lo scenario

Colajanni: “Indipendenza da fibra e 5G cinesi sola via per la rinascita dell’Europa”

Avanza l’inchiesta antidumping dell’Europa su cavi e fibra della Cina. Mentre l’Italia procede sul dossier 5G, valutando nuove restrizioni su apparati cinesi. Per l’Europa è la sfida più grande, da cui dipende il suo futuro. Può vincerla solo se per la prima volta agirà come una voce sola sul piano geo politico

Pubblicato il 29 Set 2020

Michele Colajanni

Università di Bologna

Alessandro Longo

Direttore agendadigitale.eu

Dazi europei sulle auto elettriche cinesi: le sfide da superare

Qualche giorno fa la Commissione europea ha avviato una procedura antidumping su cavi e fibra ottica importati dalla Cina. L’inchiesta potrebbe portare a nuovi dazi e può durare fino a tutto il 2021. L’accusa – che parte da un esposto dell’associazione europea cavi – è appunto che la Cina e i suoi produttori fanno dumping: il costo per l’energia per la produzione è sovvenzionato dallo Stato; la manodopera è sotto pagata; così i prezzi dei prodotti cinesi sono molto inferiori a quelli tipici persino di un Paese in via di sviluppo. Conseguenza: la Cina sta facendo man bassa del mercato, soppiantando i produttori europei (come l’italiana Prysmian).

La Cina ha perseguito queste pratiche anche in altri settori negli anni scorsi (come i pannelli solari), ma la vicenda ora si inserisce in un più ampio quadro geopolitico.

I tasselli del quadro geopolitico Europa-Cina

  • Da una parte gli Stati Uniti che – anche a fronte di queste pratiche protezionistiche e di dumping, ma anche con l’accusa di sfruttare le reti 5G e le piattaforme social per spiare l’Occidente –  sta combattendo una guerra commerciale con la Cina. Con dazi e ban di società leader come Huawei, TikTok, WeChat, Zte per rendere gli Usa (e potenzialmente gli alleati europei) più indipendenti da apparati e piattaforme cinesi. Al tempo stesso, le misure – colpendo la supply chain americana dei chip – mirano a indebolire la capacità cinesi di raggiungere una autarchia tecnologica.
  • Dall’altra, anche il clima europeo è cambiato (a prescindere dalle pressioni americane) perché sempre più l’UE vede la sovranità digitale come unico orizzonte possibile per restare competitiva. I fondi del recovery fund serviranno anche a questo.
  • Terzo tassello: l’Europa purtroppo non agisce all’unisono su questi fronti, seguendo diversi interessi nella misura in cui conviene a ciascun Paese anche mantenere rapporti commerciali con la Cina, nella “via della seta”.
  • L’Italia in particolare sta tentando in questi giorni una difficile sintesi tra opposti interessi. Il Governo – con incontri tra ministri in merito ai temi della sicurezza e il 5G – sta valutando o un bando delle tecnologie cinesi o un golden power applicato con più rigidità rispetto a quanto fatto finora, sui singoli contratti di fornitura, in modo da garantire più da vicino la sicurezza delle reti. Il 30 settembre è previsto l’incontro con Mike Pompeo, segretario di Stato degli Usa, proprio sul tema. L’orientamento italiano sembra quello di coordinarsi con l’Europa e al tempo stesso rendere più stringente il golden power, con “nuove iniziative che rafforzino il livello di protezione”, si legge in una nota di Palazzo Chigi.

In conclusione

Il quadro è insomma mutevole. Si può dire questo per ora: se la vediamo a lungo termine, è un enorme fallimento politico, strategico e tecnologico dell’Europa. Aziende europee come Nokia ed Ericsson erano leader mondiali e adesso rincorrono affannosamente. Tutti i provider europei, già col 4G, si sono “sposati” con ZTE e Huawei e avevano stretto accordi per il 5G. Secondo un rapporto Oxford Economics, Huawei è leader del 4G in Europa con il 29% di quota (seguono Nokia ed Ericsson), mentre Huawei e Zte dominano in modo netto in Italia sulla fibra.

Poi è bastato un tweet di Trump per cambiare direzione. E il tema da tecnologico è diventato politico. Perché nessun politico europeo prima di quel tweet aveva capito che da tempo che, parafrasando McLuhan, la tecnologia è politica?

L’Europa si trova in una posizione difficile. Rompere, anche parzialmente, con la Cina nel breve periodo sicuramente rallenterà l’adozione e lo sviluppo del 5G, come stimato da diversi analisi e dal governo UK.

Ma potrebbe essere passo necessario. Auspicabilmente,  darà nuovi stimoli alla ricerca e all’industria europea. Se compri e non sviluppi, fra 10 anni non sarai più neanche in grado di comprare.

Data la difficoltà della sfida e il livello dei rischi, ma anche la posta in gioco, l’auspicio immediato è però un altro: che l’Europa cominci ad agire come una voce sola, sul piano geo-politico internazionale. La questione Cina e banda ultra larga è il grande campo di prova per riuscirci, per la prima volta finalmente.

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