Un weekend lungo sulla costa di Maratea mi ha consentito di fare qualche esperienza pratica e qualche riflessione su cosa oggi significhi digital divide, sia dal punto di vista infrastrutturale che da quello sociale, e su cosa sia necessario e possibile fare per rilanciare, anche attraverso il digitale, il nostro martoriato Mezzogiorno. E non solo quello. I problemi della banda larga e banda ultralarga sono infatti su scala nazionale e evidenziano una confusione a tanti livelli: di dati, coperture, politiche attuative. Vediamo perché.
Maratea, Tortora e il digitale divide infrastrutturale
Lo farò confrontando sinteticamente la situazione di due comuni contigui, e, per quanto possibile, di specifiche aree sub-comunali: Maratea, comune con una fiorente attività turistica, sul Golfo di Policastro, subito a Sud del Cilento, nel breve tratto Lucano della costa tirrenica, e Tortora, subito a Sud, che si è sviluppato sul litorale cosentino come appendice di Praia a Mare, ma ha un centro storico, nell’interno collinare, appartenente al parco del Pollino, in cui sono rimasti poco più di 500 residenti (censimento 2011). Si tratta di due comuni compresi tra i 748 in cui si è sviluppato l’ultimo grande intervento “indiretto”, “ad incentivo”, di aiuti di Stato per il superamento del digital divide infrastrutturale, il cosiddetto piano Eurosud, che ha interessato sette regioni del Centro-Sud e i cui risultati sono sintetizzati in una recente analisi di monitoraggio, svolta da Agcom su richiesta del MISE, e su cui torneremo nel seguito.
Ho subito notato che la piccola struttura ricettiva sul mare che avevo scelto (una dozzina di camere) era servita da un fixed wireless access. Incuriosito chiedo al gestore e lui mi risponde che il suo operatore gli aveva offerto tempo fa un accesso di rete fissa (non è chiaro se ADSL o VDSL) ma aveva poi comunicato che di fatto esso non era disponibile. Per non sprecare la telefonata, l’operatore aveva comunque alzato il prezzo del servizio fornito, annullando le promozioni in corso. Il gestore aveva anche notato che, a poche decine di metri, lungo la ferrovia tirrenica, sicuramente passava fibra ottica (non era un tecnico e si meravigliava delle difficoltà). Durante il soggiorno ho fatto una escursione nell’entroterra per visitare il Centro Storico di Tortora di cui ho apprezzato la suggestiva collocazione, nonostante evidenti problemi degli edifici: le ingenti somme derivanti da eventi sismici del passato non sono evidentemente state sufficienti a completare i lavori di ristrutturazione. Ho anche notato, davanti alla centralina Telecom Italia, il cartello che annunciava l’attuazione del piano BUL Eurosud. Su Google Maps vengono segnalati alcuni Bed and Breakfast e trattorie. Vedo la sede di un servizio di guardia medica e mi dicono che è attiva solo una scuola elementare, con pluriclasse (verificherò successivamente che nel 2011 i bambini tra 5 e 9 anni erano 24, in aumento rispetto al 2001, ma evidentemente insufficienti per mettere a loro disposizione una classe per ogni anno della scuola primaria).
Lo stato dell’arte della banda larga a Tortora e Maratea
Tornato a Roma ho voluto verificare le informazioni in base ai dati Agcom e Istat che stavo elaborando in questi giorni. Le preziose mappe Agcom mostrano in effetti che la copertura FTTC del centro storico di Tortora è abbastanza buona e che in gran parte del litorale di Maratea, incluse le aree adiacenti al mio albergo non è disponibile il servizio a banda larga di rete fissa. In entrambe le zone si conferma, con qualche limite, la disponibilità di accesso fixed wireless. Infine, nel centro storico di Tortora non c’è servizio 4G (mentre sul litorale di Maratea sono disponibili 2 ed in qualche caso 3 reti 4G (fig. 9); in effetti ho utilizzato prevalentemente il servizio 4G, piuttosto che quello fixed wireless dell’albergo, su cui, non a caso, c’erano quote di traffico.
