La disponibilità di un accesso ad Internet attraverso una rete di ultima generazione rappresenta sia uno stimolo alla competitività del tessuto economico di un Paese sul panorama globale che un importantissimo fattore di inclusività sociale. In relazione a ciò, sebbene dal punto di vista della quota di accessi alla rete l’Italia tenga il passo con le altre principali aree economiche globali, sotto il profilo tecnologico si evidenzia ancora un’accentuata arretratezza, in particolare per quanto riguarda il take up del FTTH e del 5G.
Questa problematica è stata analizzata da I-Com all’interno dello studio “Obiettivo Italia connessa. L’evoluzione delle reti di telecomunicazione in Italia tra l’eliminazione del digital divide e lo switch-off” realizzato nell’ambito di Futur#Lab, progetto di I-Com e Join Group con la partnership di Ericsson, FiberCop, INWIT e Open Fiber.
Connettività, l’Italia nel contesto globale
Per avere una chiara chiave di lettura della domanda di connettività in Italia è innanzitutto interessante analizzare il posizionamento del nostro Paese sul panorama globale. Gli ultimi dati OCSE sulle sottoscrizioni alla rete fissa ogni 100 abitanti mostrano come persistano notevoli differenze sia tra le varie aree del mondo sia tra gli Stati Membri UE. Considerando il numero totale degli abbonamenti a primeggiare è infatti la Francia, con quasi una sottoscrizione ogni 2 abitanti, seguita a brevissima distanza dalla Corea del Sud. L’Italia, dal canto suo, occupa la parte bassa della classifica con appena 32,1 sottoscrizioni ogni 100 abitanti, al di sotto della media OCSE (35,8).
Spostando l’analisi sulle connessioni in fibra vediamo come lo scenario cambia: la Corea del Sud passa in testa con 41,8 abbonamenti ogni 100 abitanti a netta distanza da tutte le altre grandi economie. Su questo versante l’Italia performa anche peggio del dato generale posizionandosi al trentaquattresimo posto con soli 7,4 abbonamenti ogni 100 abitanti, mentre altre grandi economie UE come Svezia, Spagna, Francia e Portogallo consolidano la loro posizione nel gruppo di testa.
Molto interessante è anche analizzare lo stato delle sottoscrizioni per velocità di connessione. Osservando solo gli abbonamenti oltre il Giga la classifica vede al primo posto la Francia (25,4), mentre l’Italia, nonostante si posizioni lievemente al di sotto della media OCSE (23,6) per connessioni ad almeno 100Mbps (23,5), sale al nono posto per quanto riguarda gli abbonamenti ad almeno 1 Giga, con 7,1 ogni 100 abitanti, valore molto vicino a quello degli USA (7,2).
Per quanto riguarda le reti mobili, a spiccare per numero complessivo delle sottoscrizioni è il Giappone che presenta oltre due abbonamenti per ogni abitante, seguito a breve distanza dagli USA (1,9). Se si considerano invece le sottoscrizioni al 5G, sale in testa alla classifica la Danimarca (103,6 ogni 100 abitanti), seguita da Giappone (69,4), Corea del Sud (63,5) e Stati Uniti (56). L’Italia in questo caso è ben lontana dal gruppo di testa con soli 26,6 abbonamenti.
A dispetto del numero di sottoscrizioni, in cui alcune delle economie del vecchio continente ben figurano sul panorama globale, secondo gli ultimi dati diffusi dal GSMA sulla penetrazione del 5G nel mix delle telecomunicazioni mobili l’Europa, con il suo 20%, presenta un valore nettamente inferiore a quello del Nord America (53%) e della Cina (45%).
Lo scenario nazionale
L’analisi dei dati contenuti nelle ultime relazioni dell’Osservatorio Trimestrale sulle Telecomunicazioni realizzata da Agcom (N.3/2022,2023,2024), ci permette di ricostruire l’andamento che il numero di accessi alla rete ha avuto in Italia fin dal periodo pre-pandemico. A partire da giugno 2018 vediamo come le sottoscrizioni siano diminuite fino a toccare il proprio minimo nel 2020, per poi risalire lievemente negli anni successivi ma senza mai tornare ai livelli di partenza. Nel complesso, al di là delle oscillazioni registrate, emerge chiaramente un trend di decrescita del numero di sottoscrizioni nel nostro Paese.
Se il numero degli accessi sta attraversando una tendenza calante, un notevole passo avanti si è fatto sul versante della tecnologia. Tra giugno 2018 e giugno 2024 si continua infatti ad assistere al calo delle connessioni completamente in rame (-49,5%), che restano comunque il 15,8% del totale, a fronte di una netta crescita di FTTH (passato dal 3,4% al 25,8%) e FWA (dal 5,5% al 11,1%). Si può inoltre notare come dal 2022 sia calata la quota di FTTC (-4,1%), segnale di un graduale passaggio (sia pure ancora modesto) verso le connessioni completamente in fibra.
