Nel nuovo ecosistema digitale, gli individui cercano sempre più risposte in real time alle proprie esigenze. Tale fenomeno, giorno per giorno, conquista nuovi spazi e le aziende del settore sono impegnate a fornire soluzioni in linea con queste aspettative.
Le relazioni con il cliente in tutti i settori merceologici cambiano, aggiungendo ai canali prevalentemente “fisici” e tradizionali i canali online, i digital touch points. A ciò si affianca l’utilizzo crescente di contenuti digitali come app, giochi, musica, film, e-books, magazine e servizi di mobile ticketing.
Comincia a diffondersi anche lo Smart Working, che consente di estendere lo spazio di lavoro oltre il luogo fisico dell’ufficio, grazie a collegamenti veloci e sicuri per accedere e condividere i dati aziendali in ogni momento e con qualsiasi dispositivo, assieme a piattaforme di social community a supporto delle nuove generazioni di imprenditori.
Per far fronte a queste e ad altre evoluzioni, le reti di telecomunicazione nei prossimi anni dovranno supportare velocità e complessità esponenzialmente crescenti, diventando un’infrastruttura sempre più strategica e fondamentale.
Paradossalmente, in questa esplosione del digitale, il mercato degli operatori di telecomunicazione in Italia, tra fisso e mobile, ha perso oltre 11 miliardi tra il 2009 ed il 2014, cioè il 26% del suo valore iniziale, come evidenziato recentemente da ASSTEL nel “Rapporto sulla filiera delle Telecomunicazioni in Italia – Edizione 2015”. Nello stesso periodo, Germania e Regno Unito hanno perso solo l’8,5% circa e addirittura gli USA hanno guadagnato il 16%.
Inoltre, una lettura attenta degli indicatori contenuti nel “Digital Agenda Scoreboard 2015”, pubblicato in giugno dalla Commissione Europea, evidenzia, sempre in Italia, difficoltà nell’implementazione dell’agenda digitale europea, particolarmente accentuate nel settore della telefonia fissa.
Nell’ultima rilevazione, infatti, l’Italia occupava, a dicembre 2014, gli ultimi posti tra gli Stati appartenenti all’Unione Europea sia nella copertura NGA realizzata (36% di unità immobiliari) sia nella percentuale degli abbonamenti a servizi con velocità maggiore di 30 Mbps (propri di una rete NGA) rispetto al totale degli abbonamenti a larga banda fissi: solo l’1%.
Molto differente è la situazione della copertura NGA e della percentuale degli abbonamenti con velocità maggiore di 30 Mbps sia nelle nazioni con popolazione paragonabile all’Italia quali la Germania (copertura 81%, abbonamenti 21%), la Spagna (copertura 73%, abbonamenti 23%), il Regno Unito (copertura 89%, abbonamenti 32%) e la Francia (copertura 43%, abbonamenti 12%), sia con gli altri Paesi del Nord e dell’Est Europa (quali, ad esempio, Belgio e Romania).
Si può agevolmente dedurre che tale ritardo sia stato sostanzialmente determinato dall’assenza in Italia di una rete di accesso in cavo coassiale televisivo (la cosiddetta “CATV”). Infatti, a gennaio 2015, nell’intera Unione Europea la tecnologia preponderante nelle linee vendute NGA (quasi il 50% degli abbonamenti) era derivata proprio dalla CATV.
Cosa occorre quindi fare per recuperare il terreno perduto nel fisso? Sono necessari piccoli e continui passi: un regime regolamentare predictable non sarà il solo strumento, le regole dovranno accompagnare l’innovazione tecnologica con strumenti sia tradizionali sia innovativi a fianco di quelli tradizionali.
E’ notizia dello scorso anno come, nel Regno Unito, una connessione broadband lenta deprezzi di più del 20% il valore di un immobile. Può sembrare una esagerazione ma non è così: se i nuovi servizi in streaming prenderanno piede, con visioni multi screen nelle abitazioni, la richiesta di banda sarà esponenziale e questo necessiterà di un’offerta di connessione all’altezza.
Nel prossimo futuro si presenteranno nuove situazioni che dovranno essere affrontate con nuovi strumenti. Se ad esempio un abbonato ad una piattaforma di streaming intendesse avviare una controversia nei confronti del suo fornitore di contenuti, la potrebbe aprire in AGCOM? AGCOM avrebbe i poteri di intervento? In caso di divergenza di opinioni tra un operatore ed un new player (i c.d. Over The Top), qualunque esso sia, potremo contare sui poteri di intervento di Agcom nei confronti del new player oppure AGCOM potrà solo agire nei confronti dell’operatore? Sarebbe un po’ sbilanciato, non trovate? Inoltre, se un produttore di terminali mobili (qualunque esso sia) con il proprio software installato sul terminale creasse degli ostacoli nei confronti di un operatore (e quindi nella sua capacità di attrarre clienti) impattando la sua capacità competitiva, quali sarebbero gli strumenti di intervento?
Le regole dovranno prendere atto che tutto sta cambiando simultaneamente sia sul fronte delle infrastrutture e delle tecnologie, sia sul fronte di servizi offerti.
Un ulteriore esempio: oggi ognuno di noi può essere profilato sui mezzi innovativi: è esperienza comune che se si effettua una ricerca su internet, nei successivi giorni verrà suggerita la risposta alla domanda. Giusto o sbagliato? Da impedire o da incoraggiare? Non è facile a dirsi: di certo gli strumenti di cifratura (la cosiddetta encryption) dei nuovi players non può essere gestita dagli operatori con semplicità; non è una questione di contrapposizione tra nuovi players ed operatori, ma sussiste una necessità di dotarsi di un set di regole comuni.
In conclusione, la risposta per affrontare il futuro non può essere deregolare ciò che c’è, ma dotarsi di nuovi strumenti aggiuntivi per stabilire le nuove regole del gioco dove tutti opereranno a beneficio della clientela nel rispetto di una sana competizione; si parla tanto di net neutrality, ma non si può parlare solo di “net neutrality SOLO delle Telco”…
Bisognerà quindi introdurre nuovi mercati rilevanti, oggetto di analisi per verificare le posizioni di mercato dei nuovi player ed eventualmente identificare nuove regole al passo con i tempi. Con questi accorgimenti sarà ragionevolmente possibile, nei prossimi anni, garantire all’Italia reti di telecomunicazioni “a prova di futuro digitale”.