“Collegare l’esistente”. È questa la parola chiave che Michele D’Alena, coordinatore dell’Agenda digitale bolognese, ripete come un mantra quando gli si chiede di dare una definizione del progetto, uno dei pochi esempi di pianificazione “diffusa”, su base territoriale, in Italia. E ora ai primi posti nella classifica smart cities alla recente Smart City Exibition. Un’iniziativa che parte da lontano: da quando, nel novembre 2011, approdò a Bologna “Digital Agenda Going Local” il tour voluto dall’Unione Europea per promuovere le potenzialità della Rete in varie città del Vecchio Continente.
“Nel corso di quell’appuntamento abbiamo lanciato anche la nostra Agenda – racconta il coordinatore – definendo quattro macrotemi iniziali: “Internet come diritto”, “Coinvolgimento della cittadinanza”, “Innovazione tecnologica, Pmi per la Smart City & City branding” e “Open Data”, ispirandoci in parte a esperienze pre-esistenti, come quella del Piemonte per quanto riguarda i dati aperti e alla road map digitale della città di New York”. Da allora il Comune ha promosso una serie di incontri on e off line che hanno portato a ridefinire e a mettere meglio a fuoco gli obiettivi di partenza. Portando, fra l’altro, ad accorpare Il secondo e il terzo asse sotto l’etichetta di “WeGov!”.
“La logica di questo tipo di esperienze – commenta l’esperto di e-Government Ernesto Belisario, che ha seguito con attenzione il progetto, pur senza parteciparvi direttamente – è quella di un’amministrazione sempre in beta che verifica in corsa i propri progetti. L’importante è la continuità nel presidio e il monitoraggio; poter capire, ad esempio, trascorso un anno quale è stato l’impatto delle misure prese fino a quel momento”. Cosa che il team bolognese ha fatto comunicando di volta in volta risultati e mutamenti di strategia in un blog e attraverso degli account attivati sui principali social network. Molto è stato fatto per favorire la partecipazione dei cittadini anche offline. “Una volta al mese – spiega D’Alena – abbiamo approfondito un tema dell’Agenda invitando i relativi stakeholder, e le associazioni che vi erano in qualche modo coinvolte: per esempio, parlando di social media abbiamo chiesto a delle agenzie di comunicazione di intervenire ai dibattiti, per la pedonalizzazione del centro abbiamo distribuito più di 1.200 questionari per conoscere l’opinione dei residenti”. Nel campo degli Open Data, all’interno di un portale apposito, creato nell’aprile di quest’anno, sono stati pubblicati finora 144 dataset, votabili e commentabili dai visitatori. I più apprezzati: le comunicazioni di inizio attivitào di avvio dei lavori, assieme ai parametri di volumetria degli edifici. Sempre nell’ottica della trasparenza istituzionale è stato messo online un sito dedicato al bilancio comunale.
Per quanto riguarda invece il primo dei quattro macrotemi di partenza, il diritto di accesso a Internet, il risultato principale finora ottenuto è stato quello di collegare con una rete in fibra ottica a 1 Gbps tutte le principali sedi comunali, le scuole, le biblioteche e i teatri, oltre a alcuni impianti di altro genere, come quelli di videosorveglianza. “Un primo passo fondamentale – commenta Michele Benedetti, responsabile dell’Osservatorio di e-Government del Politecnico di Milano – a quanto risulta dalle nostre survey, a causa della lentezza dei collegamenti sono fallite molte iniziative di digitalizzazione avviate anche a livello europeo. La banda veloce è necessaria per ridurre tempi e costi del trasferimento di informazioni fra diversi enti e all’interno di una stessa pubblica amministrazione (specie nel caso di file voluminosi, come nel caso, poniamo di dei disegni inviati dallo sportello attività produttive ad altri uffici) e per dare ai cittadini la possibilità di interfacciarsi con efficacia coi servizi comunali, che si tratti di pagare una multa o altro”.
Il prossimo passo dovrebbe essere quello di far arrivare la connessione a banda ultra larga anche ad aziende e privati. “Ci stiamo lavorando – afferma D’Alena – ci sono dei nodi legislativi da sciogliere, non è la pubblica amministrazione il soggetto che si occupa di solito di portare la banda larga a casa dei cittadini, ma ci sono degli spazi normativi che potremmo sfruttare”. In ogni caso, se ne parlerà nei primi mesi del 2013, quando dovrebbe essere individuato un partner privato per la prosecuzione del progetto di rete Ngn (Next Generation Network). Nel frattempo, anche sulla base dei feedback ricevuti, è stato potenziato l’accesso alla wireless alla Rete, portandolo da 3 a 24 ore al giorno. Con un regolamento approvato a settembre, la giunta comunale ha previsto inoltre l’obbligo di fornitura di wi-fi gratuito nei dehor dei locali, cosa che dovrebbe portare a un aumento considerevole degli hotspot presenti in città. La presenza di un wi-fi capillare si è rivelata preziosa nel corso del recente terremoto emiliano, a cui la Rete Internet ha resistito meglio di quella telefonica, tanto da indurre il Comune a togliere provvisoriamente le password di accesso.
