Lo sviluppo delle città passa attraverso la loro (ri)costruzione come smart cities, secondo un modello a quattro layers che EY ha messo a punto e che è diventato un riferimento.
La lettura fatta attraverso lo Smart City Index circa il posizionamento delle città sui layers mostra le diverse traiettorie percorse dalle città, anche in virtù di scelte di governance e di investimento fatte dai vari territori. EY ritiene che la costruzione della smart city debba avvenire in modo ordinato ed equilibrato tra i quattro layers, in un dialogo innovativo e insieme costruttivo tra pubblico e privato.
(Su questo tema vedi anche Icity Rate 2017, il 24 ottobre a Milano)
Lo state-of-the-art analizzato da EY mette in luce l’emergere di due dinamiche:
- Le applicazioni e le Urban Data Platforms, dove i temi principali sono l’individuazione di servizi innovativi, utili e facili da usare, nonché il coinvolgimento di imprese e cittadini nella co-creazione di questi servizi, sfruttando anche le idee innovative delle tante start-up che stanno nascendo negli incubatori e nei fab-lab delle città. Occorre promuovere anche a livello urbano la creazione di ecosistemi digitali integrati, citizen-centred e user-oriented, che traggano linfa da una stessa Data Platform urbana, ma che allo stesso tempo siano interoperabili tra le città e sfruttino una curva di esperienza comune delle città. In questo contesto è importante comprendere quale ruolo possono giocare gli enti centrali nel valorizzare le esperienze locali in un framework complessivo di trasformazione digitale nazionale e garantire l’interoperabilità complessiva del sistema Paese.
- Le infrastrutture e l’Internet-of-Things delle città, dove gli investimenti in tecnologia sono considerevoli, vengono principalmente condotti dalle utilities in una logica business-oriented, ma tocca al governo delle città mettere a fattor comune tutti questi interventi e riorientarli anche ad una visione comune, nell’ottica delle IoT-platforms. Occorre, quindi, migliorare il dialogo tra le amministrazioni e i soggetti che realizzano l’innovazione nei layers di base della smart city, e cioè le utilities e i fornitori di tecnologie. Nell’attuale contesto è inoltre importante capire come possono essere canalizzati verso questi obiettivi i fondi disponibili a livello centrale.
Dall’analisi dei dati dello Smart City Index di EY emergono alcune evidenze:
- Ben il 40% delle città capoluogo di provincia si trova in una situazione di ritardo su tutti gli strati, mentre per converso solo il 30% si trova in una situazione di relativo sviluppo equilibrato. Un altro 30% si trova invece lungo un percorso squilibrato, essendo più avanti sulle infrastrutture (il 12%) o sui servizi (il 18%). Quest’ultimo dato è interessante perché mostra che le città tendono a “portarsi avanti” aumentando l’erogazione di servizi, ma lo fanno prevalentemente per “silos” verticali, senza quell’integrazione infrastrutturale e della sensoristica, che rende i servizi veramente smart e a valore aggiunto.
A livello territoriale emergono differenze significative, dovute a scelte diverse di governance e priorità di investimento:
- Le città del Centro-Nord appaiono mediamente più avanzate rispetto alle città del Sud e anche maggiormente equilibrate nello sviluppo. Le città del Nord-Ovest sono più avanzate nelle infrastrutture rispetto a quelle del Nord-Est, grazie ad una maggiore presenza delle multiutility e del loro maggiore dinamismo nei progetti smart. Nel Sud, le città campane e pugliesi si distinguono per un buono sviluppo infrastrutturale (soprattutto banda ultralarga, energie rinnovabili ed efficienza energetica), ma restano ancora arretrate sui servizi, che hanno un grado di disponibilità per i cittadini di gran lunga inferiore rispetto alle città del Centro-Nord. Ancora indietro, su tutti gli strati, si trovano le altre città del Sud, ad es. le città siciliane.
- Ad esempio le città emiliano-romagnole appaiono leggermente più avanzate sul fronte dei servizi, anche per il ruolo della Regione nello sviluppo di piattaforme di servizi interoperabili diffusi in più città del territorio, e stanno quindi costruendo la loro smart city a partire dal coinvolgimento del cittadino e cercando di mettere a sistema la tradizionale ricchezza di servizi sviluppati negli ultimi anni.
- Le città toscane, invece, risultano altrettanto avanzate nello sviluppo dei servizi, ma mostrano una eccessiva parcellizzazione a livello delle infrastrutture, con molti soggetti diversi che le gestiscono nelle città, fattore che sta frenando l’integrazione delle reti e la loro sensorizzazione standardizzata.
- Le città “alpine”, come Aosta, Bolzano e Trento, che fanno parte di territori che godono di maggiore autonomia, appaiono tra le più infrastrutturate d’Italia, ma con un livello di servizi che si attesta intorno al valore medio. Complessivamente si posizionano in prima fascia (Trento addirittura nella top 10), ma con un percorso fino ad ora fortemente sbilanciato verso le infrastrutture.
Infine, qualche anticipazione sul “quinto” strato che EY sta aggiungendo nella nuova edizione dello Smart City Index, lo strato relativo all’ascolto dei cittadini, attraverso la sentiment analysis dei social network.
Una prima analisi condotta sulle 14 città metropolitane, e focalizzata sull’accesso ai servizi attraverso il Wi-Fi pubblico cittadino, evidenzia come non ci sia correlazione tra disponibilità dei servizi (il livello del quarto strato della smart city) e soddisfazione dei cittadini (il quinto strato). Ci sono Comuni dove sono disponibili tanti servizi, ma la soddisfazione dei cittadini e dei turisti per l’accesso a questi servizi attraverso il Wi-Fi pubblico cittadino è molto bassa (non solo per un problema di scarsità di banda o per pochi hot-spot, ma anche per farraginosità della procedura di registrazione o per la scarsa usabilità della navigazione all’interno delle applicazioni). Tuttavia sono presenti tutte le combinazioni: città con pochi servizi ma con utenti soddisfatti, città che mettono in rete tante applicazioni e che registrano un buon gradimento, così come città povere di servizi, con cittadini che proprio di questo si lamentano. Significa che la stragrande maggioranza delle città non ascolta i cittadini e quindi non orienta le priorità e le scelte verso quello che serve o piace ai cittadini. A questo fine EY ha deciso di aggiungere uno strato di indicatori basato sulla sentiment analysis, sia per completare la misurazione con un elemento di valutazione ormai imprescindibile, sia per dare alle città un ulteriore strumento per capire a che punto stanno e poter compiere scelte che le avvicinino davvero ai propri cittadini.