

Parere numero 15. Il commissario digitale, una figura politica che sarà probabilmente ricoperta da settembre da Diego Piacentini di Amazon.

Parere numero 16. Qui si colma una lacuna: estende i diritti digitali del Cad alle associazioni, prima escluse.

Parere numero 17. Il più controverso: il rinvio- per ora sine die- dell’addio alla carta nelle PA. Ci sono qui due scuole di pensiero: è stato fatto per assicurare una armonizzazione giuridica oppure perché le PA coinvolte non erano pronte. Comunque se c’è un punto in cui i conservatori sono riusciti a far pesare la leva del compromesso, è certo questo diciassettesimo parere.

Parere numero 18. Nasce il sistema-database delle performance per i dirigenti pubblici. Qui al contrario è una pressione inaudita per la trasparenza sui protagonisti della macchina burocratica.

Già da molte parti è stato notato che il sistema dei bonus e incentivi per i dirigenti PA è farsesco. Spesso gli obiettivi coincidono con le normali mansioni. O comunque sono pubblicati in pdf di scansioni, non analizzabili con facilità né trasparenza. Il database permetterà al vertice politico di scovare irregolarità e anche monitorare gli obiettivi con più immediatezza.

In definitiva, è facile desumere in quali punti c’è stata battaglia istituzionale. E su quali ha segnato il punto il partito del cambiamento o quello della resistenza. Che nella migliore delle ipotesi è animato da chi non è semplicemente pronto ma lo sarà a breve e chiede più tempo. Nella peggiore, è un tentativo di frenare il cambiamento il più a lungo possibile.

Certo, una partita interessante. Noi la seguiremo ancora, da vicino, nei prossimi mesi, riprendendo le pubblicazioni dai primi di settembre. Ne approfittiamo per augurare ai lettori una buona estate. Digitale, ma non troppo.

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