(dalla puntata precedente) – “Primo Tutor, lei sa bene che gli agenti impegnati nella ricerca del dottor Annthok Mabiis sono più di trecentomila!”
“È a Bequino… noi lo sappiamo… ” “È lì da sempre… dal giorno in cui ha annullato tutte le memorie della galassia… col Grande Ictus Mnemonico…”
“È dietro questa vetrina… lo stanno rasando… Shaiira tu entri…”
Shaiira entrava. Shaiira tagliava la gola al dottor Annthok Mabiis. In tutti gli specchi. Raggiante. Vendicava il vuoto delle sue memorie. Di tutte le memorie. Di tutti. Eppure non una goccia di sangue. Non un gemito. Non un moltiplicato orrore. Al suo posto un cagnolino.
“Su Trimmy! Vai Trimmy!” Trimmy usciva. Trimmy correva ben tosato. Lavato. Levigato. Saltellava. Abbaiava. Scompariva nel parco.
Shaiira lancinante: “Inseguiamo il cane dentro il parco! È il dottor Annthok Mabiis! Ne sono sicura!”. Gli agenti delle Memory Squad 11 rollavano. Schivavano. Aguzzavano. Svoltavano. Inerpicavano. Arrancavano. Sbrecciavano. I cespugli s’impolveravano. I platani s’impensierivano. Le lucertole si innervosivano. I piedi si arroventavano.
Il parco si allungava in mezzo alle case. Dentro gli appartamenti. I prati verdeggiavano i salotti. Gli agenti scivolavano nei bagni. Trimmy unghiettava nei corridoi. Scartocchiolava sul pianerottolo. Sbandava giù per le scale. Lucide di marmo. Scartava l’androne. Ingurgitava il marciapiede. Saltava nella hall. S’infilava nel teatro. Balzava sul palcoscenico. Si sedeva ansimante. Nella sedia stante. Il vecchio attorante. La voce profondante. Il diaframma vibrante. L’applauso scrosciante. La folla idolatrante. Il protagonista inchinante. Il sipario chiudente. Ormai senza memoria.
Trimmy festoso fuori dall’ingresso artisti. Infilava il bar antico. I legni bruni. Le gambe di ferro. Battuto. Le birre colme. La cameriera col vassoio. Stracolmo. Tintinnante. Abbondante. Cantante. Mezzo soprano. I clienti incantati. Gli anziani velati. Gli impiegati stregati. In piedi attenti. Trimmy a zig zag fra le gambe. Ormai senza memorie.
Trimmy infilava le gambe di un clown sui trampoli. Le cose dal basso sono sempre vostre. Le cose dall’alto sono sempre nostre. Il naso rosso. Le scarpe giganti. Gialle. La bocca bianca. Smisurata. La gente grata sorrideva. Gli agenti fermi sorridevano. Il saltimbanco si dondolava. Alto tre metri. I bimbi rapiti sorridevano. I sorrisi non sono merce di scambio. Ma sono lo scambio. Il pagliaccio si scambiava. Ormai senza memorie, tornava Trimmy.
Trimmy di nuovo in strada. In fuga. Gli agenti dietro. Ora in bicicletta. Furenti di bici. Milioni di bici. Milioni di pedali. Milioni di cani. Milioni di Trimmy. Nugoli di zampe. Nugoli di lingue. Penzoloni. Nugoli di corsa. Nugoli di corse. Ormai senza memorie.
Trimmy rincorreva una carrozzina. Nella lunga discesa. Precipitava in mare. Galleggiando. Trimmy era il neonato? Trimmy latrava alla violinista. Uscita dall’Opera. In un angolo incantato. Della piazza incantata. Trimmy scambiato. Con la violinista? Trimmy si abbeverava alla fontanella antica. Era la fontanella? Trimmy abbaiava alla statua di Mandela. Mandela? Ormai tutti senza memorie.
Trimmy afferrato dagli agenti. Placcato. Preso per le quattro zampe. Capovolto. Trimmy si divincola. Trimmy un cavallo. Senza memorie. Il puledro supera nella polvere la cresta della collina.
(51-continua)