Seppur con un anno di ritardo rispetto al termine di recepimento fissato per il 20 dicembre 2020, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 9 dicembre scorso del decreto legislativo numero 207 del 2021, l’Italia ha finalmente recepito la direttiva europea 2018/1972 recante il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche. Tra gli impatti più rilevanti per il mercato, ci sono le novità tariffarie riguardanti l’uso delle frequenze da parte degli operatori.
Ecco il Codice Comunicazioni elettroniche: la portata delle novità
Obiettivi del codice europeo delle comunicazioni elettroniche
Il decreto legislativo varato a livello nazionale ha recepito, come già evidenziato, la direttiva 2018/1972 adottata nel dicembre 2018 recante il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche, intervento di straordinaria rilevanza che ha aggiornato e sostituito il gruppo di direttive che dal 2002 compongono il quadro regolatorio europeo di settore andando a riunire in un unico corpo normativo tutti i principi e gli strumenti regolatori esistenti e introducendone di nuovi, unitamente a nuove finalità.
Al fine di “incentivare gli investimenti nelle reti a banda larga ad alta velocità” e contribuire “all’attuazione di politiche più ampie nei settori culturale, occupazionale, ambientale, della coesione sociale, urbanistico e dell’assetto del territorio” (vedi considerando 3 e 22) il nuovo codice ha segnato un vero e proprio cambio di paradigma e il superamento del precedente approccio incentrato con assoluta prevalenza sulla tutela e la promozione della concorrenza in favore di una visione improntata ad assicurare all’Unione europea la possibilità di cogliere appieno i benefici offerti dalle nuove tecnologie.
Il Codice, in particolare, ha introdotto una serie di importanti novità in relazione, fra l’altro, all’ambito di applicazione del quadro regolatorio, alla regolamentazione dell’accesso, alla gestione dello spettro radio, al servizio universale e alla tutela dei consumatori, ridisegnando anche il ruolo delle Autorità di regolazione alle quali sono affidate non solo funzioni squisitamente tecniche e di controllo, ma anche di natura politica collegate all’obiettivo pubblico di promozione degli investimenti e di diffusione delle reti ad alta velocità.
Rispetto alla gestione delle frequenze, il nuovo Codice, oltre all’accelerazione delle procedure di assegnazione delle frequenze per i servizi e le reti di comunicazione elettronica, persegue obiettivi di armonizzazione rispetto ad alcune questioni chiave dei modelli di licenza e dei regimi autorizzatori, compresa la durata minima delle licenze dei diritti d’uso individuali (almeno 15 anni). Inoltre, incentiva a risolvere le criticità connesse alle interferenze (nazionali o transfrontaliere) dannose e, in una logica di efficienza, favorire, quando possibile, l’utilizzo condiviso, il trasferimento e l’affitto dello spettro sulla base del principio “use it or lose it”.
Codice comunicazioni elettroniche, novità per le frequenze
Si tratta dei contributi per la concessione dei diritti di uso delle frequenze radio. A tal proposito è stato previsto un aggiornamento delle tariffe ministeriali.
In particolare, l’articolo 12 dell’Allegato 12 dispone che il contributo annuo, fissato in base alla tabella contenuta nell’articolo 5, è dovuto per ogni frequenza del collegamento punto-punto autorizzata e per le relative stazioni ripetitrici. Con la previsione, però, di una maggiorazione del 30% nel caso in cui i medesimi collegamenti autorizzati siano utilizzati in polarizzazione lineare e, dunque, in maniera di fatto inefficiente. È disposto, invece, un calcolo del canone in proporzione alle tempistiche di uso nelle ipotesi di collegamenti usati per l’espletamento di una sperimentazione di servizi o reti di comunicazione elettronica. Incentivati, al contrario, quelli fissi unidirezionali e quelli operanti con tecnologia TDD (acronimo dell’espressione inglese “Time Division Duplex”), per i quali il codice dispone un dimezzamento del contributo dovuto.
Dal confronto tra l’Allegato 10 del codice nella precedente versione (secondo il disposto degli articoli 34 e 35) e l’Allegato 12 del nuovo codice, emerge innanzitutto un ampliamento, conseguente al progresso tecnologico a cui stiamo assistendo negli ultimi anni, del numero di bande e della larghezza di banda considerate. Se nella tabella in vigore fino a dicembre le frequenze contemplate erano quelle fino a 10 gigahertz, da 10 a 20, da 20 a 30 e superiore a 30, in quella nuova la frequenza da 20 a 30 Ghz è seguita da quelle da 30 a 40, da 40 a 50 e oltre 50 Ghz. Rispetto alla larghezza di banda, invece, se nel vecchio testo non andava oltre i 56 megahertz, nel nuovo è prevista una larghezza superiore a 500.
Per quanto concerne, invece, l’importo dei canoni dovuti, risulta a livello generale un loro abbassamento, oltre a ulteriori interventi tesi alla proporzionalità da cui discenderà (auspicabilmente) l’abbattimento di alcune barriere all’entrata nel mercato, favorendo la competizione tra gli operatori e accelerando la copertura delle aree in digital divide.
Molto rilevante anche l’eliminazione del meccanismo premiante che consentiva di accedere a uno sconto all’aumentare del numero di tratte licenziate. La scelta di obbligare gli operatori al pagamento del prezzo tabellare indipendentemente dal numero di tratte licenziate, da un lato, disincentiva pratiche anticoncorrenziali e, dall’altro, risulta pienamente in linea con l’obiettivo fissato anche a livello Ue di assicurare un uso efficiente dello spettro in quanto risorsa scarsa e particolarmente preziosa dal punto di vista non solo economico ma anche sociale.
Degna di nota, infine, è la previsione di una maggiorazione del 30% nel caso in cui i collegamenti autorizzati siano utilizzati in polarizzazione lineare. Si tratta in pratica di una misura in grado di assicurare l’uso efficiente delle risorse frequenziali e incentivare gli operatori a fornire indicazioni chiare sulle caratteristiche e le potenzialità dell’apparato presente sulla frequenza licenziata.