La questione Cloud nazionale non è solo squisitamente tecnologica ma – va da sé – anche politica e dunque economica.
Per questo, carichi di grande curiosità e aspettative tutti noi che operiamo a vario titolo nell’ambito digitale italiano abbiamo atteso la conferenza stampa di presentazione della “Strategia Cloud Italia” tenuta martedì scorso dal Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, Vittorio Colao, durante la quale è stato presentato il documento di indirizzo strategico per l’implementazione e il controllo del Cloud della Pubblica Amministrazione.
Cloud Nazionale, la strategia istruisce PA e fornitori: ecco come e le sfide
Il cloud e il rapporto pubblico-privato: troppo spazio all’immaginazione
Iniziamo la nostra riflessone con un dettaglio non da poco, considerate anche le diverse partecipazioni che diversi operatori hanno in essere: il bilanciamento pubblico/privato, che è stato un po’ il leitmotiv della conferenza – di cui la scelta di un partenariato pubblico privato (PPP-Public Private Partnership) è l’espressione più rappresentativa – ha evidenziato il bisogno di una attività di controllo e supervisione statale che tuttavia lascia spazio all’interpretazione, non essendo ancora stata definita l’entità di questo rapporto né le quote che i singoli attori privati in gioco potranno sperare di avere in questa partita.
Quel che è chiaro, al momento, è che il governo lavorerà sulle tre direttrici principali:
- classificazione dati e servizi;
- qualificazione dei servizi cloud;
- Polo Strategico Nazionale, la cui gestione operativa sarà “affidata a un fornitore qualificato sulla base di opportuni requisiti tecnico-organizzativi”, come si legge nel documento sintetico di indirizzo strategico diffuso dal Dipartimento per la trasformazione Digitale e dall’Agenzia per la Cybersicurezza nazionale.
La manifestazione d’interesse del Consorzio Italia Cloud
Nel frattempo “si attendono le proposte” da parte degli operatori interessati. Noi, in qualità di neonato Consorzio Italia Cloud[1], abbiamo presentato la nostra manifestazione di interesse già lo scorso 5 agosto, con l’intenzione di rappresentare le competenze, le infrastrutture e i soggetti italiani pubblici e privati già presenti e operativi sul territorio nazionale e siamo in attesa di conoscere le linee tecniche da seguire per la partecipazione al bando di gara per il PSN, la cui pubblicazione è prevista entro la fine di quest’anno.
Ci sono tuttavia dei ma.
Innanzitutto, la prospettiva di questa proposta, che ai nostri occhi è apparsa troppo poco coraggiosa. Una tattica, più che una strategia. La proposta presentata dal governo sembra infatti individuare le azioni che saranno intraprese senza chiarire in che modo soddisferanno gli obiettivi posti dal PNRR ovvero la crescita dell’occupazione, l’aumento di competenze e la crescita del PIL.
Il focus della proposta riguarda la modifica dell’assetto ICT della PA ma come Consorzio crediamo che il disegno del Governo possa essere più ampio e complessivo. Attraverso questo intervento si dovrebbero infatti gettare le basi sulle quali crescerà e si svilupperà un nuovo ICT in tutto il paese. Il significativo effort economico – un miliardo e 900 milioni di euro stanziati – rappresenta l’occasione irripetibile per costruire un’infrastruttura abilitante che rimanga nella disponibilità del nostro paese e ne costituisca un asset competitivo per i prossimi 20 anni. Una trasformazione organica e duratura nel tempo, un patrimonio condiviso in grado di creare competenze e trasferire valore a tutte le aziende e a tutti i cittadini italiani.
Lo scopo del Consorzio Italia Cloud
L’Italia ha infatti una lunga tradizione nel campo ICT che oggi è messa in discussione dalle politiche aggressive e dominanti di diverse aziende extra UE. Lo scopo del Consorzio Italia Cloud è quello di far emergere un valore che già esiste nel nostro paese e che non si trova solo nei provider o nei fornitori di tecnologie ma è condiviso con il campo della ricerca, delle infrastrutture, dell’università e delle imprese. Un valore che è in grado di crescere, differenziarsi, alimentare la nostra economia e portare benefici duraturi solo se supportato parallelamente da ricerca e formazione con i tanti soggetti coinvolti in una logica non di fornitura ma di sviluppo. Perché occorre anche formare persone che sappiano poi usarle, queste infrastrutture.
Per questo occorre considerare i costi del nostro paese legati all’ICT come opportunità di investimento per renderlo un framework di abilitazione del mercato libero. Non possiamo e non dobbiamo considerare questa opportunità come un “bonus” una tantum da esaurire e da consumare scegliendo la migliore offerta di mercato: individuare un soggetto nuovo e incaricarlo di fare tutto dall’oggi al domani stride con il concetto di “strategia” e sarebbe miope, in un momento così delicato per la nostra economia.
Il cloud come elemento abilitante dell’economia digitale
Per noi è necessario creare un ecosistema che “cresca” nel digitale, non nel Cloud.
Il Cloud non è un comparto di mercato né uno strumento di business: è un elemento abilitante dell’economia digitale, una infrastruttura trasversale che ha impatti sull’economia e sulla vita sociale di noi tutti.
Non serve soltanto a snellire la burocrazia delle PA ma anche a dare ai privati degli strumenti adeguati per essere competitivi sul mercato: il nostro paese è infatti una macchina burocratica ma le imprese, dopotutto, si basano sull’economia reale.
Non serve soltanto a “conservare” i dati dei nostri cittadini ma a tutelarne il benessere: pensiamo anche solo alle opportunità che l’aggregazione e l’analisi di grandi quantitativi di dati apre nell’individuazione precoce di patologie; pensiamo al benessere sociale che intelligenza artificiale e algoritmi predittivi potranno produrre nei prossimi anni quando le figure degli analisti diventeranno probabilmente più decisive di quelle dei medici.
Perdere il controllo su questi dati sottrae al paese gli strumenti necessari su cui costruire il proprio futuro. Serve un investimento di lungo periodo, a prova di futuro, un piano davvero strategico che coinvolga pubbliche amministrazioni, cittadini e imprese.
Il fattore tempo, qui, diventa cruciale e non solo come scadenza entro la quale eseguire e consuntivare il progetto. Il tempo di cui dobbiamo parlare è il futuro, il momento in cui si misureranno i benefici di quanto oggi abbiamo l’occasione di fare. Mancare questo obiettivo significa penalizzare in modo irrecuperabile la nostra economia e la nostra capacità di competere a livello globale.
Conclusioni
Come Consorzio intendiamo aiutare il governo a mettere a terra questa strategia digitale di cui tanto abbiamo bisogno e di cui tanto si parla. Senza però dimenticare ciò che già esiste ed è stato fatto fino a oggi dai tanti operatori nazionali: un patrimonio di infrastrutture, servizi e competenze che può essere opportunamente integrato e valorizzato al fine di realizzare davvero un benessere collettivo.
Note
- Il Consorzio Italia Cloud è stato costituito nel 2021. Presieduto da Michele Zunino, include 6 società italiane (Seeweb, ETH, Netalia, Infordata, Sourcesense, Babyloncloud) impegnate sul mercato Cloud, che hanno complessivamente 1.900 risorse umane e con circa 300 milioni di fatturato. ↑