Considerando l’andamento di crescita del FTTH negli ultimi anni lo studio ha effettuato una proiezione sul tempo che questa tecnologia ci metterà a rimpiazzare quelle precedenti (rame e FTTC) se si procedesse al ritmo attuale. Dall’analisi è emerso che una sostituzione completa rispetto al numero di accessi cristallizzato al valore attuale non avverrà prima di un decennio, più precisamente nel 2036.
Per ciò che concerne l’analisi delle connessioni mobili, vediamo come complessivamente le linee attive nel nostro Paese siano cresciute di 7,3 milioni tra il 2018 e il 2024. Quest’aumento è però dovuto esclusivamente alle Sim M2M, ovvero quelle che abilitano la comunicazione tra macchine (cresciute appunto di 12,6 milioni). Le sole linee human, ovvero quelle utilizzate da persone fisiche, negli ultimi 7 anni sono invece diminuite di 4,3 milioni di unità.
In mancanza di dati storici sulla penetrazione del 5G in Italia, per fornire un quadro di sintesi della situazione su questo versante è interessante analizzare i dati Eurostat sulla quota di SIM italiane che hanno generato traffico 5G rispetto alla popolazione. L’Italia, con il 20,5%, si posiziona al di sotto della media UE (24,6%), molto lontana dai paesi best performer.
Le priorità da affrontare
Dai dati contenuti nello studio realizzato da I-Com emerge chiaramente la necessità di intervenire per correggere le distorsioni che si stanno verificando nel panorama italiano rispetto alle altre economie avanzate. Per prima cosa, visti gli investimenti pubblici e privati già realizzati sulle reti, appare certamente utile realizzare campagne di awareness destinate alla cittadinanza utili ad accrescere la consapevolezza circa i benefici connessi alla disponibilità di reti performanti per poter accedere a servizi digitali innovativi.
Su questo punto è intervenuta anche la Commissione Europea che, nel White Paper pubblicato a febbraio 2023, ha chiaramente espresso la necessità di accelerare lo switch-off del rame e potenziare l’uso della fibra. È infatti di tutta evidenza il contributo che, soprattutto in una logica di medio periodo, potrà offrire l’ampia disponibilità e adozione di connessioni in fibra sia dal punto di vista dei servizi accessibili, sia in una logica di efficienza e sostenibilità ambientale.
Si tratta tuttavia di un tema molto complesso che innanzitutto necessita di un’attenta focalizzazione. Infatti, se è fuor di dubbio ed ampiamente condivisa la necessità di procedere speditamente allo spegnimento delle reti in rame (voce ed ADSL), il discorso certamente si complica se si pensa all’FTTC, agli investimenti realizzati su queste infrastrutture, alle performance che essa assicura ed all’immaturità della domanda e dei servizi.
L’impatto delle regolamentazioni
A tali considerazioni si aggiungono anche altri fattori da considerare tra cui la regolamentazione del decommissioning, ossia il processo di spegnimento delle centrali locali della rete di accesso di TIM sottoposto alla vigilanza di Agcom e la migrazione degli utenti su reti FWA, FTTC e FTTH.
Tale regolamentazione, infatti, impone tempistiche lunghe per le verifiche iniziali di Agcom, il tempo di preavviso e la migrazione tecnica e non consente, di fatto, di interrompere l’erogazione del servizio agli utenti che rifiutino il passaggio alla nuova rete. In questo contesto è dunque chiara l’esigenza, se si persegue l’obiettivo di accelerare lo switch-off del rame, di ripensare tale quadro e, in una logica di snellimento, da un lato di comprimere il periodo per lo svolgimento delle attività di comunicazione, verifica e migrazione e, dall’altro di abilitare l’operatore, una volta assolti i propri obblighi informativi nei confronti dei clienti senza aver ricevuto disponibilità dagli stessi alla migrazione sulla nuova infrastruttura, ad interrompere il servizio voce e ADSL.
È altrettanto palese, tuttavia, che si tratta di un processo, quello del copper switch-off, senza dubbio complesso e articolato che si scontra con tutte le criticità legate all’assicurare l’effettiva capillarità della fibra e che richiederà, dunque, la definizione di una politica industriale a ciò orientata e il superamento delle criticità legate alle procedure di rilascio dei permessi che continuano a rappresentare uno dei talloni d’Achille per il paese. Sarà certamente necessario assicurare una progressività che pur guardando agli obiettivi europei, non potrà prescindere dai piani di investimento degli operatori nei singoli territori e da un’attenta valutazione degli impatti sui sistemi nazionali. Si tratta di un processo che certamente va orientato con ampia concertazione tra gli attori coinvolti nel tentativo di bilanciare adeguatamente tutte le esigenze in campo.
Il nodo 5G
Discorso simile sul versante 5G, nonostante il grande sforzo degli operatori per migliorare la copertura del territorio in reti mobili di quinta generazione, gli utenti risultano ancora molto più attenti al prezzo dell’offerta che alle performance della linea. Questo potrebbe dipendere sia dall’ottima rete 4G di cui è dotato il nostro Paese che già soddisfa le esigenze degli utenti sia dalla mancanza di una killer application che mostri all’utilizzatore un chiaro beneficio nel passare a una 5G.