La crisi strutturale delle telecomunicazioni italiane porta ad interrogarsi sui processi di trasformazione e le leve che si possono attivare per innescare uno sviluppo sostenibile.
Sono ormai numerose le analisi che si interrogano sul futuro delle comunicazioni elettroniche a livello mondiale e sui diversi possibili modelli di business, identificando ricette che hanno una valenza generale, ma si devono poi calare nei diversi contesti locali. In effetti, l’Europa, e l’Italia in particolare, scontano ancora politiche industriali e regolamentari che hanno accentuato le difficoltà strutturali del settore, essenzialmente per effetto di una forte frammentazione del mercato e un elevato livello di competizione che fa leva innanzitutto sul prezzo.
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Il paradosso delle telecomunicazioni
Come noto, il paradosso delle telecomunicazioni che ha portato ad una situazione difficilmente sostenibile trova origine nel circolo vizioso tra la necessità di continui investimenti per sostenere l’evoluzione tecnologica delle reti e il calo dei ricavi generati per gli operatori di telecomunicazioni. Con riferimento al mercato italiano, i dati presentati da Asstel e dall’Agcom mostrano come negli ultimi dieci anni (2012-2022) i ricavi siano scesi di quasi 12 miliardi di euro, mentre gli investimenti sono progressivamente cresciuti, fino agli attuali 7-8 miliardi all’anno, con un’incidenza sui ricavi che è di poco inferiore al 25%. Di fatto, a fronte di volumi del traffico Internet che crescono ancora di circa il 25% all’anno sulla rete mobile e del 15% su quella fissa, il settore ha mantenuto un effetto deflazionistico, con un indice dei prezzi al consumo in continuo calo (pari a 68 nel 2021 su base 2010, dati ISTAT). Rispetto ai primi servizi a banda larga della metà degli anni 2000 gli attuali servizi a banda ultralarga rappresentano un miglioramento prestazionali di un fattore 10.000, a dimostrazione di un’evoluzione continua delle performance, sia nelle reti fisse che mobili.
Attualmente, gli sforzi degli operatori sono concentrati contemporaneamente sul completamento delle reti in fibra ottica e di quelle 5G per le quali sono stati sborsati 6,5 miliardi di euro per le sole frequenze.
Le leve del cambiamento e le traiettorie strategiche
Una recente analisi condotta da BCG (What Five Trends Mean for Telco) identifica le leve che saranno alla base del successo competitivo degli operatori di telecomunicazioni. Lo studio evidenzia innanzitutto come negli ultimi tre anni, gli operatori che hanno presentato la migliore redditività sono quelli che hanno saputo: razionalizzare i costi, in particolare attraverso processi di digitalizzazione; sviluppare un portafoglio di servizi innovativi sia B2B che B2C, facendo leva anche sul 5G; conciliare una qualità di servizio elevata con prezzi competitivi; proseguire gli investimenti sulle reti fisse e mobili. Anche se nel periodo esaminato le performance migliori sono state conseguite dagli operatori infrastrutturali (“pure-play telecom infrastructure companies”) il futuro offrirà nuove opportunità e minacce per le diverse tipologie di attori.
BCG identifica cinque principali fattori di cambiamento che riassumono le sfide da affrontare. Un primo aspetto destinato a cambiare gli assetti del comparto fa riferimento all’affermazione del Web3, cioè applicazioni e servizi basati su reti decentralizzate, che porteranno alla nascita di nuovi modelli di business e attori all’interno di una nuova dimensione, che è quella del metaverso. Una seconda dimensione rilevante è legata al profilo dei consumatori ed in particolare alla Generazione Z (10-25 anni) che rappresenta il paradigma del nuovo consumatore digitale, pronto a remunerare nuove esperienze. La concorrenza proveniente dagli Hyperscalers (Amazon, Apple, Microsoft, etc…) è una sfida già concreta da dover affrontare, che richiede forse più la capacità di immaginare nuove partnership che una vera e propria trasformazione. La quarta traiettoria, quella delle applicazioni B2B abilitate dal 5G è probabilmente più nelle corde degli operatori, ma è al centro dell’interesse di tutto il comparto dell’ICT e non solo. L’ultima tendenza è quella della separazione strutturale, tra infrastrutture di rete e servizi, che interessa in particolare gli investitori istituzionali e ridisegna gli assetti competitivi.
Per indirizzare questi trend vengono identificate cinque traiettorie strategiche, che combinano in diversi modi le nuove opportunità. La prima traiettoria è incentrata sulla trasformazione (Bionic Core Business) indotta da un diffuso utilizzo della digitalizzazione, dei data analytics e dell’intelligenza artificiale in tutti i processi aziendali. La seconda è ricondotta al passaggio da Telco a Techno, che riassume il percorso di crescita al di fuori del core business verso ecosistemi adiacenti sia in ambito B2B che B2C. Una terza strategia (5G Applications as a Network Leader) richiede invece di acquisire la leadership dei nuovi paradigmi tecnologici, dalle architetture software defined, al multicloud e edge fino all’IoT e all’intelligenza artificiale, per monetizzare le nuove funzionalità di rete attraverso un’ampia gamma di applicazioni. La strategia Next-Gen Operating Model è incentrata sul ripensamento dell’operatore verticalmente integrato e sulle possibili modalità di valorizzazione della componente di rete rispetto a quella dei servizi. Infine, l’ultima strategia (Improve Transformative Enablers) vede nella governance dei processi di trasformazione e nella flessibilità operativa la condizione abilitante per l’attuazione delle altre quattro strategie.
