Sono ormai trascorsi sei mesi dalla dichiarazione del lockdown nazionale italiano (partito il 9 marzo 2020 e concluso il 18 maggio): forse si può già tirare qualche somma sul ruolo delle tecnologie ICT e in particolare delle reti di comunicazione.
Telecomunicazioni e resilienza
E’ un fatto imprevisto che le reti di TLC abbiano retto all’urto molto più di altri servizi a rete delle società avanzate. Pensiamo ai trasporti pubblici che sono stati e continueranno ad essere un problema sostanzialmente irrisolvibile (e, se lo saranno, certamente non nel breve) in presenza di regole severe sul distanziamento sociale. In qualche misura, ma infinitamente meno di quanto non sia accaduto per treni e aerei e trasporto pubblico locale, hanno sofferto le piattaforme ICT (da quelle per le teleconferenze alle reti sociali) che però generalmente in breve tempo – giorni o settimane – hanno riadeguato la capacità di servizio.
Le reti di TLC hanno mostrato un po’ ovunque una forte resilienza per diversi motivi:
• Sono progettate sul picco di traffico, con opportuni margini, e non sui volumi. La pandemia ha sagomato differentemente le curve di traffico che in precedenza presentavano picchi a determinate ore e che nel lockdown si sono allargate su buona parte della giornata. Al contempo anche i volumi sono cresciuti ma i margini di progetto si sono rivelati generalmente sufficienti ad evitare fenomeni di instabilità che potevano portare al collasso.
• Le capacità di reinstradamento automatico o semiautomatico del traffico hanno anche aiutato in relazione al cambiamento di abitudini delle popolazioni che, principalmente con il telelavoro, hanno improvvisamente determinato lo spostamento delle sorgenti di traffico dai distretti affari e dalle aree industriali alle zone residenziali delle città. In alcuni casi gli operatori hanno sperimentato difficoltà localizzate a causa di quelle imprese che, in ragione delle policy di sicurezza informatica aziendale, imponevano l’uso di soluzioni di tunneling “a stella” dei flussi informativi fra dipendenti in modo da mantenere comunque il traffico confinato entro il perimetro aziendale. Gli operatori fissi e mobili di solito sono stati rapidi, in virtù dei sistemi di monitoraggio e controllo del traffico, a riallocare risorse di capacità riducendo al minimo i disservizi che queste pratiche potevano causare.
La chiave di questo buon comportamento è rappresentata dal sovradimensionamento di rete e dalla riconfigurazione dei flussi che in altri sistemi a rete non si considera nelle stesse entità e modalità a causa dei costi spesso esorbitanti (ma non solo). La resilienza è dunque legata ad un altro principio importante: quello della scalabilità che consente di crescere indefinitamente senza mettere in discussione la struttura di base della rete. È una proprietà di cui gode internet in quanto rete “scale free”, ossia ad invarianza di scala. Non si può dire lo stesso di altre reti, nelle loro attuali configurazioni; esempio tipico la rete elettrica. La situazione è destinata a cambiare con la trasformazione digitale, quando ad esempio si diffonderanno i concetti di comunità locali di produzione e scambio dell’energia “al di là del contatore”; ma ci vorrà tempo e, principalmente, un cambio radicale di mentalità dei gestori ancora troppo legati a mentalità antiche.
Le aree di intervento per migliorare la forza delle reti
In prospettiva, dove possiamo prevedere problemi? Se si confermerà il trend all’allontanamento dalle grandi città, anche solo come fenomeno temporaneo, si dovrà da subito porre attenzione al servizio a banda larga nelle zone suburbane e rurali. Un aspetto in condizioni “normali” generalmente sottovalutato.
Quindi il digital divide tecnologico territoriale è un aspetto a cui dare attenzione prioritaria.
Abbiamo visto che le reti hanno reagito bene. C’è un eccesso di attenzione alle tematiche connesse alla rete d’accesso in termini generali. E c’è un approccio poco competente delle classi dirigenti che tende imprudentemente a prediligere gli scenari di lungo termine rispetto ad una più saggia visione di evoluzione continua delle reti, che non solo sono resilienti ma anche evolutive di propria natura.