Sarebbe stato utile disporre di dati Agcom a livello sub-comunale, vista la grande disomogeneità di entrambi i comuni, e sarebbe utile comprendere meglio le discrepanze che si notano tra diverse fonti dei dati, anche in relazione alla loro evoluzione nel tempo. Ad esempio l’aggregazione per comune dei dati Infratel 2015 sulle aree bianche e con precedenti interventi diretti stima in 3.823 le unità immobiliari a Maratea (elaborazioni infratel su dati Istat 2001) e registra un obiettivo di copertura Fttn del 95% al 2018. Sempre Infratel arriva più recentemente, nell’ambito della consultazione 2017 ad una stima di 3.775 per la somma di alloggi ed unità locali (dati Istat 2011) e fornisce, come ulteriore dettaglio il numero degli edifici utilizzati (2.719) e quello delle abitazioni (3.351); è opportuno notare che il censimento stima in 1.230 le abitazioni vuote (presumibilmente, in gran parte, abitazioni di vacanza non occupate nel giorno della rilevazione). Il numero degli edifici utilizzati è abbastanza vicino al numero degli indirizzi distinti raggiunti da adsl fornito da Agcom (2.632, il 96,8% del numero degli edifici utilizzati). Il numero degli indirizzi distinti con disponibilità Vdsl è, secondo Agcom, 2.258, l’83% del numero degli edifici utilizzati, un valore lontano dall’obbiettivo di copertura Fttn per il 2018, che però potrebbe includere tecnologie diverse da quelle di rete fissa. La pagina MISE conferma una copertura ad oggi dell’82,6%, a 30Mb/s senza specificare l’universo di riferimento. Inoltre sulla stessa pagina sono fornite altre informazioni che possono ingenerare confusione e non sono univocamente interpretabili: nella parte alta della pagina, a fianco della mappa del comune, si afferma che la copertura al 2017 è pari al 91% delle unità immobiliari; nella parte bassa, il dato di copertura dell’82,6% è associato all’informazione del numero degli abitanti (5150) e delle unità immobiliari (3795, un valore cresciuto del 13,2% rispetto a quello presente nel file del 2017 relativo alle aree bianche sopra citato) coinvolte.
Una possibile interpretazione di dati confusi
Una possibile interpretazione è che la copertura all’82,6% non si riferisca né agli abitanti, né alle unità immobiliari ma agli indirizzi e che la copertura in termini di unità immobiliari sia maggiore di quella in termini di indirizzi perché l’area coperta è caratterizzata da un numero maggiore di unità immobiliari per indirizzo rispetto a quella non coperta. Prendendo per buoni il nuovo dato sulle unità immobiliari, 3795, e il vecchio dato sugli edifici utilizzati, il rapporto tra totale delle abitazioni e gli edifici utilizzati sarebbe pari a 1,54 per gli indirizzi serviti e pari a 0,72 per gli indirizzi non serviti. In effetti, i dati del censimento 2011 per località mostrano che questo rapporto è massimo per la località Maratea, il centro storico (1,63) e vicino od inferiore ad 1 per le altre località, con un minimo di 0,79 per Cersuta. Valori inferiori ad 1 sono interpretabili come derivanti da una rilevante incidenza di edifici non residenziali. A fine progetto (dicembre 2019, secondo la citata pagina MISE) la copertura a 30Mb/s di operatori privati dovrebbe salire al 94,3%, mentre quella complessiva, comprensiva dell’intervento pubblico dovrebbe essere del 98,9%; in particolare, l’intervento pubblico assicurerebbe una copertura del 4,6% a 100Mb/s. Anche in questo caso non è chiaro se la copertura a 30Mb/s costituisca il completamento del piano comunicato in consultazione pubblica già nel 2015 e se la copertura a 100Mb/s riguardi aree diverse ed estenda in questo modo la copertura effettiva. Non è immediatamente comprensibile, sulla pagina, su quali tecnologie sarà basato l’intervento pubblico visto che, per essere aggiuntivo rispetto a quello privato, dovrà riguardare aree con densità di insediamento molto bassa, anche se a vocazione turistica.
L’aggiornamento di Infratel sulle aree grigie e nere
Una più seria novità, che a livello nazionale sta avendo conseguenze clamorose, è contenuta, anche per Maratea nel recente aggiornamento di Infratel sulle aree grigie e nere, che probabilmente non è stato utilizzato per aggiornare le pagine web MISE. In esso il numero di indirizzi coperti a 30Mb/s a Maratea è indicato in 1976, in netto calo rispetto al numero di indirizzi vdsl individuati da AGCOM (2258). Si tratta, con tutta probabilità dell’effetto degli importanti aggiornamenti introdotti con la consultazione 2017 che definisce in modo significativamente più restrittivo i criteri alla base della verifica delle coperture (si veda per una prima analisi l’articolo di Alessandro Longo su Repubblica il 4 luglio 2017) e che ha portato a spostare in “nuove aree bianche”, nella previsione al 2020, il 18,5% degli indirizzi (fonte EGON) precedentemente classificati in aree grigie e nere. Si tratta di 3.534.776 indirizzi cui afferisce l’8,2% delle unità immobiliari in Italia.
