smart building

Come si vince la sfida dell’edilizia 4.0: le norme non bastano

Per superare gli ostacoli che stanno rallentando la digitalizzazione del patrimonio immobiliare del Paese, le tecnologie da sole non bastano, e neanche le norme. Ecco tutto quello che serve per rendere lo smart building vera leva di uno sviluppo infrastrutturale in grado di garantire un’adeguata concorrenza sui servizi

Pubblicato il 21 Nov 2019

building information modeling, smart building, domotica 4.0

Le criticità del processo di digitalizzazione del patrimonio immobiliare esistente, lo abbiamo già detto più volte, sono legate all’utilizzo improprio degli spazi e delle infrastrutture – ove esistenti, spesso non “costruite a regole d’arte” – e come tali criticità meritassero un approfondimento ed una maggiore attenzione, sia da parte degli operatori di settore che delle istituzioni, dato che lo smart building rappresenta ancora il collo di bottiglia di uno sviluppo infrastrutturale che possa garantire un’adeguata concorrenza sui servizi.

Sebbene l’infrastrutturazione digitale degli edifici sia stata promossa sin dal 2014, con l’inserimento dell’articolo. 135-bis nel T.U dell’edilizia, la norma continua ad essere del tutto ignorata, e in primis dalle stesse istituzioni, come comprova il mancato richiamo alla stessa nella nuova modulistica semplificata e standardizzata predisposta per la richiesta delle autorizzazioni edilizie nell’ambito del tavolo di lavoro sulle semplificazioni, istituito presso il Dipartimento per la Funzione Pubblica, per risolvere le numerose criticità riscontrate per l’accesso e l’utilizzo dei portali digitali SUAP attivati dai Comuni e garantire uniformità nella gestione delle pratiche: modulistica nell’ambito delle quale avrebbe forse dovuto essere inserito un esplicito richiamo all’obbligo di predisporre un impianto multiservizio ed alle norme tecniche di installazione di cui al citato art. 135 bis, come ribadito anche dal Collegio Nazionale del Notariato, che, con un parere del 11 aprile 2018, ha evidenziato come il progetto dell’impianto multiservizio costituisca una parte imprescindibile del fascicolo dell’edificio e, quindi, conditio sine qua non per il rilascio dell’autorizzazione edilizia.

Ma normare non basta: sebbene, infatti, la suddetta norma si inserisca in un contesto in cui lo sviluppo di infrastrutture di comunicazione a banda ultra larga rappresenta certamente una priorità per il Paese, come dimostrano l’asta miliardaria per le frequenze 5G, l’avvio del progetto “Piazza Italia”, e la cosiddetta Fase 2 del Piano Strategico Banda Ultralarga che mira a superare quelle criticità che hanno fermato la “Bul sull’uscio di casa”, altri si rilevano essere i veri driver per gli smart building.

Il risparmio energetico e l’aumento della sicurezza, con la richiesta di installazione di sistemi sempre più evoluti di videosorveglianza, insieme all’entertainment, con l’esplosione esponenziale di download di contenuti video ad alta qualità (nel 2018 l’80% del traffico sulla rete è stato generato da video), oltre alla diffusione degli smart speaker, trainano attualmente il processo di adeguamento degli impianti di edificio, indistintamente per tutte le tipologie di edifici, ante e post luglio 2015, residenziali o commerciali, ed indipendentemente dalle norme. Eppure l’etichetta volontaria prevista al comma 3 del citato art. 135 bis, che consentirebbe a cittadini ed imprese di essere correttamente informati in merito al tipo di infrastruttura fisica che raggiunge i propri immobili e lo sblocco dei voucher per l’attivazione dei servizi a banda ultralarga, da destinare alle famiglie a basso reddito ed alle PMI, oltre che a scuole ed ospedali, per un importo complessivo di 1, 3 miliardi di euro, potrebbero rilanciare fortemente la domanda di servizi innovativi, soprattutto se tali misure fossero accompagnate da benefici fiscali per il rinnovo degli impianti negli edifici (anche di quelli di antenna considerando l’imminente switch off e la platea cui sono stati destinati i contributi di 50 euro per l’acquisto di apparecchiature di ricezione televisiva o decoder con determinate caratteristiche tecniche, destinati ai cittadini residenti in Italia, appartenenti a nuclei familiari per i quali il valore dell’indicatore ISEE è inferiore a 20.000 euro).