Esistono tecnologie che, se impiegate da subito, migliorano la qualità del servizio a costi contenuti, consentendo di estendere in fretta un buon grado di performance anche fuori dai principali centri urbani. Oggi, ad esempio molto si potrebbe fare con le tecnologie del cloud di prossimità (Edge Computing) e con quelle di monitoraggio delle reti con l’uso dell’intelligenza artificiale. A costi contenuti e in tempi molto brevi, migliorando ovunque le performance percepite dal cliente.
Ma non c’è solo da considerare il problema del divario tecnologico.
Sebbene il virus colpisca senza discriminare, è particolarmente dannoso per alcuni dei membri più vulnerabili della nostra società. Se non affrontata, la crisi sociale creata dalla pandemia può anche aumentare la disuguaglianza, l’esclusione, la discriminazione e la disoccupazione globale a medio e lungo termine. Rimangono impresse nella memoria le immagini dei tanti anziani segregati in casa che potevano vedere i nipotini solo dalla finestra. L’incapacità di adoperare mezzi di comunicazione avanzata ha determinato forme inattese di esclusione sociale.
Altrettanto se non più dolorose sono state le immagini di nuclei familiari non trasportati in ospedale per non aumentare i rischi, ma condannati a visite mediche sporadiche nei momenti in cui la crisi sanitaria era più acuta. La mancanza di strutture diffuse di telemedicina non ha consentito l’assistenza necessaria.
Il divario digitale si è fatto sentire in forme inattese impattando su gruppi demografici tecnologicamente svantaggiati, ad esempio per mancanza di accesso, larghezza di banda o competenze. I gruppi vulnerabili includono tipicamente le famiglie a basso reddito, quelle con un basso livello di istruzione, gli anziani, i disabili, e possono influenzare in modo sproporzionato alcuni gruppi sociali.
Da qui discende una conseguenza importante e, anch’essa in origine inattesa: l’aumento delle disuguaglianze fra territori, fra gruppi sociali, fra gruppi di età. Fenomeno, se non affrontato nel modo dovuto, destinato a creare tensioni e ad aggravarsi nel tempo in quanto nella società moderna a rete vale il principio del “rich gets richer” (e viceversa, almeno in termini relativi).
L’impatto della pandemia sui sistemi di sistemi
In generale, guardare alle reti tlc non ci serve solo per assicurare le comunicazioni nella nostra società.
Bisogna infatti comprendere che l’impatto della pandemia è stato così globale e di vasta portata da lasciare presumere che l’impegno umano da questo punto in poi non potrà ignorare questa classe di fenomeni: e questo nel male è un bene, perché altre catastrofi impreviste di valenza globale potrebbero verificarsi e l’attuale esperienza indurrà le organizzazioni internazionali e nazionali a tenere un atteggiamento prudenziale e “forward-looking”.
Vista con l’occhio di chi studia i grandi sistemi complessi la pandemia è una sollecitazione inattesa e del tutto imprevista nella progettazione del “sistema” che quindi produce effetti a cui non è possibile porre rimedio o, quanto meno, un rimedio efficiente e tempestivo. Più ancora, si tratta di un caso più unico che raro di sollecitazione a un “sistema di sistemi” su larga scala; un tipo di sollecitazione potenzialmente più distruttivo in quanto non localizzato territorialmente, perché privo di fattori di smorzamento, e con la potenzialità di generare un effetto domino su tutte le strutture economico-sociali interconnesse. Un atto terroristico, per quanto cruento è localizzato. Così pure un terremoto o uno tsunami. Un disastro nucleare è già più pericoloso per la diffusione delle radiazioni causata dalle correnti, ma difficilmente è globale.
Le stesse pandemie del passato, a diffusione globale, erano ad evoluzione lenta e non potevano impattare su “sistemi di sistemi” in quanto l’interconnessione è una caratteristica della società contemporanea. Erano senz’altro più cruente, per mancanza di igiene e di medicine, ma presentavano impatti circoscritti entro comunità umane più chiuse.
Nei sistemi di sistemi le conseguenze sono complesse e difficili da predire; occorrerà senz’altro aumentare le capacità modellistiche e, conseguentemente, di intervento tempestivo. Ma c’è un altro aspetto, finora sottovalutato; la capacità di realizzare sistemi resilienti.