I dati dei censimenti
I dati dei censimenti arricchiscono il quadro anche nel caso del centro storico di Tortora. Esso è suddiviso in due sezioni censuarie. In quella più antica il 70% degli edifici residenziali è costruito prima del 1920. In questa sezione circa il 10% degli edifici resta in uno stato mediocre o pessimo. Tuttavia, il ripristino post sisma ha fatto crescere, tra il censimento 2001 e quello 2011, il numero degli edifici utilizzati in questa sezione, e sono tornati residenti (+22%), così da contenere il calo della popolazione complessivamente residente nel centro storico (-7,5% nel decennio), anche se restano quasi 300 abitazioni vuote, contro le 129 occupate da almeno una persona residente. Ancora nel 2011 nonostante il netto miglioramento rispetto al 2001, nella popolazione con sei anni o più coloro che hanno una laurea o un diploma di scuola media superiore sono circa un terzo (125) di coloro che hanno al più la licenza media inferiore (356); tra questi ultimi 223 hanno al più la licenza elementare e 42 sono analfabeti.
I dati sorprendenti della consultazione Infratel
La consultazione Infratel 2017 relativa alle aree grigie e nere ha sul centro storico di Tortora un effetto sorprendente: a fronte di 365 edifici e complessi di edifici totali, di cui 304 utilizzati e 290 ad uso residenziale, i dati Infratel individuano 306 numeri civici serviti a 30Mb/s (secondo i più restrittivi criteri del 2017) e ben 459 numeri civici non serviti, per un totale di 765 numeri civici. Andrebbe spiegato perché il numero complessivo di civici sia tanto più alto del numero degli edifici (oltre il doppio). Non sembra probabile uno sviluppo edilizio successivo al 2011 (nel 2011 non risultavano all’Istat edifici costruiti dopo il 1990). Un controllo a campione mostra che 232 numeri civici non coperti appartengono a tre vie in cui non risulta nessun numero coperto (Corso Amedeo Fulco, Corso Vittorio Emanuele e Corso Guglielmo Grassi) difficilmente localizzabili sia sulle mappe Agcom che su quelle Google. Una strada, Corso Garibaldi, che ha circa la metà di indirizzi serviti, è ben individuabile sulle mappe Google, e si estende per buona parte del suo percorso fuori dal centro abitato. Al numero 44 di Corso Garibaldi, Google Maps indica la presenza di una sede del Comune, cui una unica recensione attribuisce una stella su cinque. In effetti il sito del comune è particolarmente povero, con gran parte dei link non funzionanti (eccezioni significative le pagine dedicate a foto e contatti del Sindaco e della Giunta). Funziona l’Albo Pretorio online, gestito in outsourcing. Sia le mappe Agcom che l’aggiornamento Infratel dell’aprile 2018 sulle aree grigie e nere indicano questo indirizzo come non servito.
L’Anncsu in grave ritardo
Alla luce di questi esempi, appare grave il ritardo con cui viene predisposta l’Anncsu, anagrafe nazionale dei numeri civici e delle strade urbane che, insieme alla caratterizzazione delle strutture presso ciascun numero civico, ridurrebbe l’incertezza sullo sforzo da sostenere sul territorio, darebbe maggiore trasparenza alle procedure di selezione del contraente e maggiore efficienza alla scelta delle tecnologie da utilizzare. Finché non sarà possibile contare su indirizzi certificati e su informazioni aggiuntive di caratterizzazione di questi indirizzi (edifici, residenziali e no; numero di abitazioni, occupate da residenti e no; esercizi commerciali, ricettivi e produttivi, etc.), sarà estremamente arduo stimare la precisione delle procedure di stima, comunque approssimate, con cui si passa, per ogni sezione censuaria, dal numero degli indirizzi serviti alla percentuale della popolazione coperta. Telecom Italia ed ancor il sistema elettrico, con il SII gestito dall’Acquirente Unico (e alimentato in gran parte da Enel) sono fonti privilegiate per fornire dati affidabili di questa natura: sapere quante utenze elettriche residenziali o commerciali sono attive ad un certo numero civico consentirebbe di partire da una misura molto concreta della localizzazione della popolazione sul territorio. Il numero complessivo di indirizzi indicati nei più recenti documenti Infratel (36 milioni) non è molto lontano da quello (36,8 milioni) dei punti di prelievo di energia elettrica (vedi Relazione Annuale 2017 della Autorità di settore, Tavole da 2.15 a 2.19). Tra queste utenze 29,440 milioni sono residenziali e tra esse 5,2 milioni sono utenze fino a 3 kw per non residenti. Tra queste ultime 4,3 milioni appartengono alla classe di consumo più bassa (il consumo medio è circa un quarto di quello di una utenza media residenziale). E’ possibile che questi utenti siano in prospettiva interessati a servizi mobili, caratterizzati da bassi costi fissi e utilizzo più flessibile.
