il quadro

Crisi dei chip, ecco la lunga strada per la ripresa

Numerosi fattori continuano a condizionare le catene di fornitura dei semiconduttori. Ma si comincia a vedere la luce fuori dal tunnel. Con l’Europa impegnata in prima linea

Pubblicato il 11 Ott 2022

Mauro Colopi

Partner Bain & Company

chip shortage

Mentre la carenza di semiconduttori a livello globale prosegue, quasi tutti i manager del settore tecnologico si pongono la stessa domanda: quando finirà?  La realtà è che la crisi dei chip probabilmente non finirà in un’unica data.

Un tema che investe non solo le singole aziende ma l’Europa tutta in chiave politica ed economica.

L’impegno dell’Europa sui chip

Non a caso ne ha parlato ieri la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, nel discorso di apertura del Digital Summit di Tallin in Estonia.

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Ha ricordato che “senza chip non c’è economia moderna. Basta guardare alla Russia. Con le nostre sanzioni abbiamo vietato tutte le esportazioni di semiconduttori. L’impatto è ormai tangibile. Le forze armate russe cannibalizzano lavatrici e frigoriferi nel tentativo di ottenere semiconduttori per il loro hardware militare”.

E che l’obiettivo dell’Europa è “aumentare la nostra quota di mercato globale al 20% entro il 2030. E abbiamo tutto ciò che serve per raggiungere questo obiettivo. Abbiamo strutture di ricerca di livello mondiale – ha sottolineato –  Ma questo non è sufficiente per creare l’ecosistema necessario. Per questo, la nostra legge sui chip europei mobilita miliardi di investimenti per lo sviluppo e la produzione di massa di chip di nuova generazione”.

Tra l’altro ha approvato a un investimento di 730 milioni di euro da parte di un’azienda franco-italiana, StMicroelecronics, per la costruzione di un nuovo impianto in Sicilia. Ed è in arrivo anche uno stabilimento di chip in Germania con un investimento di 17 miliardi.

I problemi delle catene sui chip

Numerosi fattori continuano a condizionare le catene di fornitura dei semiconduttori: da una parte eventi straordinari come le chiusure legate al Covid-19 e alle condizioni meteorologiche estreme provocano interruzioni operative a breve termine; dall’altra assistiamo anche a debolezze strutturali della catena di fornitura che hanno causato diverse carenze tecnologiche: dai wafer da 12 pollici “leading-edge” con transistor da 28 a 130 nanometri, ai wafer “lagging-edge” da 6 e 8 pollici, fino ai substrati avanzati per chip “bleeding-edge” con transistor da 5 a 14 nanometri. La carenza di chip, che spesso si è manifestata in modo disomogeneo, ha interessato questa volta quasi tutti i mercati finali.

Ognuno di questi shock ha una propria tempistica di risoluzione. Di conseguenza, alcune aziende stanno iniziando a vedere un miglioramento già quest’anno, mentre altre potrebbero dover aspettare fino al 2024 (e persino oltre). Allo stesso tempo, stanno entrando in questa partita diverse “wild cards”, che potrebbero causare ulteriori disagi, in primis il rallentamento della crescita economica, le tensioni geopolitiche e la carenza di attrezzature di produzione adeguate.

Tre sono i fattori che determineranno la velocità di uscita dall’attuale carenza di chip. Innanzitutto, il rallentamento della domanda: fattore che sembrava impensabile nel recente passato, sfortunatamente, alla luce delle prospettive economiche sembra oggi una possibilità concreta. Ci sono già notizie di aziende tecnologiche che hanno temporaneamente sospeso gli ordini di nuovi componenti e chiesto ai fornitori di ritardare o ridurre le spedizioni a causa delle preoccupazioni per l’inflazione e gli stock.