Di solito, la resilienza non è un parametro considerato nella progettazione dei sistemi a rete. Perché induce costi spesso ritenuti inaccettabili per fare fronte ad eventi particolarmente rari e improbabili; i cosiddetti “cigni neri”.
È poco resiliente l’attuale sistema sanitario; la necessità di costruire in pochi giorni interi reparti ospedalieri dotati di impianti di supporto alla respirazione ne è la prova. Sono poco o per nulla resilienti i sistemi di trasporto. La difficoltà di riaprire le scuole si sta scontrando con varie problematiche, ma forse il vero collo di bottiglia saranno i trasporti urbani.
Le telecomunicazioni hanno dato buona prova da questo punto di vista e, forse, occorrerebbe prenderne esempio.
Come cambiano le abitudini con il covid
La salute e la sicurezza sono sempre più percepite come priorità assoluta. Nel mondo del lavoro le aziende si sono riconfigurate e molte hanno stabilito piani, prima inesistenti, per trovarsi preparate nell’eventualità di pandemie future. Nella vita sociale e nei rapporti fra persone siamo tornati a una parvenza di normalità, ma ci è ben chiaro che non è più tutto come prima.
Un primo effetto macroscopico è il nostro rapporto con l’ambiente urbano. La pandemia ha modificato radicalmente il modo in cui la gente vede la vita in città. Negli Stati Uniti, dove tradizionalmente gli interventi delle autorità pubbliche incidono meno che in Europa sui fenomeni socio-economici, gli impatti del cambiamento sono più immediatamente visibili. Circolano già numerose statistiche ed analisi: San Francisco ha subito un forte calo dei prezzi degli affitti; a Chicago le vendite delle case stanno salendo alle stelle nelle classiche località per i weekend da raggiungere in auto dal centro della città. Ma sembra che le ripercussioni maggiori le stia sperimentando New York, un tempo detta la “città che non dorme mai”, che sta subendo un vero e proprio esodo. Più di 400.000 newyorkesi se ne sono andati, almeno temporaneamente, sulla base dei dati rilevati sulla posizione dei cellulari che il New York Times ha analizzato. Secondo quanto riferisce il New York Post, poi, sembra che le società di traslochi siano così impegnate da dovere prendere i camion a noleggio. La reale portata dell’emigrazione è ancora sconosciuta, ma il fenomeno è innegabile ed è in corso.
Negli USA molte persone si stanno trasferendo in luoghi dove possono permettersi più spazio all’aperto e spazio a sufficienza per allestire uffici domestici. A livello nazionale il 27,4% dei clienti di una grande società immobiliare ha cercato di trasferirsi nel secondo trimestre del 2020 e il dato è giudicato in aumento sia rispetto al secondo trimestre del 2019 che al primo trimestre di quest’anno.
In particolare, questo trend vale per i lavoratori del settore tecnologico.
In Italia i dati ancora scarseggiano ma c’è chi, come l’architetto Stefano Boeri, ipotizza una stagione di rinascita dei nostri borghi.
Se così sarà, la tendenza verso l’impiego di teledidattica, telelavoro, telemedicina, potrebbe presentare una caratteristica stabile o semi permanente o, comunque, vedere un incremento a breve con uno zoccolo duro destinato a mantenersi a regime.
Conclusioni
In conclusione, ci sono importanti lezioni da imparare dalla pandemia ancora in corso. È la prima volta nella storia umana che una diffusione virale si verifica in una società a forte interconnessione non solo territoriale ma anche fra sistemi che sono posti alla base del funzionamento della società e dell’economia. I risultati sarebbero stati almeno in parte prevedibili se solo si fosse posta attenzione all’eventualità del presentarsi di un fenomeno con tali caratteristiche.
Non tutti i sistemi a rete hanno reagito bene, ma uno di quelli che hanno retto meglio all’urto sono le telecomunicazioni. È al contempo un bene e una fortuna: la valenza “orizzontale” delle tlc come sistema abilitante di altri sistemi è tale che un suo collasso avrebbe avuto conseguenze ben più catastrofiche.
Occorre in futuro una maggiore attenzione preventiva alle caratteristiche di resilienza dei sistemi. Si tratta di un problema tanto fondamentale quanto poco considerato nelle discipline alla base dei grandi sistemi della nostra Società e, forse, in questo le Tlc hanno qualcosa da insegnare.