La vera equazione è: investimenti in ICT = produttività = competitività = crescita. La forbice tra Italia e altri Paesi su PIL e produttività si è allargata negli ultimi 15 anni:
o Il PIL italiano ha ceduto 15 punti a Francia e Germania, 25 punti a UK e 30 punti a USA
o La produttività italiana ha ceduto 15 punti a Francia e Germania e 20 a USA
· La quota degli investimenti in ICT sul PIL della media europea è intorno al 6%, mentre l’Italia continua a investire nell’intorno del 4,5%. I Paesi che hanno investito di più in termini di ICT/PIL hanno avuto una produttività maggiore. 2 punti di PIl corrispondono a circa 25 miliardi non investiti.
· L’Italia ha continuato ad investire, ma non ha investito più in ICT, anche se questo tipo di investimenti dà il ritorno più alto (20-25%).
· L’Italia ha iniettato nell’economia, come valore ICT, solamente il 17% del PIL, metre gli altri Paesi sono tra il 22 e il 30%.
· Metà della crescita della produttività negli Stati Uniti è legata al contributo dell’ICT. In Europa questo valore vale il 40%, mentre in Italia solmente il 23%
· L’ICT in Italia ha contribuito al 20% di crescita del PIL, mentre negli Stati Uniti è circa il doppio
· Il Web crea 2,6 posti di lavoro per ogni posto eliminato. Nei Paesi dove questo è più intensivo ne crea 3,6, in Italia solamente 1,8.
· Internet ha creato in Italia 700.000 posti di lavoro, di cui 320.000 netti
· Esiste una relazione molto forte tra diffusione di internet e occupazione
· Delle aziende fallite lo scorso anno, l’83% non aveva un sito web
Sono alcune delle evidenze contenute nella ricerca Fattore Ict condotta dal Politecnico di Milano con Confindustria Digitale.
L’Italia non cresce perché non ha abbracciato le tecnologie di rete con tutta la potenza che queste possono dare come hanno fatto altri Paesi. Questa discontinuità si è avuta dal 1999. L’Italia ha resistito al cambiamento portato da Internet e ancora oggi non vuole abbracciare questo cambiamento.
Oggi l’Italia non più fare agende e liste lunghe 24 pagine; l’agenda ce l’abbiamo, le cose da fare le sappiamo, adesso bisogna solamente tirarsi su le maniche e far avvenire le cose che sappiamo di dover fare.
In questo momento c’è un fatto positivo: con gli attori designati per l’attuazione dell’Agenda Digitale si comincia a ragionare in maniera diversa rispetto al passato, con i quali si ha una condivisione di fondo: senso di urgenza ed execution. Non si ha successo se si presenta una lista di cose che dovrebbero fare altri; si ha successo se in 24 mesi si attua ciò che è stato deciso su diversi ambiti della PA come è stato fatto pe la fatturazione elettronica: fascicolo sanitario elettronico, fascicolo unico dello studente, sistema dei pagamenti della Pubblica Amministrazione, sistema di login unico del cittadino, identità digitale.
È necessario realizzare delle piattaforme strategiche della Pubblica Amministrazione, che in 24 mesi possono essere realizzate. Dietro a queste piattaforme ci devono essere delle persone responsabili dell’effettiva realizzazione del progetto.
Il problema delle PMI è la leadership: gli imprenditori continuano a ritenere l’attuazione delle tecnologie digitali un argomento solo per i tecnici. Un imprenditore che dice: io di queste cose non mi occupo è come se dicesse: io non mi occupo della mia azienda. Sulle PMI è importante fare evangelizzaizone spinta, far vedere le good practice relative all’uso delle tecnologie di rete nelle PMI.
Le start-up oggi non vedono sbocco delle loro iniziative all’interno del sistema delle imprese.
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