Il Chips Act, la proposta di legge europea sui semiconduttori, ha come obiettivo garantire l’approvvigionamento di chip agli Stati membri dell’UE e sviluppare una leadership europea nel design e nella produzione di semiconduttori.
Dal POS alla lavatrice, dall’automobile al cellulare: tutti gli oggetti smart sono oggi dotati di un chip, un microprocessore integrato. A propria volta, ciascun chip è composto da una sottilissima piastrina di silicio, materiale semiconduttore, su cui vengono inserite componenti elettroniche a semiconduttore come i transistor.
Chip, dall’integrazione alla produzione: il ritorno alle architetture verticali
I materiali semiconduttori, capaci cioè di farsi attraversare dalla corrente elettrica a particolari condizioni, a metà tra un conduttore e un isolante, sono quindi componenti strategiche per l’industria manifatturiera, specie in chiave 4.0.
Immagine tratta dal sito del Parlamento Europeo
La domanda in crescita e la crisi di approvvigionamento che si protrae dal 2020 e che risente anche delle tensioni geopolitiche, hanno spinto l’UE ad agire con un intervento legislativo specifico sul tema.
Che cos’è e cosa significa Chips Act
Il “Chips Act” o “European Chips Act” è la “legge europea sui semiconduttori”: approvata l’8 febbraio 2022 dalla Commissione Europea e ora al vaglio del Parlamento, prevede lo stanziamento di 43 miliardi di euro per la creazione di una filiera europea di design e produzione dei chip. L’obiettivo è raddoppiare, entro il 2030, la produzione di semiconduttori.
Il “pacchetto” del Chips Act comprende una comunicazione, due proposte di regolamento e una raccomandazione:
- la comunicazione illustra la strategia europea e le motivazioni alla base del Chips Act;
- le proposte di regolamento sono gli interventi legislativi veri e propri;
- la raccomandazione è un documento che definisce gli strumenti di monitoraggio dell’ecosistema dei chip con azioni immediate suggerite agli Stati membri.
Le cifre stanziate dovranno essere impiegate:
- nella realizzazione di nuove fabbriche,
- nel potenziamento di quelle già operanti nel settore,
- nel supporto di aziende e startup che si occupano di sviluppare software e hardware di settore.
La Commissione Europa ha calcolato che nel 2021, siano stati fabbricati più di 1000 miliardi di chip nel mondo, quasi 140 per ogni persona sulla terra. E la domanda è in continua crescita, per due motivi principali:
- l’aumento della richiesta dei consumatori di prodotti elettronici,
- l’uso sempre maggiore di semiconduttori collegato alla diffusione dell’IA e del big data management.
La produzione dei chip prevede competenze specifiche e cospicui investimenti, sia nella fase iniziale, per la costruzione degli impianti e l’acquisto di attrezzature e materie prime, sia in seguito su ricerca e sviluppo, finalizzati a realizzare chip sempre più piccoli, sempre più potenti ma sempre meno energivori.
Ad oggi, se design e ricerca si concentrano negli Stati Uniti, la produzione è in mano all’Asia: a Taiwan viene fabbricato il 60% dei chip di tutto il mondo, che viene assemblato, collaudato e imballato perlopiù in Cina.
La filiera produttiva dei semiconduttori è diventata uno degli esempi principali dell’interdipendenza tra Stati nella globalizzazione: nessuno Stato ha il controllo completo della filiera, che quindi risente delle relazioni geopolitiche tra Stati diversi.
Chips Act: perché è importante
Il Chips Act è importante perché ha l’obiettivo di rendere autonoma l’UE in un settore strategico come la progettazione e produzione di chip. Chip che a propria volta supportano e abilitano le architetture di gestione dei big data e di controllo e scambio di informazioni tra dispositivi.
La European Semiconductors Industry Association stima che la quota europea di produzione dei chip nel mercato globale sia passata dal 40% degli anni Novanta, al 13% nel 2010, al 10% nel 2020. Numeri che sottolineano un crescente disimpegno europeo nel settore, inversamente proporzionale all’importanza che questo mercato ha assunto negli ultimi decenni.