Ultimo asse, il progetto “Bologna Smart City”. partito a luglio 2012 con una serie di incontri preliminari per definire le linee guida dell’azione di miglioramento della qualità della vita dei cittadini. Qualità già alta, tant’è vero che la città emiliana si è piazzata al primo posto in una classifica delle città più smart d’Italia stilata da Forum Pa e presentata alla recente Smart City Exibition. Quella della città inteligente è una tematica trasversale, all’interno della quale sono stati individuati sette sotto filoni, dalla mobilità sostenibile alle reti a banda larga, dai progetti educativi alla riqualificazione urbanistica, dalla digitalizzazione dei processi legati alla sanità e al welfare alla riprogettazione basata sul cloud della rete civica Iperbole. Tutti ambiti che richiedono un mix di competenze e un atteggiamento flessibile da parte dell’amministrazione. “Il progetto – commenta D’Alena – ha il merito di aver messo allo stesso livello dipartimenti che non collaboravano fra loro, come quello dell’ambiente, dei trasporti, dei lavori pubblici”. Fra il marzo e il giugno 2012 è stato firmato un protocollo d’intesa fra il Comune, l’Università e l’Aster, l’agenzia per il trasferimento tecnologico per creare una piattaforma d’azione comune e sono stati organizzati vari incontri con una trentina di imprese innovative, provenienti dall’area bolognese e non solo. “Quando è uscito il bando del Ministero dell’Istruzione per progetti di Smart City – racconta Giovanni Fini, responsabile dell’Unità di Qualità Ambientale del Comune, che ha seguito la vicenda – eravamo pronti. I rapporti con le aziende erano già stati avviati e abbiamo ricevuto una quindicina di proposte, tutte molto interessanti”.
General Motors, ad esempio, ha presentato un piano per la mobilità sostenibile di merci e privati (con l’utilizzo di mezzi a propulsione elettrica e di forme car-sharing) che coinvolgerebbe varie città, fra cui appunto Bologna. Un’altra proposta riguarda la mappatura termica degli edifici attraverso foto aeree e a livello del piano stradale, in modo da individuare le strutture che consumano di più e prendere gli opportuni provvedimenti. “Sempre nell’ottica del risparmio energetico – continua Fini – una delle idee ricevute prevede la realizzazione di una smart grid, una rete elettrica su scala di quartiere, alimentata da energia fotovoltaica e mantenuta in equilibrio attraverso speciali batterie, in modo da minimizzare l’apporto di corrente da parte della rete Enel”. A inizio novembre scade il termine per sottoporre i progetti al Ministero, entro la prima metà di dicembre dovrebbe concludersi la fase di valutazione.
Fra altri filoni di azione più rilevanti per la trasformazione del capoluogo emiliano in città sempre più intelligente ed ecosostenibile, figurano la diffusione del fascicolo sanitario elettronico nell’area metropolitana bolognese e il sostegno alle imprese creative tramite il programma Incredibol!, un kit di strumenti che comprende orientamento, consulenze, formazione, spazi gratuiti, e contributi per la crescita di una starup. Nel 2013 Incredibol dovrebbe sosterrà una ventina di imprese innovative, selezionate fra le 200 domande pevenute.
Su tutto il percorso di Agenda digitale ha vigilato un comitato scientifico composto da 16 persone di provenienza molto eterogenea, dal direttore di Rai3 a quello di Altra.tv, da docenti universitari a liberi professionisti, che ha lavorato assieme a un Garante della partecipazione (l’attivista digitale Marco Trotta) per assicurarsi che le proposte inviate dai cittadini non restassero lettera morta. Ma può l’esperienza bolognese servire da modello per altre iniziative simili da avviare nella Penisola? E la “territorializzazioe” delle agende non comporterebbe anche il rischio di una frammentazione controproducente della digitalizzazione del Paese? “io credo che sia importante e positivo – risponde Belisario – che le amministrazioni locali si muovano autonomamente ed è ipotizzabile una sana concorrenza fra diversi livelli di governo, basti pensare a come la liberazione dei dati può servire a tutelare i diritti dei cittadini: la spending review è importante ma è importante conoscere anche come vengono spesi i soldi per gli asili, e per gli autobus. Il rischio di frammentazione esiste – prosegue l’esperto – ma è tipico di ogni politica di regionalismo spinto; vedo più un problema di polarizzazione territoriale: al Sud, ad esempio, non ci sono iniziative di open data. Sarebbe importante delineare un minimo comune denominatore fra le varie iniziative, un livello minimo di qualità delle stesse sotto al quale non sia possibile scendere”.
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