Come porteremo la fibra agli italiani con il piano banda ultra larga

Una degli autori del piano spiega ragioni e dettagli delle scelte territoriali di copertura. La fibra ottica nelle case o nei palazzi dominerà nelle aree A, B1 e (Sud Italia) B2, ma sarà anche nel cluster C per pubbliche amministrazioni e imprese. I distretti industriali infatti vanno coperti anche se lontani dai grandi comuni

Pubblicato il 06 Mar 2015

Rossella Lehnus

Director at Deloitte Financial Advisory

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Il futuro del Paese passa da qui. La frase pronunciata dal premier Matteo Renzi è enfatica quanto rappresentativa della portata rivoluzionaria di ciò che è stato approvato dal Consiglio dei Ministri di martedì scorso. Due strategie intimamente legate, quella della crescita digitale e quella della banda ultra larga, che tracciano la direzione intrapresa da Renzi per accelerare lo sviluppo economico del paese.

Un weekend burrascoso ha anticipato l’approvazione della strategia per la banda ultra larga: la tentazione di governare a colpo di decreti certamente non rispecchiava né le intenzioni né lo spirito riscontrato alla conferenza stampa successiva al CdM. Il nuovo piano risponde, infatti, alle richiesta che mercato, cittadini e anche pubbliche amministrazioni hanno fatto, in modo trasparente, rispondendo alla consultazione pubblica.

Un piano che mappa il territorio in base a caratteristiche socioeconomiche abbinandovi un mix di interventi pubblici volti a massimizzare lo sviluppo di infrastrutture abilitanti il servizio a banda ultralarga, mantenendo però massima flessibilità di intervento e apertura tecnologica.

I cluster A e B1 sono quelli che, con tutte le probabilità, sperimenteranno per primi la validità della nuova misura introdotta nel piano – la defiscalizzazione degli investimenti – non appena sarà emanato il relativo decreto del Ministero dello sviluppo economico. La piena riuscita della misura, però, potrà realizzarsi solo dopo l’istituzione del polo di attrazione dei fondi che supporterà anche un meccanismo di garanzia dello Stato e di accesso al credito a tassi agevolati. Si tratta di strumenti potenti che potranno rapidamente creare le condizioni affinché il mercato investa nelle prime 500 città con infrastrutture abilitanti servizi oltre 100 Mbps. Anche il cluster B2 sarà coperto da infrastrutture abilitanti i 100 Mbps, ma in queste aree sarà necessario incentivare il mercato anche mediante finanziamenti pubblici a fondo perduto. Si ricorda, infatti, che il cluster B2 è formato dalle città che entro il 2016 saranno coperte dal servizio a 30 Mbps grazie al Piano strategico banda ultralarga già in corso. Si tratta, in particolare, delle Regioni del Mezzogiorno per le quali il Sottosegretario del Rio ha raccomandato di dare una priorità di intervento, realizzando presto quelle infrastrutture che potranno azzerare le distanze fisiche che separano le imprese del Sud dalla competitività globale. La disponibilità di fondi europei per lo sviluppo regionale (FESR), per lo sviluppo rurale (FEASR) e per la competitività (PON Competitività) permetterà di realizzare nel Sud un panorama (per dotazione infrastrutturale) simile a quello Giapponese o Koreano.

L’investimento complessivo dedicato all’upgrade infrastrutturale da 30 a 100 Mbps dei cluster A e B è di circa 7,6 miliardi di euro.

I cluster A e B sono, inoltre, le aree in cui potrebbe concentrarsi maggiormente l’impiego di voucher che accompagnano la migrazione dei clienti verso una rete totalmente in fibra.

Il Ministro Guidi probabilmente faceva particolare riferimento al cluster C, in cui risiede circa il 25 per cento della popolazione, quando disse che sarebbero stati gli operatori a scegliere la tecnologia, considerando che per queste aree la consultazione pubblica ha registrato un’ampia condivisione sul fatto che le nuove tecnologie su rame (multivectoring, GFast, ecc) possano concorrere al raggiungimento dell’obiettivo europeo senza dover sempre ricorrere a investimenti aggiuntivi in fibra ottica in secondaria.

Tuttavia, anche in queste aree ci aspettiamo una discreta penetrazione di FTTB/H concentrata soprattutto nelle sedi della PA e nel milione di imprese dislocate su questi territori, per le quali sarà fondamentale l’utilizzo di voucher di accompagnamento alla migrazione, altre che la misura di aggregazione della domanda preventiva.

Il fabbisogno calcolato per il cluster C varia a seconda della tecnologia adottata, con una forbice molto ampia che va da è di circa 1 miliardo di euro ad oltre 3.8 miliardi se si massimizza la copertura a 100 mbps sino all’85 per cento della popolazione.

Il cluster D è rappresentato dalla aree rurali e interne, ove risiede il 15 per cento della popolazione, circa 4300 Comuni. La bassa densità abitativa rende diseconomiche le reti FTTB/H che si limiteranno a collegare le sedi PA e le principali imprese. Si ricorda, infatti. che tutte le sedi della Pubblica Amministrazione, con priorità per i plessi sanitari e le scuole, saranno collegati in FTTH assicurando così la possibilità di una piena attuazione della Strategia crescita digitale.La mano pubblica in questo cluster è preponderante e solitaria volta alla realizzazione di una rete pubblica anticipando e, talvolta, anche incentivando il mercato a fornire il servizio di connettività ad almeno 30 mbps. Si tratta di aree la cui l’attenzione pubblica è massima, poiché in depressione e a forte di rischio di fenomeni migratori. Il Governo ha, infatti, previsto una misura ad hoc per lo sviluppo delle “aree interne” del Paese: un progetto molto importante e delicato che ha bisogno delle reti di telecomunicazione per il suo corretto dispiegamento. All’incirca 1 miliardo le risorse da impiegare in questo cluster, reperibili in gran parte a valere sul Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale. Il Piano dovrà però attingere anche al Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale e a fondi nazionali dedicati soprattutto al Centro Nord.

Il piano è ambizioso, visionario e restano ancora tante le cose da fare per renderlo operativo. Ora ci aspetta il passaggio in Europa e il confronto con la DG Competition sarà complesso e si concentrerà su un’approfondita analisi socioeconomica dei cluster e dei relativi modelli di intervento applicati nel rispetto della normativa europea sugli aiuti di Stato. Nel contempo continua il confronto nazionale sulla gestione della Governance del Piano, che deve assicurare rapidità di intervento, coordinamento e rispetto delle autonomie locali. Una governance che sarà garantita dal COBUL, partecipato da tutti i principali stakeholders pubblici, ma che potrà funzionare solo se l’Agenzia per la Coesione istituirà il Polo di attrazione dei fondi. Tale strumento è, infatti, necessario per una gestione efficiente, trasparente e rapida dei finanziamenti pubblici e privati.

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