Installatori poco formati, un vero problema

La fase di cambiamento in atto impone, però, ancora una volta una seria riflessione sul grado di consapevolezza delle istituzioni e sulla “adeguatezza” degli “operai” del settore, quelli che dovrebbero essere gli “specialisti del digitale”, veri influencer del cambiamento ma che in questa fase appaiono svolgere ancora un ruolo del tutto inadeguato a dare il giusto supporto al cliente/utente, affinché possano essere colte appieno le opportunità di questo mercato in rapida evoluzione. Ad oggi, infatti, più che essere un veicolo di diffusione delle soluzioni, gli installatori sembrano rappresentare una barriera a causa della loro scarsa formazione: la crescita delle competenze degli installatori, ma soprattutto un cambiamento nel modo di porsi nei confronti dell’utente, diventando consulenti sul campo, costituiscono un passo necessario e non più differibile per far sì che tale processo evolutivo si affermi anche nel comparto residenziale dove l’installatore è ancora un grande influenzatore delle decisioni dei consumers. Se su tale fronte si registra una grande consapevolezza da parte delle associazioni di categoria e le iniziative formative, anche di livello, diffuse sul territorio, non mancano, il tema della formazione e della informazione, non solo sul piano tecnico ma anche sul quadro normativo vigente andrebbe, però, affrontato in maniera più strutturata e più circolare, aprendo una riflessione sulla certificazione delle competenze, considerando il ruolo che gli installatori possono avere nella manutenzione ordinaria, straordinaria ed evolutiva degli impianti d’edificio che costituiscono un importante tassello nello sviluppo delle smart community per soddisfare così il bisogno crescente di connettività.

Le procedure di migrazione

Su tale piano vanno anche valutate le nuove possibilità offerte dalla recente delibera 82/19/Cons dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni: con la suddetta delibera l’Autorità ha disciplinato le procedure per consentire ai clienti finali di passare da un operatore all’altro nel caso in cui vengano utilizzate reti FTTH alternative (cioè di operatori wholesale diversi dall’operatore dominante) e rinviato ad un costituendo tavolo tecnico la definizione delle procedure di dettaglio per il riutilizzo del solo segmento di terminazione (verticale di palazzo) da parte dei cosiddetti “operatori di palazzo”, comunque autorizzati o da autorizzare ai sensi dell’art. 25 del dlgs n. 259/2003, ed obbligati conseguentemente all’osservanza di tutta la normativa di settore.

La suddetta delibera chiude o almeno pone qualche punto fermo nel disciplinare le procedure di migrazione, fornendo chiarezza sulle condizioni di utilizzabilità dei verticali di edificio, aspetto che ha costituito uno dei temi più dibattuti nell’ambito del tavolo di lavoro istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, d’intesa con l’Autorità per le garanzie di comunicazione e l’ANCI, con le associazioni di categoria, quali ANCE, ANACI, Confartigianato, CNA, Asstel, IATT, ANITEC, AIIP ed Assoprovider, a seguito delle problematicità emerse nell’attuazione del dlgs n. 33/2006, in particolare con riferimento alle previsioni dell’art. 8 ed alla figura del cd “operatore di condominio” o “operatore di palazzo”.

Se da un lato il sopracitato art. 8 appare idoneo a disciplinare la predisposizione del segmento terminale di rete e la messa a disposizione dello stesso a tutti gli operatori che ne facciano richiesta a condizioni eque e non discriminatorie, la facoltà di duplicare gli impianti, se tecnicamente possibile ed efficiente sotto il profilo economico, prevista al comma 3, seppur degli impianti siano già esistenti e correttamente funzionanti, rischia di fatto di vanificare gli obiettivi stessi della norma, di riduzione dei costi di installazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità.

