Il settore dei contenuti digitali tv in Italia sta mostrando grosso fermento: negli ultimi due anni, il numero di titoli disponibili in Italia è cresciuto del 207%. D’altra parte a giugno 2017 gli utenti di video online (gratuiti e a pagamento) erano 19,1 milioni e, se si confermano i trend di crescita, potrebbero raggiungere i 23 milioni.
Tra le telco, Tim (Vivendi) sta sfruttando la propria forza distributiva per entrare a pieno titolo nel mondo dei contenuti, grazie ad un accordo pluriennale che prevede l’acquisto di contenuti da Mediaset (si parla di 460 milioni in sei anni) per la piattaforma Tim Vision che potrebbe porre fine alla contesa Mediaset-Vivendi e al lancio dalla joint venture con Canal+ che punta all’ambiziosa soglia di 5 milioni di abbonati (la stessa di Sky) entro il 2019. La principale rivale, Vodafone, non è rimasta troppo a lungo a guardare e da qualche mese ha lanciato Vodafone TV, frutto di intese con Sky e le principali società di produzione.
Il 2018 dovrebbe essere inoltre l’anno della conferma degli investimenti pubblicitari online, che, forti di una ripresa generale del mercato, dovrebbero muovere risorse aggiuntive piuttosto che toglierne ai media tradizionali, ai quali comunque peserà la clamorosa assenza della nostra nazionale dai mondiali di calcio.
La tecnologia digitale se da un lato ha messo a disposizione degli utenti una quantità illimitata di contenuti di cui fruire, dall’altro ha reso infinitamente più semplice la diffusione di copie non autorizzate di materiale coperto da copyright di qualità pressoché simile all’originale. Lo ha confermato l’ultimo rapporto della FAPAV secondo cui oggi la forma di pirateria più diffusa è quella online, che coinvolge il 33% della popolazione. L’impegno della federazione per il nuovo anno è appunto quella di contrastare le nuove modalità di diffusione online dei contenuti audiovisivi con una cautela particolare per la dimensione transfrontaliera della pirateria, mantenendo alta l’attenzione sul fenomeno specie tra i più giovani con attività mirate di comunicazione.
Lato innovazione i mezzi tradizionali corrono ai ripari e puntano sulla qualità continuando le sperimentazioni in 4K. Il lancio del nuovo decoder Sky Q avvenuto a fine 2017, verrà messo a punto nell’anno in corso, e si propone di trasformare le abitazioni in ambienti di visione in cui schermi fissi e mobili, trasmissioni satellitari e rete, si integrano in assenza di cavi.
Proseguono anche le sperimentazioni di realtà virtuale e aumentata. Il know how acquisito dalla corsa al 3D ha permesso di guardare oltre, e così, mentre dal punto di vista tecnologico si cerca di migliorarne l’esperienza immersiva, l’industria dell’intrattenimento sta esplorando le nuove frontiere di VR e AR. Probabilmente non sarà il 2018 l’anno della loro esplosione, ma gli italiani vi ripongono grosse aspettative secondo un sondaggio di Ericsson ConsumerLab che rivela come il 56% del campione ritenga fattibile, in tre anni, la possibilità di guardare i film in realtà virtuale o assistere ai concerti dal divano di casa provando la sensazione di stare in mezzo alla folla o sul palco.
Il 2018 sarà infine l’anno della nuova legge cinema (220/2016) voluta dal Ministro Franceschini che finalmente vedrà a regime tutti i decreti attuativi dando nuova linfa al settore (400 milioni di euro all’anno a beneficio di tutta la filiera, dai film ai videogiochi) e di conseguenza rendendo i nostri prodotti migliori per qualità ed esportabilità, incentivando anche la loro diffusione multipiattaforma. D’altra parte sembra che il nostro mercato audiovisivo finalmente si muova in una direzione di internazionalizzazione come dimostra l’acquisizione del 51% di Cattleya da parte di ITV a cui potrebbero seguire altre operazioni analoghe.
Il nodo principale sta nella penetrazione della banda ultra larga e dei servizi ad essa connessi. Il 2016 aveva registrato una crescita del 30% della copertura rispetto all’anno precedente per un totale del 72% delle abitazioni.
Gli italiani abbonati al servizio, tuttavia, sebbene più che raddoppiati rispetto al 2015, si stimavano intorno al 12%. Cifre destinate a salire grazie alla maggiore disponibilità di contenuti rispetto al passato, all’affermarsi servizi OTT come Netflix e Amazon e quelli dei principali operatori audiovisivi a pagamento, delle offerte triple/quadruple play delle telco.