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Cloud PA, ecco il modello Emilia-Romagna (al confronto col piano nazionale)

La PA è uno dei maggiori fornitori di servizi per cittadini e imprese, ma fatica a stare al passo dei privati. Per la svolta occorre ripensare i processi per lavorare in ottica di servizi digitali, di qualità e livelli di servizio. Ecco perché puntare sul modello Community Cloud

Pubblicato il 21 Apr 2017

Dimitri Tartari

Coordinatore tecnico Commissione Agenda Digitale Conferenza delle Regioni e Province Autonome

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Dovrebbe essere ormai chiaro, ma quando si parla di servizi di Data Center (esternalizzazione, virtualizzazione, server consolidation, servizi di piattaforma etc.) non sempre questo è sinonimo di cloud. Cloud è anche – e soprattutto – pay-per-use e da provisioning e de-provisioning “agile” di risorse/applicazioni.  Il Cloud, quindi è uno step successivo, avanzato, a cui oggi dobbiamo tendere come pubblica amministrazione.

Ma, prima di tutto, occorre gettare al meglio le fondamenta, e stabilire strategicamente che, a prescindere dagli obblighi derivanti dal Patto di stabilità e il Piano Triennale per l’Informatica nella PA, il cloud computing è una scelta “obbligata” per la PA non rimandabile, ma da compiere “a piccoli passi”.

Il cloud non è solo una tecnologia, è un nuovo paradigma che abilita la Pubblica Amministrazione ad esercitare un ruolo nuovo nella società che cambia (o è già cambiata).

Oggi, la PA è uno dei maggiori fornitori di servizi per cittadini ed imprese; ma è un fornitore che fatica a stare al passo dei privati. Occorre quindi ripensare i processi per lavorare in ottica di servizi digitali, di qualità e livelli di servizio (H24 x 7 x 365) in quanto i clienti “cittadini e imprese” sono attivi indipendentemente dagli orari degli uffici della PA.

La missione complessa, è fare tutto questo ottimizzando la spesa, e rivoluzionando le competenze.

Sembra una banalità, ma per i tecnici che hanno per anni usato “cacciaviti e tastiere“ per intervenire su server, non è scontato passare all’analisi  di condizioni di forniture e livelli di servizio, in un paradigma “cloud”.

Quanto ai modelli per il cloud, si è ovunque alla ricerca di modelli specifici per la PA.

Ad oggi, c’è la convinzione che il modello Community Cloud sia molto valido per la PA. Funziona più o meno così: a livello regionale si individuano modelli di partnership pubblico-privato in modo da ottimizzare sinergie e ridurre i costi di gestione.

Secondo queste considerazioni nasce la strategia di implementazione di una rete di Data Center regionali e la loro progressiva evoluzione del relativo modello di delivery del cloud computing elaborata da Regione Emilia-Romagna.

Questa strategia, chiaramente è resa possibile dall’ecosistema emiliano-romagnolo che grazie a due asset già consolidati, lo rende particolarmente ricettivo all’innovazione, e cioè:

  • La rete ottica a banda ultra-larga (Lepida) di proprietà regionale che interconnette gli Enti pubblici del territorio;
  • Il modello collaborativo e concertativo per l’armonizzazione dello sviluppo tecnologico sul territorio regionale (Community Network).

La rete a banda larga e ultra larga di proprietà regionale, diffusa su tutto il territorio, configurabile in modo totalmente flessibile a tutti i layer dello stack architetturale, ridondata per garantire l’alta affidabilità e scalabile per fornire prestazioni adeguate in funzione delle necessità di carico, rappresenta un elemento essenziale nella prospettiva di erogare servizi core secondo il modello di delivery previsto dal cloud computing.

La rete rappresenta, quindi, un asset a disposizione di Regione Emilia-Romagna per implementare le proprie strategie di consolidamento dei Data Center e di evoluzione verso il cloud computing, in cui ha un ruolo fondamentale Lepida SpA (società pubblica, operante secondo il modello in house providing, partecipata da tutte le PA locali della Regione, nonché da Università, Aziende sanitarie e ospedaliere, Unioni di Comuni e altri Enti pubblici) in qualità di soggetto coordinatore per la realizzazione delle infrastrutture nativamente interconnesse alla rete  a banda ultra-larga Lepida.

