Accompagnare l’Italia verso una crescita digitale effettiva e compiuta. Dare supporto al piano banda ultra larga nazionale e alla trasformazione delle amministrazioni pubbliche grazie al cloud.
C’è questo nella nuova missione che si devono dare adesso le società in-house delle reti, dato che lo scenario è fortemente cambiato rispetto agli anni che le hanno partorite. Ed è questo il ruolo che la stessa Trentino Network esprimerà d’ora in avanti.
Sappiamo com’è cominciato tutto. A inizi anni duemila alcune regioni avevano l’esigenza di governare l’evoluzione dei servizi di comunicazione e per farlo dovevano anche compensare l’assenza di piani nazionali banda larga per colmare il divario digitale. Il modo più efficace di farlo era tramite società di scopo, specializzate, che svolgessero il ruolo di infrastrutturatori e di operatori per la gestione dei servizi.
Società che quindi hanno sviluppato reti banda larga prima e banda ultra larga dopo. Negli ultimi anni il quadro è però molto cambiato. Lo Stato ha definito una strategia articolata ed ha iniziato ad attivare interventi efficaci contro il digital divide, anche se fino all’anno scorso, per la banda ultra larga, questi erano capillari solo al Sud.
Per la prima volta da quest’anno è partita la fase attuativa della strategia nazionale (approvata nel marzo 2015), che riguarderà anche il Nord, con una centralizzazione dell’intervento pubblico e con l’utilizzo di una combinazione di fondi regionali, europei e nazionali.
La conseguenza è che le in-house devono ripensare il proprio ruolo, in modo da riallinearlo al piano nazionale.
Un ruolo che dovrà essere pro futuro. E come lo stiamo ripensando in Trentino? Cominciamo col dire che smetteremo di costruire reti verso gli utenti privati, cosa che farà il Concessionario che vincerà il bando di gara pubblicato da Infratel.
Per quanto riguarda la valorizzazione commercialie di ciò che è stato fatto, comprendente anche reti sui privati nelle fasi in cui nessuno aveva pianificato di intervenire, ci sono varie alternative. La nostra scelta è quella di prevedere l’esternalizzazione delle attività verso gli Operatori, pur conservando la proprietà della rete, considerato che, ovviamente, nelle zone a fallimento di mercato non vi sarebbero operatori disposti a ripagarne i costi di realizzazione.
Ha senso fare questo passaggio dopo che sarà definito il Concessionario della rete nelle aree a fallimento di mercato. Sarà questo soggetto intatti, probabilmente, il più interessato a gestire la commercializzazione dei servizi anche sulle reti pubbliche già realizzate in modo da gestire in toto le attività commerciali e gestionali nelle aree bianche.
In questa nuova fase le in-house potranno fare così da facilitatori del piano banda ultra larga nazionale a livello locale. Sarà quindi un ruolo di supporto ad Infratel nel rapporto con i soggetti del territorio. Per esempio, per facilitare il rilascio dei permessi da parte degli Enti Locali e la disponibilità dei Comuni e municipalizzate alla condivisione delle infrastrutture.
Questo senza dimenticare che le in-house come la nostra hanno come principlae missione sull’offerta alla Pubblica Amministrazione di riferimento. E quindi ci si può ora concentrare sull’evoluzione e sulla gestione dei servizi, anziché sulle infrastrutture.
Faremo evolvere gli impianti tecnologici ed i servizi per realizzare le community cloud pubbliche, investendo di più in sicurezza, visto la sempre maggiore criticità di dei servizi digitali. E sviluppando interconnessioni anche verso i fornitori cloud privati in modo da integrare, in un ambiente gestito presidiato, l’erogazione dei servizi con il coinvolgimento dei provider esterni.
I benefici di questa strategia sono due. Da una parte, garantire la qualità dei servizi critici e il rispetto della (sempre più stringente) normativa privacy. Dall’altra, aprirsi verso soluzioni cloud pubbliche (IaaS, PaaS e SaaS).
Quest’ultimo è un punto nuovo e importante.
La pubblica amministrazione ha questa esigenza, infatti: di essere connessa al cloud di diversi fornitori (in particolare per il SaaS) e allo stesso tempo garantire la qualità e la sicurezza di dati e servizi. Può farlo solo se si connette ai punti di interscambio nazionali e internazionali con questi servizi. Il modo più semplice, per alcuni enti, è utilizzare le in-house a questo scopo, in modo anche da valorizzare gli investimenti fatti in questi anni sulle reti pubbliche.
Le in-house stanno infatti portando la propria presenza in questi punti di interscambio, presidiando totalmente la rete. Per esempio Trentino Network ha in utilizzo fibra ottica da Trento verso il MIX di Milano, sulla quale ha attivato dei circuiti DWDM per gestire canali a 10 Gbit/s, oltre ad avere in affitto canali a 10 Gbit/s dagli Operatori sia verso il MIX (per ridondare la dorsale) sia verso il NAMEX di Roma.
Insomma, in Italia nel 2016, a fronte dei piani nazionali, dobbiamo ormai dare per buono che la rete a banda ultra larga nei prossimi anni verrà estesa e diverrà capillare. Bisogna quindi guardare al passo successivo: usare al meglio questa rete, accompagnando la pubblica amministrazione verso i servizi in cloud, con soluzioni che garantiscano alle PA economie di scale, qualità e sicurezza.
Che, detto in altro modo, significa mirare all’obiettivo di fondo di tutti questi investimenti pubblici: fatta la rete, adesso facciamo l’Italia digitale.