Poi, la carenza di apparecchiature per la litografia a ultravioletti estremi (EUV): queste macchine da 150 milioni di dollari sono necessarie per costruire impianti di fabbricazione all’avanguardia e c’è un solo fornitore. Questo collo di bottiglia probabilmente aumenterà nei prossimi tre anni circa, limitando potenzialmente la capacità e l’apertura di nuovi impianti in un momento in cui i produttori di semiconduttori prevedono di spendere oltre 150 miliardi di dollari per nuovi impianti di produzione bleeding-edge.

Le tensioni geopolitiche

Infine, le tensioni geopolitiche. La catena di fornitura dei semiconduttori è diventata un importante asset strategico nelle manovre geopolitiche, e non solo in Cina e in Occidente. Quest’anno la Russia ha limitato le esportazioni di gas nobili, tra cui il neon, un ingrediente fondamentale per la produzione di chip. Ciò ha fatto seguito alla restrizione del 2019 da parte del Giappone delle esportazioni verso la Corea del Sud di fluoruro di idrogeno di elevata purezza, un gas di incisione utilizzato nella produzione di semiconduttori.

Le crescenti tensioni tra la Cina e gli Stati Uniti minacciano un’ulteriore frammentazione degli ecosistemi tecnologici globali. Gli Stati Uniti hanno già tagliato fuori la Cina dalla ricezione di strumenti avanzati e le politiche di “domestic-first” in Cina potrebbero rendere difficile per le aziende occidentali l’accesso ai chip all’avanguardia provenienti dalla Cina, dove si sta verificando una concentrazione di centri di produzione di wafer all’avanguardia. Questi sono solo alcuni dei motivi per cui i consumatori di semiconduttori dovranno tenere sempre più in considerazione i rischi geopolitici quando si riforniranno di chip e che sta spingendo l’Unione Europea a riconsiderare l’attuale dipendenza tecnologica, per evitare di cadere nella stessa dipendenza dalla Cina, come è successo con il petrolio e il gas provenienti dalla Russia.

Ed in questo contesto un piano accelerato di recupero della sovranità tecnologica europea nel mondo dei costruttori può rappresentare uno straordinario volato di recupero di un ruolo di leadership a livello globale dei nostri campioni tecnologici, facilitando nel contempo il sostegno trasversale e la mitigazione del rischio di “strozzature” della supply chain tecnologica alla base della continua evoluzione digitale dei diversi settori economici.

La lenta ripresa

Questi fattori sono in gran parte fuori dal controllo dei dirigenti del settore tech, ma, dopo due anni di caos, alcune aziende tecnologiche stanno finalmente iniziando a vedere un po’ di sollievo dalla carenza di chip. La ripresa sarà incerta, ma è chiaro che, a livello globale, le aziende continuano a destinare una gran parte delle proprie risorse economiche all’adozione di nuove tecnologie, stabilendo un trend positivo che ha visto una crescita del 20% circa, dal 2018 al 2022, con previsioni di incremento di un ulteriore 20% entro il 2026.

Un impegno, quest’ultimo, determinato anche dalla volontà di circa il 77% delle aziende primarie di mantenere invariato, o perfino aumentare, il proprio budget destinato al settore tech nel 2023.

La tecnologia continua dunque a mantenere la propria importanza strategica a livello produttivo e competitivo delle aziende: basti pensare a quanto, nonostante il contesto, la tecnologia e le architetture di telecomunicazione continuino ad evolversi mentre acceleriamo verso un’esperienza tecnologica immersiva e interconnessa, con una nuova ondata di creazione di contenuti, tecnologia e innovazione che si sta scatenando intorno al metaverso e alle tecnologie Web3.

Per poter cogliere le opportunità legate a questi nuovi mondi, sarà assolutamente imprescindibile – per le realtà tech – adottare rapidamente alcune misure concrete per proteggersi dalla interruzioni delle catene di fornitura: progettare prodotti resilienti e flessibili, valutare regolarmente i rischi, avvicinarsi alla catena di fornitura dei semiconduttori – considerando che gli approcci tradizionali alla supply chain non sono più sufficienti – e rinnovare il proprio modello operativo.

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