In questa prospettiva strategica, i Data Center si configurano come un servizio a valore aggiunto della Rete Lepida, valorizzando così gli investimenti di realizzazione della rete e rafforzando i progetti di implementazione di una grande infrastruttura unitaria.

Al fine di completare le azioni sopra indicate (DC e servizi in Cloud) la Regione Emilia-Romagna, tramite la sua in-house LepidaSpA, ha avviato due ulteriori azioni in tema di razionalizzazione ed efficientamento della spesa.

La prima, partendo dai dati del SIOPE relativi al 2015 e 2016 di Comuni, Province e Unioni dei Comuni dell’Emilia-Romagna, ha consentito di avere una visione integrata dei flussi di cassa registrati relativi alle principali voci secondo classificazione SIOPE relative alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione sia per la parte corrente che per la parte in conto capitale.

I dati, escludendo la spesa di Regione sono pari a quasi 48 milioni per la spesa corrente – in particolare sulla manutenzione informatica e assistenza software (che da sola vale 33,5 milioni di euro) – e quasi 14 milioni per la spesa in conto capitale di cui più del 50% sull’hardware.

Con riferimento al 2015 la spesa corrente è diminuita di circa il 4% mentre la spesa in conto capitale è aumentata del 38 per cento.

Ovviamente questi dati non considerano il costo del personale impegnato nei Sistemi informativi ma registrano i soli flussi di cassa in uscita

Il costo ad abitante è pari a 13,86 euro (e ciò senza i dati della Regione pari a 40 milioni di € di cui 27 milioni sulla corrente).

A partire da questa analisi è stato definito un Modello di razionalizzazione ed efficientamento delle spese sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione strutturato (SavER) in 11 passi e oggetto di una fase di validazione presso alcuni enti guida.

L’attesa è che grazie alle azioni previste sia possibile giungere a significativi risparmi liberando risorse da poter reinvestire in progetti di innovazione e di miglioramento dei servizi della Pubblica Amministrazione.

Il piano nazionale

Per quel che riguarda l’attività di razionalizzazione Data Center pubblici, il piano triennale per l’informatica 2017-2019 prevede che chi ha i requisiti possa candidarsi a diventare un Polo Strategico Nazionale, tutti gli altri dovranno chiudere i propri Data Center e rilocare i propri servizi su cloud pubblico (o uno dei Poli Strategici Nazionali o un fornitore individuato da AGID tramite gara Consip).
Per tutelare e consolidare gli investimenti effettuati su connettività (rete Lepida) e Data Center pare importante costruire e sostenere una candidatura RER/Lepida a Polo Strategico Nazionale.
Date chiave:

Censimento consistenza Sistemi informativi della PAda marzo a dicembre 2017
Costituzione dei Poli Strategici Nazionalida febbraio 2018
Migrazione verso Poli Strategici Nazionali o verso il Cloud della PAda luglio 2017

Nell’ultima versione del documento rispetto ai Poli Strategici Nazionali c’è questa novità:

“Tra i Poli Strategici Nazionali saranno identificate le infrastrutture specializzate alla conservazione dei documenti secondo quanto previsto dal CAD, che fungeranno quindi anche come Poli di conservazione.” Sembra quindi che non si possa pensare a un servizio di conservazione (PAR-ER) slegato dal Polo Strategico che lo “contiene”. Non è un problema di infrastruttura “data center” (come dice anche Calzolari da qualche parte deve stare la nostra infrastruttura) piuttosto di competenze specifiche di conservazione, archiviazione, ecc.: dovranno “passare” al polo strategico? Quale sarà in nostro polo strategico? Risposte che probabilmente avremo solo quando passeremo alla definizione operativa del piano.

Il tema della “razionalizzazione dei datacenter per l’efficienza e la sostenibilità dell’infrastruttura tecnologica pubblica” sarà approfondito il prossimo 25 maggio a FORUM PA 2017 in un convegno dedicato. Programma e iscrizioni

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