“La prenderemo, in un modo o nell’altro”. Il 5 marzo scorso, durante il discorso sullo Stato dell’Unione, il Presidente Donald Trump ha ribadito con forza l’intenzione dell’amministrazione americana di acquisire la Groenlandia, definendola cruciale per la sicurezza nazionale e globale.
Gli analisti hanno sottolineato l’importanza dell’isola per le risorse naturali che custodisce, per le rotte commerciali e per le basi militari.
È rimasto però sottotraccia il valore che riveste per il controllo delle future arterie di telecomunicazione che passeranno attraverso l’Artico.
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L‘Artico come nuova frontiera per i cavi sottomarini
Per anni, il clima rigido e le condizioni ambientali hanno tenuto l’area ai margini delle dinamiche geopolitiche e delle vie di comunicazione. Oggi, tra cambiamenti climatici, scioglimento dei ghiacci e nuove tecnologie, l’Artico sta guadagnando rilevanza, finendo al centro di una contesa non solo tra gli Stati più prossimi (Russia, Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia e Stati Uniti).
Nel 2018, per esempio, la Cina si è definita “Near Arctic State”, nonostante la distanza tra i punti più vicini sia di circa 1.500 km. Nel suo primo documento dedicato all’Artico, Pechino ha rivendicato espressamente il diritto di portare avanti lo sviluppo dell’area tramite commerci, ricerche scientifiche, pesca, sfruttamento delle risorse naturali e anche cavi sottomarini.
I vantaggi strategici dei cavi sottomarini artici
L’apertura di rotte attraverso i ghiacci non ha solo implicazioni logistiche e commerciali, ma potrebbe rivoluzionare le infrastrutture globali di comunicazione.
I cavi in fibra ottica posati nell’Artico avrebbero almeno due vantaggi. Il primo è una trasmissione dei dati più veloce, grazie a percorsi più brevi tra Europa, Asia e Nord America, con una conseguente riduzione della latenza. Un esempio concreto: da Londra a Yokohama, il tragitto si dimezzerebbe da oltre 30.000 a circa 14.000 chilometri. In secondo luogo, l’Artico permetterebbe di evitare i colli di bottiglia del traffico globale di dati quali il Canale di Suez, lo stretto di Hormuz, quello di Malacca o il Canale di Sicilia. Questi punti critici sono congestionati da numerosi cavi e rotte marittime e rappresentano un rischio per la sicurezza delle infrastrutture digitali.
È prematuro immaginare delle imponenti autostrade di dati tra i ghiacci, ma le stime sono interessanti: le nuove rotte artiche potrebbero raggiungere il 70% della popolazione mondiale e il 50% degli utenti di Internet. Va inoltre aggiunto che le regioni fredde offrono condizioni ottimali per ospitare il crescente numero di data center che richiederà lo sviluppo del cloud e soprattutto dell’intelligenza artificiale.
Già oggi i leader di mercato come Google, AWS e Microsoft sfruttano aree in Islanda, Finlandia, Norvegia, Svezia o Québec per costruire i loro data center. Lì trovano clima freddo per ridurre i costi di raffreddamento dei server, accesso alle energie rinnovabili a prezzi moderati e una buona rete di connessioni.
Groenlandia: hub strategico per i cavi sottomarini artici
La posizione della Groenlandia può in futuro trasformarla in un luogo ideale per la costruzione di infrastrutture digitali e in un punto di controllo delle nuove rotte dei cavi passanti per l’Artico. Questo scenario la rende ancora più importante per Washington, che sull’isola può già contare su un avamposto militare, la Pituffik Space Base, parte del sistema di difesa missilistico dell’area e che nel passato ha ospitato fino a 12mila americani.
La competizione geopolitica sui cavi sottomarini artici
L’intenzione dell’amministrazione americana di controllare l’isola deriva anche dal fatto che l’Artico si è tramutato in pochi anni da area in cui si stavano sperimentando forme di collaborazione tra Occidente e Federazione Russa a terreno di consolidamento della nuova partnership tra Pechino e Mosca sui progetti di telecomunicazione.
I progetti europei di cavi sottomarini artici
Nel 2016 Finlandia e Russia avevano annunciato l’Arctic Connect, un cavo da 14mila chilometri tra Europa e Asia che sarebbe dovuto entrare in servizio tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023, ma la cui costruzione è stata sospesa a causa delle evoluzioni geopolitiche che hanno portato prima a un isolamento della Russia e successivamente, dopo l’invasione dell’Ucraina, a un deterioramento delle relazioni bilaterali tra i due Paesi.
La realizzazione e posa del cavo erano state appaltate all’operatore cinese HMN Tech, a dimostrazione che il quadro internazionale permetteva a quel tempo partnership fra Paesi occidentali, Russia e società cinesi che oggi sarebbero impensabili.
La società finlandese Cinia, che era in prima fila nell’Arctic Connect, è oggi impegnata in un nuovo progetto, il Far North Fiber, un cavo da 17mila chilometri finanziato con circa 20 milioni di euro dall’Unione Europea, che entro la fine del 2026 dovrebbe diventare il primo collegamento diretto tra il Vecchio Continente e il Giappone. Nei suoi documenti ufficiali Bruxelles sottolinea espressamente che l’obiettivo del cavo è quello di “migliorare significativamente la posizione dell’Europa nella competizione globale dell’economia dei dati”.
Nuove iniziative per i cavi sottomarini artici
A fine 2024 la Commissione Europea ha assegnato altri 3,5 milioni di euro per lo studio di fattibilità di un altro cavo artico, il Polar Connect, che ha l’obiettivo di collegare il Nord Europa con il Giappone e la Corea del Sud, con diramazioni anche verso il Nord America.
Il Far North Fiber e il Polar Connect puntano a sfidare in particolare il progetto russo Polar Express, un cavo di oltre 12mila km che nel 2026 unirà Murmansk a Vladivostok. Sul sito ufficiale si sottolinea che “il nuovo sistema creerà un’alternativa alle comunicazioni satellitari, riducendo al minimo il livello di ritardo nella trasmissione delle informazioni. Il progetto contribuirà a soddisfare le crescenti esigenze del commercio online, delle tecnologie cloud e dei big data fornendo un accesso a Internet affidabile e conveniente”.
Il futuro dei cavi sottomarini artici e il ruolo della Groenlandia
Anche il G7 ha provato a contrastare i piani russi. Nel 2024 la Presidenza italiana ha enfatizzato l’importanza di una maggiore collaborazione per la protezione delle infrastrutture critiche digitali e nella discussione è stata inserita anche l’ipotesi della realizzazione da parte dei membri del G7 di un cavo artico. Un’idea che resta al momento in stand-by, anche perché le complessità che caratterizzano tutti i progetti tra i ghiacci richiedono forti partnership con operatori privati.
Gli hyperscalers americani più attivi come Google e Meta, che hanno recentemente annunciato varie iniziative molto ambiziose di nuovi cavi, sembrano al momento titubanti verso investimenti in un’area nella quale i ritorni economici sono ancora un’incognita. In questo senso l’acquisizione della Groenlandia permetterebbe un posizionamento statunitense più assertivo nell’area e potrebbe creare condizioni maggiormente favorevoli anche a nuovi investimenti, trasformando l’isola in un crocevia strategico delle comunicazioni digitali.