“Il 2014 è stato l’anno della messa a punto del motore, il 2015 sia l’anno dello scarico a terra della potenza di trasformazione e crescita che il digitale può offrire al Paese”. Con questa immagine il presidente di Confindustria digitale, Elio Catania, descrive lo stato della “macchina digitale” italiana, a un anno dall’insediamento del governo Renzi.
Il rodaggio è stato lungo e faticoso, ma ora siamo alle porte di una nuova fase. “Il 2015 deve e può essere realmente l’anno del cambio di segno”, sottolinea Catania evidenziando che alcune dinamiche di mercato – dalla discesa del prezzo del petrolio al cambio euro-dollaro fino al quantitative easing – “stanno iniettando fiducia”, creando l’humus per lo sviluppo di iniziative digitali in grado di pesare almeno un punto di Pil all’anno e di generare qualcosa come 700mila nuovi posti di lavoro nei prossimi anni.
“Troppi segni negativi hanno accompagnato l’Ict e la filiera digitale in questi anni. Troppe le imprese fallite perché non avevano gli elementi basilari della digitalizzazione, troppe le opportunità perse per incapacità di saper valutare le potenzialità delle tecnologia per raggiungere nuovi mercati e abbattere i costi. Solo nell’ultimo quadriennio il settore ha registrato una contrazione di 7 miliardi di investimenti, pari al 9% del fatturato. Ed il gap verso l’Europa si è andato ampliando. Il punto di partenza per il 2014 era dunque negativo, ma nel corso dell’anno ci sono stati diversi cambiamenti. Innanzitutto mi sembra che il governo, le imprese e l’opinione pubblica abbiano acquisito maggiore consapevolezza sul tema della digitalizzazione”.
Secondo il numero uno di Confindustria digitale la nuova squadra messa in campo dal governo – in particolare quella dell’Agid – è “finalmente operativa”. E da segnalare anche i provvedimenti – Crescita digitale e Piano nazionale banda ultralarga – “che per la prima volta tracciano una roadmap chiara e ravvicinata”. “Finalmente, credo anche grazie alla nostra spinta, sono state individuate poche piattaforme strategiche per mettere a segno l’Agenda digitale: identità digitale, anagrafe unica, fascicolo sanitario, pagamenti elettronici e completamento della fattura elettronica con l’estensione agli enti locali. E tutti questi progetti hanno date attuative nel 2015”.
Catania accende i riflettori anche e soprattutto sul ruolo delle imprese: “Si è capito che bisogna lavorare insieme e in maniera diversa. In questo momento sono operativi gruppi di lavoro congiunti presso l’Agenzia digitale che vedono al tavolo la filiera di Confindustria Digitale in tutti i programmi identificati. Decine e decine le persone coinvolte che operano in logica precompetitiva. Si è capito che il tema è complesso ed i tempi sono brevi: o si lavora insieme in chiave di ricostruzione del Paese o non si va da nessuna parte”. Ma è determinante, sottolinea il numero uno degli industriali dell’innovazione, che il mondo dell’impresa si dia un nuovo corso: “Noi come filiera ci siamo rimessi in discussione. A fine gennaio, per la prima volta dopo molti anni, abbiamo deciso di riunirci in un summit che ha coinvolto 250 imprese, startup incluse. Abbiamo fatto il punto su dove siamo e su cosa dobbiamo fare e chiedere. Ne è emersa la convinzione che anche noi dobbiamo cambiare il modo di approcciare il mercato. Finora il mondo delle imprese è stato troppo al di qua del tavolo, facendo leva solo sul marketing e stando in attesa di bandi. Ebbene così non può funzionare: dobbiamo portare più valore e scendere in campo proattivamente”.
Catania invita a mettere da parte gli alibi e a evitare gli scaricabarile: “Facciamo tutti parte dello stesso progetto, dunque ci vuole impegno e responsabilità da parte di tutti”. Fondamentale il ruolo delle startup: “Negli ultimi 24 mesi c’è stata un’esplosione di iniziative dal basso. È così che si generano idee ed occupazione. E come Confindustria Digitale stiamo lavorando per mettere in contatto i giovani con le pmi affinché il loro contributo innovativo possa avere uno sbocco industriale”.
Il 2015 sarà un anno chiave anche in termini di risorse sul piatto: l’Europa, ricorda Catania, ha allocato 9 miliardi di qui al 2020 per progetti che includano il digitale nella ricetta (direttamente o indirettamente), risorse che saranno “raddoppiate” con quelle nazionali. “Bisogna assolutamente evitare gli errori del passato – è il monito di Catania -. I soldi vanno spesi bene e dirottati verso progetti che consentano di spingere le piattaforme fondamentali per la trasformazione digitale del Paese”.
Resta da affrontare anche la questione dell’alfabetizzazione: “Un terzo degli italiani non ha mai usato Internet, è un dato negativo importante, ma è anche vero che stiamo assistendo a un fiorire di iniziative a livello ministeriale, locale e di imprese Ict che riguardano programmi di formazione inclusiva per le fasce di popolazione oggi escluse dalla dimensione digitale. È evidente che se mettiamo a disposizione programmi e progetti e se si forzerà il cittadino a interagire in maniera digitale attraverso i nuovi servizi della PA, il gap si chiuderà. In sostanza serve uno switch off. È questa la chiave e bisogna evitare la convivenza fra forme ‘arcaiche’ e digitali, altrimenti non si farà mai il grande salto”.
Resta però da sciogliere il nodo dei decreti attuativi: “Siamo sempre allo stesso punto, con provvedimenti al palo da mesi. E mi riferisco ad esempio al credito di imposta per la realizzazione di infrastrutture broadband, al decreto scavi e alle nuove regole sulle emissioni elettromagnetiche. La verità è che c’è bisogno di una governance chiara, ben individuata e determinata a far rispettare i tempi delle scadenze”.