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Pensare come una ServCo
Nel paper di McKinsey Thinking like a “ServCo”: How telcos can drive B2C growth” viene enfatizzato in modo più pragmatico come, a prescindere delle scelte in materia di separazione della rete, gli operatori di telecomunicazioni debbano ripensare il proprio ruolo di fornitore di servizi. Tre sono le leve che vengono identificate per aumentare ricavi e margini.
La prima leva è incentrata sull’aumento della redditività del core business della connettività. La strategia si declina da un lato nella ricerca di aumentare il valore (premium price) per il cliente e, dall’altro, nella razionalizzazione dei costi. Il cuore della strategia è il ripensamento della customer experience, dall’articolazione di offerte integrate e personalizzate alla gestione digitale di tutto il ciclo di vita del cliente. Questa leva è, di fatto, una precondizione per sfruttare le ulteriori leve.
La seconda leva fa riferimento alla ricerca di nuove fonti di ricavi, oltre alla connettività. Si tratta dell’esplorazione dei mercati “adiacenti”, nei quali gli operatori possono fare leva sui propri asset, che vanno dalla conoscenza dei profili di consumo, dalla relazione con i clienti, dai canali commerciali e dai sistemi di fatturazione e pagamento fino all’immagine e alle attività di delivery all’interno delle abitazioni. Gli operatori possono candidarsi come aggregatori di servizi, da quelli per la domotica, ai servizi assicurativi, fino all’energia e così via. Non a caso anche altri settori, come l’energia, stanno allargando la propria offerta integrando diversi servizi, tra i quali anche quelli di telecomunicazioni. Il successo dipenderà in buona misura dalla capacità di creare degli ecosistemi B2B2C.
La terza leva consiste nell’espansione geografica per generare economie di scala e scopo su altri mercati nazionali, senza necessariamente adottare un approccio infrastrutturale. E’ chiaro che questo percorso dipende anche dall’orientamento del quadro normativo e regolamentare, con particolare riguardo ai processi di concentrazione, che in aree come l’Europa non sono certo stati agevolati e hanno portato ad un’elevata frammentazione e concorrenza.
Il futuro delle telecomunicazioni italiane
Il quadro sopra riportato può fornire qualche indicazione utile anche per capire la probabile evoluzione dell’assetto di mercato in Italia.
Innanzitutto, al di là dei diversi punti di vista sulla strategicità della rete per un operatore di telecomunicazioni, rimane il fatto che anche gli operatori nazionali dovranno sperimentare nuove forme di creazione di valore attraverso separazioni funzionali e societarie. Le preoccupazioni sulle sorti delle società di servizi (in particolare quelle rivolte al mercato consumer) sono legittime, ma lo loro sostenibilità prospettica dipende più dal ripensamento del rapporto con il mercato e i clienti, che non dal mantenimento di rendite di posizione derivanti dall’integrazione verticale.
Anche gli operatori nazionali stanno sperimentando le diverse strategie sopra descritte, ma nel breve periodo non possono che prevalere iniziative dall’effetto immediato. Rispetto alle tradizionali rimodulazioni tariffarie, alcuni dei principali operatori hanno già annunciato l’indicizzazione dei prezzi dei servizi, anche se andrà verificata la diffusione di questa strategia e il conseguente effetto concorrenziale.
Infine, l’evoluzione del settore dipenderà inevitabilmente ancora dalle politiche industriali e regolamentari. Al di là delle risorse pubbliche a favore degli investimenti nelle reti (piani banda ultralarga) e nell’adozione dei servizi (voucher, ma anche scuola e sanità digitale) gli interventi prospettati sui limiti elettromagnetici, sui nuovi voucher, sulla fiscalità, sono altrettanti elementi che hanno effetti sia di breve che di medio e lungo periodo. Inoltre, è auspicabile che si chiarisca presto, e definitivamente, la posizione del Governo in merito agli assetti societari dei due principali operatori attivi sull’infrastrutturazione in fibra ottica, TIM e Open Fiber.
Allo stesso tempo, le decisioni in materia di prezzi dei servizi all’ingrosso dell’Agcom sono determinanti nell’orientare le scelte di make or buy degli operatori. Inoltre, cresce l’attesa per le nuove misure europee in materia di connettività (in materia di fair share, ma non solo) e l’orientamento dell’Antitrust europeo nei nuovi processi di consolidamento tra operatori europei.