La mappatura degli edifici nel Sinfi

Al di là di eventuali modifiche o interpretazioni normative, dal confronto è emersa l’imprescindibile necessità di definire delle regole per favorire l’utilizzo condiviso dei verticali esistenti all’interno degli edifici e realizzati a regola d’arte attraverso regole di ingaggio che possano agevolare la condivisione delle infrastrutture – anche attraverso la mappatura delle infrastrutture esistenti e degli edifici nel SINFI ad opera degli enti locali responsabili degli aspetti edilizi – nel rispetto dei parametri di sicurezza ed efficienza imposti dalla normativa di settore, sebbene non si possa non considerare che tra le maggiori criticità che frenano il corretto funzionamento del SINFI vi è proprio la difficoltà per le amministrazioni pubbliche di conferire dati aggiornati al catasto.

Criticità a cui si è tentato di rimediare dal punto di vista operativo stanziando 5 milioni di euro per sostenere comuni ed enti locali nell’attività di conferimento dei dati, attività che potrebbe essere estesa per ricomprendere anche gli edifici broadband ready, in un percorso di costruttiva collaborazione tra istituzioni centrali e locali ed altri portatori di interessi. E’ oramai indispensabile una forte alleanza tra istituzioni ed imprese affinché si crei un sistema virtuoso vincente per tutti, perché lo stato di salute di un Paese passa anche attraverso la qualità dei suoi condomini, considerando gli scarsi investimenti sul patrimonio immobiliare, con un tentativo di recupero attraverso il preannunciato “bonus facciate” dell’emananda legge di bilancio 2020 ed in attesa di un piano casa più strutturato per la rinascita urbana delle città e la riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente.

Sulla “scia” collaborativa va segnalato anche l’ingresso di IATT, quale socio aggregato, in ANCE, che porterà certamente alla realizzazione di positive sinergie tra il mondo delle telco e le imprese edili che svolgono anch’esse un ruolo fondamentale nel processo di digitalizzazione del patrimonio immobiliare. Forse in tale settore l’obbligatorietà dell’etichetta di cui al citato art. 135 bis potrebbe costituire un ulteriore volano allo sviluppo dei servizi a banda ultralarga, così come l’attestato di prestazione energetica, ha contribuito e contribuisce a promuovere l’efficientamento energetico degli edifici in termini di risparmio e, quindi, di miglioramento ambientale, con l’abbattimento delle emissioni di CO2, aumentando anche la sensibilità e l’attenzione su tale tema delle istituzioni.

Oltre le norme e le tecnologie

In attesa che il legislatore intervenga con nuove iniziative di incentivazione, piuttosto che di ulteriore normazione, e che istituzioni ed imprese convergano su interessi comuni, con l’auspicata consapevolezza che le infrastrutture di comunicazione costituiscono un servizio essenziale, considerando con la dovuta attenzione anche il forte divario digitale in cui ancora versa il Paese, che secondo gli ultimi dati Istat vede il 24,7% delle famiglie italiane non disporre di alcuna connessione ad Internet nella propria abitazione, perché non è in grado di usare il web, e solo l’8% di attivazione di abbonamenti a 100 megabit, rispetto ad una media europea del 20%, le nuove tecnologie ed i nuovi metodi di progettazione e costruzione urbana “sono già al lavoro” e disponibili per migliorare la qualità della vita e la sostenibilità delle città di tutto il mondo, dove quasi 2 miliardi di persone vive in alloggi non solo non adeguatamente infrastrutturati per l’offerta di servizi innovativi, ma addirittura insicuri, e non solo in Paesi cd emergenti.

E’ chiaro che la tecnologia, così come le norme, non bastano: è necessario che le città posseggano alcune “soft skills” o “ambiti aggiuntivi”, come definiti nel EY Smart City Index 2018, quali la sensibilità dei cittadini, la diffusione delle competenze digitali dentro e fuori le istituzioni, che devono essere capaci di avviare politiche smart in tema di edilizia ed urbanistica (e non solo), la propensione delle imprese ad investire in innovazione, la presenza di un ecosistema che sia in grado di cogliere e valorizzare le opportunità offerte della tecnologie, dal 5G al wifi luminoso, passando per la fibra ottica.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

EU Stories - La coesione innova l'Italia

Tutti
Analisi
Video
Iniziative
Social
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia

Articoli correlati