La pandemia, con la corsa a smartphone e dispositivi necessari allo smartworking, alla didattica a distanza e rendere più “sociale” l’isolamento, ha aumentato in modo esponenziale la già imponente domanda di chip: a fine 2020 è iniziata la cosiddetta crisi dei chip, o chip crunch, con aumento dei prezzi, ritardi nella produzione, riprogettazione del design di alcune linee di prodotto per le difficoltà di approvvigionamento delle componenti.
Tra le altre cause della chip crunch:
- i cambiamenti climatici: la siccità e gli incendi che hanno colpito Taiwan nel 2021 hanno portato alla riduzione della produzione di microchip o alla chiusura di alcuni stabilimenti (es. Renesas Electronics nel marzo 2021, o lo stabilimento berlinese della ASML nel gennaio 2021);
- la guerra economica tra USA e Cina: nell’agosto 2020 gli Stati Uniti hanno introdotto il “Foreign Direct Product Rule” che ha impedito a Huawei di utilizzare software e attrezzature statunitensi per produrre i propri semiconduttori, spostando la domanda dei partner USA verso produttori taiwanesi e sudcoreani;
- la guerra in Ucraina: l’Ucraina è il principale esportatore di neon, il gas che serve per l’incisione dei chip, mentre quasi un terzo del palladio mondiale viene dalla Russia. Lo stop alle estrazioni e il fermo alle produzioni ucraine causato dalla guerra nonché le sanzioni economiche inflitte alla Russia hanno reso il quadro della supply chain dei chip ancora più instabile.
Lo European Chips Survey, pubblicato ad agosto 2022, prevede che la domanda di chip raddoppierà tra il 2022 e il 2030, mentre la crisi dell’offerta durerà almeno fino al 2024, costringendo le imprese a costose misure di mitigazione.
La Commissione Europea ha calcolato che a causa della chip crunch, l’industria automobilistica abbia ridotto la propria produzione fino a un terzo in alcuni paesi UE.
In questo quadro si colloca il Digital Chips Act e se ne delinea la sua importanza.
Legge sui semiconduttori: in che modo l’UE vuole salvare la supply chain
Il Chips Act si fonda su tre punti principali:
- sostenere l’innovazione nell’ecosistema dei chip nell’Unione Europea;
- migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento UE;
- istituire un meccanismo di monitoraggio e risposta alla crisi
A questi tre obiettivi, corrispondono quindi:
- la “Chips for Europe Initiative”: 11 miliardi di euro per finanziare ricerca, formazione, progettazione, realizzazione e sperimentazione di prototipi. In particolare, l’iniziativa si basa su cinque interventi: una piattaforma di progettazione virtuale europea, con architetture dei processori in open-source; lo sviluppo di linee guida per produzione e sperimentazione innovativa; l’accelerazione dello sviluppo dei chip quantistici; una rete europea di centri di competenza; un “Fondo Chips” per l’accesso al finanziamento del debito e del capitale per start-up, scale-up e pmi;
- un nuovo quadro per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento, attraverso investimenti e la nascita di nuove fonderie per microchip. È previsto un fondo mirato per aiutare le startup ad accedere ai finanziamenti e le pmi ad espandersi sul mercato attraverso investimenti in equity;
- la costruzione di un meccanismo di coordinamento tra gli Stati membri e la Commissione Europea, col compito di monitorare l’approvvigionamento dei semiconduttori, stimare la domanda e impedire o anticipare eventuali carenze. Il coordinamento dovrà anche raccogliere informazioni dalle imprese per individuare debolezze e punti di forza della catena produttiva e coordinare le azioni da intraprendere, compreso un pacchetto di strategie di emergenza per prendere decisioni immediate e proporzionate alla crisi. Il meccanismo di coordinamento tra gli Stati membri e la Commissione viene attivato tramite una “raccomandazione” subito operativa che ha anche potere di veto sulle esportazioni e che dovrà proporre strategie immediate di risposta alla crisi fino all’adozione del regolamento definitivo.
Quali sono gli obiettivi prefissati
Il Chips Act si pone molteplici obiettivi:
- porre fine alla “chip crunch”, cioè alla carenza di componenti al silicio che danneggia, da quasi due anni, le supply chain tecnologiche e non solo;
- sopperire a eventuali interruzioni nella catena di approvvigionamento dei semiconduttori;
- fare dell’Europa un leader industriale nel settore strategico della produzione dei chip, ponendo fine alla dipendenza dall’Asia e dagli Stati Uniti;
- affrontare la carenza di competenze per migliorare la capacità di ricerca e sviluppo nella progettazione e produzione dei chip.
