il quadro

Cloud e datacenter pubblici, così l’Italia cresce e razionalizza le infrastrutture

Matura il mercato cloud e datacenter in Italia. Crescono gli investimenti ma avanza anche il piano di razionalizzazione delle infrastrutture pubbliche. Ecco la situazione

Pubblicato il 27 Apr 2018

Lorenzo Principali

direttore Area Digitale di I-Com

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Cloud e datacenter, c’è aria di crescita e maturazione in Italia. Il Paese sta registrando notevoli passi avanti nella diffusione dei servizi cloud e dei data center, con una crescita degli investimenti stimata sopra al 20%; allo stesso tempo, sta portando avanti, anche in questi giorni, un piano di razionalizzazione delle infrastrutture ict pubbliche.

Dal confronto internazionale, realizzato mettendo in correlazione le stime effettuate a livello locale da diversi istituti, emerge come queste performance posizionino il nostro Paese in quarta posizione, dietro la Gran Bretagna, che si configura come il mercato più grande, ed il binomio Francia – Germania, ma davanti la Spagna, rispetto alla quale l’Italia fa registrare valori superiori quasi del doppio.

Secondo le rilevazioni condotte da I-Com, il motore della crescita italiana è Milano, nella cui provincia è collocato oltre il 37 per cento dei data center aperti al pubblico. Gli altri due poli sono costituiti da Roma e Torino. Questa densità di strutture nelle grandi città, inevitabilmente, si fa sentire anche nella distribuzione regionale, con la maggioranza dei data center collocati in Lombardia, Lazio e Piemonte.

I datacenter regionali

A livello strutture pubbliche, le iniziative sono circoscritte ad alcune regioni. In Toscana, da diversi anni è operativo il data center regionale denominato TIX (Tuscany InterExchange), finalizzato a consolidare la collaborazione tra gli enti della pubblica amministrazione toscana e del mondo sanitario. L’Emilia Romagna, attraverso la società in house Lepida, sta consolidando le proprie infrastrutture presso quattro nuovi data center con elevate caratteristiche di performance, sostenibilità e sicurezza, beneficiando anche della rete proprietaria a banda ultra-larga. Il Piemonte ha dato vita nel 2014 alla Piattaforma Operativa di Servizi Cloud, che ha permesso agli enti della pubblica amministrazione di avviare i piani di convergenza infrastrutturale utilizzando strumenti sviluppati appositamente dal consorzio di enti pubblici CSI Piemonte. Tra le esperienze più interessanti si evidenzia anche il progetto per un Data Center Unico Territoriale introdotto dalla Provincia Autonoma di Trento nel 2012. Inoltre, è in fase di sviluppo il Progetto Tripolo, un’iniziativa finalizzata a connettere le reti e i data center delle società in house di Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Provincia di Trento. L’iniziativa prevede una cabina di regia costituita dalla Commissione Speciale Adi, AgID, e Assinter Italia in rappresentanza della rete delle società ICT in house regionali.

Il piano italiano di sviluppo del cloud

A livello nazionale il “Piano Triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione 2017-2019”, realizzato da AgID e dal Team per la Trasformazione Digitale, coordina un insieme di attività il cui investimento ammonta a circa 4,6 miliardi di euro. Tramite processi di consolidamento dell’infrastruttura hardware e software si prevede una riduzione di almeno il 50% della spesa annua legata all’infrastruttura ICT nella PA. Il Piano ha previsto la partecipazione di tutte le pubbliche amministrazioni che dispongono di infrastrutture fisiche al nuovo censimento dei data center pubblici. Secondo l’ultima verifica effettuata nel 2013, delle 985 strutture censite la maggior parte risultava dislocata in Lombardia (242), Veneto (130) ed Emilia Romagna (105). L’aggiornamento del censimento è stato previsto in due fasi: la prima –  avviata a dicembre 2017 e terminata a lo scorso febbraio –  ha coinvolto le regioni e le città metropolitane. La seconda, lanciata da AgID lo scorso 23 aprile, riguarda le amministrazioni centrali e i Comuni. Lo scopo è razionalizzare i data center della pubblica amministrazione e consolidare quelli meno performanti in centri selezionati.

Dopo aver completato la seconda fase del censimento, AgID individuerà un insieme di infrastrutture fisiche da eleggere a Poli strategici nazionali (PSN), qualifica assegnata in relazione a criteri quali capacità, eccellenza tecnica, economica ed organizzativa. Le infrastrutture così identificate saranno inserite tra le “infrastrutture critiche” rilevanti per la sicurezza nazionale. I data center che non saranno eletti a Poli strategici verranno divisi in due categorie: il primo gruppo, che comprenderà le strutture che non eccellono rispetto a determinate caratteristiche, continuerà ad operare fino alla completa migrazione, garantendo nel contempo la continuità dei servizi. Il secondo gruppo, che includerà i data center non ritenuti in grado di garantire requisiti minimi di affidabilità e sicurezza rispetto a criteri infrastrutturali e/o organizzativi, verrà consolidato all’interno di una delle strutture elette a Polo strategico. Il Piano prevede anche che le pubbliche amministrazioni non possano sostenere spese relative alla costituzione di nuovi data center o all’evoluzione di quelli non eletti a Poli strategici, a meno che tali spese non siano finalizzate ad evitare interruzioni del servizio ad anticipare i processi di migrazione o consolidamento. Inoltre, l’AgID avrà il compito di definire il percorso della PA verso il modello cloud a seguito della razionalizzazione, anche attraverso uno studio strategico diretto a stabilire i requisiti tecnici e organizzativi entro giugno 2018.

Il quadro dei piani cloud e datacenter pubblici in Europa

Cloud e datacenter pubblici, i piani dei diversi Paesi europei

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