Maratea e Tortora simbolo dell’Italia
In piccolo, questi due comuni sintetizzano una storia che caratterizza molte parti di Italia: la banda ultralarga arriva prima e meglio in zone d’Italia meno pronte a sfruttarla. Le aree in cui si è realizzato il progetto Eurosud sono oggi meglio servite di altre aree ad elevata domanda e prevalentemente classificate come nere o grigie. Una rappresentazione interessante di questo fatto può essere ottenuta elaborando i dati Agcom a scala provinciale che, per la prima volta consentono di confrontare la qualità della infrastruttura disponibile con l’entità della adesione al servizio. Tra poche settimane i dati permetteranno analisi più interessanti, perché descriveranno la situazione a fine 2017. I dati attuali, misurano copertura e adesione a fine 2016 e quindi osservano solo l’inizio di un processo di diffusione che procede lentamente. I dati sono stati elaborati classificando le provincie in quattro insiemi: quelle con presenza prevalente di comuni del piano Eurosud; quelle ove si sono sviluppati precedenti interventi “diretti” (principalmente basati su infrastrutture Infratel) o i progetti Eurosud hanno avuto un’estensione limitata; quelle per cui le aree bianche della consultazione 2015 prevalgono sulle aree grigie e nere ma non ci sono ancora gli effetti del piano BUL diretto (indicate con A); infine quelle in cui invece è prevalente la presenza di aree grigie e nere (indicate con B).Un primo grafico mostra in ordinata il rapporto tra accessi broadband tradizionali (BB) e numero delle famiglie (una proxy della adesione delle famiglie, sporcata, tuttavia, dagli abbonamenti di imprese e PA) e in ascissa la stima AGCOM della quota di popolazione servita ad almeno 30Mb/s.
Un intervento pubblico coordinato
In questo quadro è auspicabile che l’intervento pubblico sia caratterizzato da un alto grado di coordinamento e che tenga conto della presumibile carenza di competenze a livello locale. La già citata analisi di monitoraggio svolta da Agcom sulla utilizzazione da parte della Pubblica Amministrazione, e in particolare da parte delle scuole, delle opportunità offerte dalle nuove infrastrutture BUL offre un quadro abbastanza deludente. L’analisi offre dettagli maggiori relativamente alle linee retail vendute da Tim, circa 95.000, i tre quarti del totale. Il progetto ha consentito a Tim di servire circa 6500 sedi della Pubblica Amministrazione, ma tra esse, per ora, solo 495 hanno attivato un collegamento, scegliendo per il 55% servizi Fttc , nonostante il bando prevedesse la disponibilità di servizi Ftth per le sedi pubbliche. Per l’istruzione i collegamenti attivati sono stati solo 190, quasi tutti in tecnologia Fttc , in 140 sedi, su 2922 sedi coperte dal progetto. Per la mancata richiesta di servizi Ftth l’analisi di AGCOM cita il significativo differenziale di prezzo, la non necessità, in relazione all’attuale livello di maturità delle utilizzazioni, e ulteriori vincoli amministrativi ed economico-finanziari. Ulteriori elementi di perplessità derivano dalle risposte ai questionari proposti alle pubbliche amministrazioni, cui hanno risposto 172 amministrazioni nell’area Eurosud, di cui 141 del comparto Istruzione e con disponibilità di connessione Internet. Tim ha una quota prevalente nei servizi a banda larga, mentre gli altri operatori prevalgono nei servizi a banda ultralarga. Appare poco definito il processo di procurement, a volte demandato alle amministrazioni comunali e provinciali proprietarie della stabile, spesso promosso dagli operatori, e solo un un numero più limitato di casi mediato dal MEPA o da Convenzioni Consip.
In sintesi, appare paradossale che un così forte investimento pubblico sia sottoutilizzato perché a una pubblica amministrazione locale probabilmente a corto di competenze, non venga offerto supporto sufficiente né per gli aspetti economici del procurement, né nella soluzione dei problemi di configurazione e avvio degli impianti, né nella fornitura di soluzioni applicative in grado di valorizzare la nuova infrastruttura.