Innovazione tecnologica
Il Chips Act punta a rendere leader l’UE nella produzione di microchip pari o inferiori a due nanometri dal 2024. Un nanometro è pari alla crescita di un’unghia in un secondo. Ad oggi, la produzione di chip è pari a cinque nanometri ma già entro l’anno è prevista la produzione di chip a tre nanometri.
La Chip for Europe Initiative, primo pilastro del Chips Act, prevede l’istituzione di una rete di centri di competenza europea, nonché di una piattaforma virtuale UE per architetture di processori in open-source (RISC-V). È prevista la creazione di linee guida sulla produzione di chip sotto i due nanometri, nonché sulla tecnologia Fully Depleted Silicon-on-Insulator (FD-SOI) sotto i dieci nanometri, sui sistemi eterogenei 3D, sull’elettronica per l’energia sostenibile e la mobilità elettrica, sull’integrazione con i chip neuromorfici. Una specifica azione è dedicata all’accelerazione dello sviluppo dei chip quantistici.
Progresso e sviluppo
Per aumentare la produzione interna di semiconduttori dal 10% al 20% in dieci anni, con la domanda che raddoppierà, le aziende dovrebbero quadruplicare la produzione attuale.
Il Chips Act prevede un “Fondo Chips” per l’accesso al debito di start-up e all’equity delle scale-up e delle Pmi. La rete dei centri di competenza dovrebbe supplire all’attuale carenza di formazione e fare emergere una forza lavoro adeguatamente qualificata.
Sicurezza nell’approvvigionamento
Il Chip Act prevede di garantire la sicurezza interna nell’approvvigionamento di semiconduttori attraverso l’istituzione degli Impianti di Produzione Integrata (IPF -Integrated Production Facilities) e delle Fonderie Europee Aperte (OEF – Open European Foundries).
Entrambe le qualifiche saranno soggette a una decisione della Commissione Europea.
Per diventare un IPF o un OEF, un impianto che produce semiconduttori dovrà qualificarsi come FOAK – ‘First-Of-A-Kind facility’, ovvero “impianto primo nel proprio genere”:
- il primo ad essere presente in UE su grande scala, al di là della R&S;
- mai progettato per essere realizzato;
- con un chiaro impatto positivo sulla catena del valore, sulla sicurezza dell’approvvigionamento e sulla fornitura di forza lavoro qualificata;
- il primo a investire sulla prossima generazione di chip.
Mentre gli IPF saranno integrati verticalmente, cioè controlleranno la filiera dalla progettazione alla commercializzazione, le OEF produrranno chip progettati e commercializzati da altri.
In quanto strutture di interesse pubblico, la costruzione di un IPF o di una OEF sarà prioritaria per gli Stati membri: le strutture potranno ricevere aiuti di Stato, avranno accesso prioritario alla Chip for Europe Initiative e avranno l’obbligo di accettare ordini specifici di fornitura dalla Commissione in caso di crisi.
Monitoraggio e risposta alla chip crunch
La proposta di regolamento del Chips Act istituisce un meccanismo di monitoraggio e di risposta alle crisi della supply chain.
La Commissione effettuerà una valutazione del rischio per la fornitura di semiconduttori nell’Unione con una serie di indicatori di allarme rapido.
Gli Stati membri sono invece chiamati a mappare le imprese di settore a livello nazionale e notificare l’elenco alla Commissione, monitorando gli indicatori di preallarme e la disponibilità di beni e servizi.
Gli Stati informeranno regolarmente sullo stato del settore il Consiglio Europeo per i Semiconduttori (ESB), chiamato a fornire consulenza e assistenza alla Commissione nell’attuazione del Chips Act. In caso di informazioni su una fluttuazione della domanda di chip, gli Stati dovranno allertare la Commissione, che convocherà una riunione dell’ESB per attivare o meno lo stato di crisi e l’approvvigionamento coordinato tra Stati.
In caso di crisi, la Commissione attuerà per un tempo definito misure di emergenza, come ordini prioritari, acquisti o esportazioni comuni.