Viviamo in città più intelligenti ma anche sempre più complicate da gestire. Città in cui le persone si sentono più insicure e in cui rispondere alla criminalità è una sfida crescente per forze di polizia con budget che si vanno riducendo. Ma proprio la smart city, con la banda larga, gli abitanti s
empre connessi e i big data, può trovare al suo interno gli anticorpi più adatti per una risposta efficace alla criminalità e al senso di insicurezza di chi la vive. Trovare questi nuovi anticorpi, tecnologici ma non tecnocratici, è la sfida di una sicurezza urbana innovativa. Ma come? I dati sulle denunce, con i luoghi e i tempi degli eventi criminali, sono il miglior predittore della concentrazione futura della criminalità. Illuminazione, traffico, meteo, uso dei trasporti pubblici o della telefonia mobile in tempo reale parlano, a chi li sa ascoltare, della concentrazione spazio-temporale dei reati, degli stili di vita delle persone, dei fattori di rischio e di protezione rispetto a criminalità, disordine e insicurezza. La tipologia e la collocazione di “obiettivi sensibili”, “facilitatori” o “protettori” di disordine e di criminalità modificano la sicurezza dei cittadini, oggettiva e soggettiva (percepita). Dati sul disordine urbano e sul senso di insicurezza sono facilmente ottenibili direttamente dai residenti, anche con applicazioni ad hoc, e sono di grande utilità. E tutte queste informazioni, spesso raccolte per scopi differenti dalla sicurezza urbana, possono essere fuse, combinate, in modo veloce e produttivo, e analizzate in tempo reale, fornendo automaticamente fotografie, confronti, predizioni, per chi gestisce la sicurezza a livello locale, sia esso sindaco o capo di polizia. È un’idea di sicurezza urbana basata su conoscenza real-time, su analisi avanzate e automatizzate, che permetterà non solo un miglior controllo del territorio, ma soprattutto di capire se gli interventi dell’amministrazione stiano andando nella direzione giusta o, semplicemente, quali siano quelli più opportuni. Una nuova sicurezza urbana, più prossima alla città e ai cittadini, ai loro reali bisogni, più rapida. Più saremo in grado di realizzare questo scenario in modo attento alle persone e alla loro privacy, più avremo vinto questa sfida.
È questa la visione di eSecurity, progetto di ricerca ancora unico nel suo genere a livello internazionale, coordinato dal gruppo di ricerca eCrime della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento e realizzato in partnership con la Questura di Trento, la Fondazione Bruno Kessler e il Comune di Trento. eSecurity, conclusosi di recente dopo tre anni di lavoro, è stato co-finanziato dalla Commissione europea e ha sviluppato un sistema informativo geografico che poggia su una banca dati contenente informazioni su reati denunciati, disordine urbano, vittimizzazione, percezione della sicurezza da parte dei cittadini e altre variabili rilevanti (ad esempio variabili socio-demografiche, condizioni climatiche, traffico, trasporti pubblici). eSecurity genera in modo automatico report, mappe di rischio e di sicurezza urbana predittiva. Consente così di definire, visualizzare e comparare criminalità, insicurezza e disordine urbano, offrendo interpretazioni sulle loro cause, e di prevederne le concentrazioni future. Il sistema informativo georiferito è uno strumento semplice e operativo per le forze di polizia e le amministrazioni, applicabile in ogni contesto locale.
eSecurity parte dall’assunto, proprio della criminologia ambientale e della polizia predittiva, che gli eventi criminali tendono a concentrarsi in luoghi specifici e in particolari archi temporali. La polizia predittiva basa le sue analisi sui crimini passati e sulle eventuali ricorrenze riscontrate negli schemi di comportamento dei criminali per prevedere la criminalità futura e razionalizzare, così, i servizi di pattugliamento. Tra i pochi casi di rilievo di polizia predittiva ci sono il software Crush, sviluppato da IBM per la polizia di Memphis, e l’esperienza del Dipartimento di Polizia di Los Angeles con il supporto di ricercatori dell’Università della California. eSecurity va oltre: sposta l’ottica della sperimentazione dal “predictive policing” (polizia predittiva) alla più articolata “predictive urban security”, la sicurezza urbana predittiva. Lo strumento ICT realizzato a Trento infatti non si serve solo dei dati sui reati denunciati, ma utilizza anche altre variabili ambientali. Tiene poi conto del disordine fisico e sociale e dell’insicurezza dei cittadini, rilevati con applicativi appositamente realizzati e con indagini campionarie semestrali. Così facendo permette non solo di prevedere il “dove” e il “quando” della criminalità, dell’insicurezza e del disordine, ma anche di comprenderne i “perché”.
eSecurity, in definitiva, vuole mostrare un percorso che, sfruttando le tecnologie e valorizzando il patrimonio informativo sempre più presente nelle nostre città, colleghi cittadini e attori istituzionali in un’idea di sicurezza integrata e partecipata di nuova generazione.